Secondo « L’Académie de Poésie et de Musique de Baïf » (1570), il testo e la sua declamazione rappresentano i fondamenti del canto e di ogni pratica musicale di corte1. Contemporaneamente l’ornamentazione musicale cresce, in particolare grazie all’impiego del double nelle arie di corte del XVII secolo. Nel 1669, Luigi XIV commissiona l’allestimento di un’Opera francese destinata2 alla corte e alla città, basata su un modello italiano ispirato a sua volta alle Accademie di Roma e di Venezia.
Quattro anni dopo (1673), a seguito del riacquisto del privilegio reale di Perrin, Lulli crea la tragédie en musique che rifiuta il double3 di tradizione francese in nome dell’efficacia drammatica, generando di conseguenza un recitativo molto declamatorio4 attraverso un ritorno alle origini del genere. Plasmata a modello dell’Opera d’Oltralpe – se si dà credito ai requisiti del privilegio reale – la tragédie en musique costituisce una “prima” influenza italiana. Essa attribuisce al testo un più forte ascendente sulla musica la quale, sebbene onnipresente, detiene una funzione puramente ornamentale in quanto sottomessa al tragico. Il genere è nonostante tutto oggetto di critiche che riguardano la qualità di un testo che mancherebbe di rigore e nel quale la mitezza predominerebbe sul tragico.
È Atys che nel 1676 marca il termine di una ricerca di rettitudine evidente e tuttavia immediatamente abbandonata a partire dell’anno successivo con Isis. Quest’ultima tragédie en musique segna una prima fine della collaborazione tra Lulli e Quinault costretto all’esilio. Tornerà soltanto con Proserpine nel 1680 affermando una nuova tendenza instaurata l’anno precedente con Bellérophon in cui Lulli tenta di attribuire una maggiore importanza all’orchestra5.
Sempre all’interno della tradizione della tragédie en musique, la musica in Proserpine occupa un posto crescente generando in tal modo delle riscritture come quelle delle cantate nelle quali occupa un ruolo più importante.
Opera di successo6, Proserpine, tragédie en musique (LWV58-1680) viene considerata « al di sopra di ogni altra » (Lettera del 09.02.1680) secondo la marchesa di Sévigné e fa ugualmente parte di alcune delle opere della carriera del compositore ad essere state riscritte in cantate fin dalle origini del genere. Effettivamente, tra il 1695 e il 1703 le sonate e le cantate italiane arrivano in Francia e stravolgono i canoni musicali.
Questi generi di salotto costituiscono una nuova influenza italiana; tuttavia, come indica l’etimologia latina, la cantata privilegia il canto rispetto al testo, contrariamente alla sonata nella quale lo strumentale si emancipa dalla partitura vocale. Se il principio d’imitazione della declamazione rimane intatto nella cantata, il dramma è ormai rilegato al ruolo di ornamento, di quadro nel quale la musica regna incontrastata. « L’enlèvement de Proserpine » tratta dal second livre de cantates di Nicolas Bernier e Louis Fuzelier del 1703 e « Proserpine » proveniente dal second livre de cantates di Stück composta nel 1708 riprendono sia l’argomento che la sua vena lirica. Le tre Proserpine, di Lulli, Bernier e Stück costituiscono allora un corpus privilegiato per studiare il ribaltamento del rapporto testo/musica e il ruolo che vi giocò l’Italia. In tal modo, le cantate di Bernier e Stück sono allo stesso tempo delle duplicazioni della tragédie en musique – in quanto generi lirici caratterizzati da strutture molto simili – e suoi opposti in quanto relegano l’intrigo a un ruolo secondario. In che modo, in un universo fondato sull’imitazione del testo influenzata dall’Italia nel XVII siècle, la Proserpine de Lulli può essere allo stesso tempo il modello e l’antitesi delle cantate di Bernier e Stück?
Proserpine di Lulli : un modello italianizzante per le cantate
L’italianismo lullista : una ricerca di efficacia drammatica
A prima vista, la critica denuncia l’esistenza di un genere che non avrebbe nulla di nazionale7.
D’altronde, Lulli come l’Opera non sono forse entrambi italiani? Inoltre il privilegio reale di Perrin riacquistato da Lulli non mostra nessun dubbio circa il riferimento alle Accademie d’Oltralpe8.
L’Opera francese di Lulli imita dunque l’Italia, preferendo una scrittura diretta ed efficace rispetto alle evocazioni poetiche delle arie di corte e dei loro double. A seguito dell’arrivo di Lulli, i tempi si accelerano mettendosi a servizio dell’efficacia drammatica necessaria alla messa in scena dell’Opera9. Questa ricerca di efficacia porta Lulli ad avvicinarsi il più vicino possibile al testo, al punto di imporre alla musica la rottura della propria cadenza per adattarsi al meglio al flusso oratorio, alle appoggiature e alle inflessioni declamatorie. Questa specificità del recitativo francese tende a farne un movimento declamatorio di evidente purezza. Inoltre Lecerf de la Viéville lo mitizza attraverso il racconto delle sedute in cui Lulli scrive sotto dettatura la declamazione della Chanmêlé10, la musa di Racine. In tal modo sormontando le critiche e avvalendosi delle proprie origini italiane, Lulli sembra adattare il genere alle esigenze della lingua e della cultura francese. Tuttavia, sebbene francesizzando l’opera, egli riprende alcuni elementi stilistici dell’opera italiana.
Le più banali arie di Luigi Rossi o di Cavalli stonerebbero singolarmente nei recitativi o nelle sinfonie di Lulli, ma è innegabile che la tecnica di Lulli dipende dall’Italia più che dalla Francia. Il Fiorentino costruisce i suoi cori drammatici in grandi masse verticali alla maniera di Carissimi, dispone i suoi terzetti con meno sensibilità armonica di un Luigi Rossi ma seguendo lo stesso schema. Nelle sue narrazioni di basso, si può rintracciare l’influenza esercitata su di lui da Carissimi e da Cavalli. Ugualmente il ruolo di buffone, per esempio quello di Iarba in Cadmus, è interamente scritto in una forma profondamente italiana. Ed è qui inoltre l’eccezione perché, se il mestiere di Lulli tradisce l’influenza dei grandi maestri romani, napolitani e veneti, la forma melodica è sorprendentemente francese11.
Cercando l’efficacia, Lulli privilegia per l’opera francese delle piccole forme senza esposizione come le ariette di struttura AA o AABB12 o i recitativi secchi (o semplici)13 o ancora i recitativi accompagnati ( o recitativi obbligati o arie accompagnate)14. Queste forme sono raramente indicate nella partitura del 1680, preservando così la continuità drammatica. Si trovano alcuni riferimenti alla danza o alle forme strumentali come « Ouverture15 », « Preludio16 », « Minuetto17 », « Ritornello18 » o « Gavotta19 ». Ugualmente possono comparire i termini « Aria » – che può essere strumentale20 o vocale21 – « Canzone22 », o « Coro23 ». Alcuni determinano una forma, come la « Gavotta » o il « Minuetto » che sono delle danze con tempi e misure specifiche. Altre rimandano a categorie più indefinite come il « Preludio » o il « Ritornello » o ancora l’« Aria » quando è strumentale, senza dare alcuna indicazione di misura, di esecuzione o di forma. Sono questi intitolati piuttosto indeterminati ad essere menzionati. La forma musicale sembra sottomettersi al tragico attraverso la concezione lineare dell’opera fondata su forme senza riesposizione poco identificate e molto libere.
Proserpine di Lulli : una tragédie en musique innovativa
Le prime tragédies en musique alternano in ogni atto in modo quasi regolare i recitativi semplici e le ariette senza riesposizione terminati da divertissements dove la danza e i cori danno un certo fasto alla rappresentazione. Qualche duetto o terzetto punteggia il discorso. Tuttavia Bellérophon (LWV57-1679) e soprattutto Proserpine (LWV58-1680) marcano un’evoluzione strutturale e formale. I cori non appaiono più nei soli divertissements di fine atto e sono disseminati lungo tutta l’opera, inserendosi addirittura nei momenti dedicati al recitativo (III,5 - LWV58/54) come nel momento in cui Cerere dialoga sulle sequenze di qualche misura in recitativo con il « Coro dei Dei dei boschi24 » o il « Coro delle Ninfe25 ». Il coro « Quale crimine abbiamo commesso?26 » (LWV58/59) diventa addirittura patetico, mentre il doppio « Coro delle ombre felici e delle divinità infermali27 » (LWV58/70) contrappone differenti registri. Da un lato Lulli ripropone quello delle « ombre » (ut3-ut1-sol2) ascoltato precedentemente (LWV58/66 : ut2-ut1-sol2), e dall’altro quello delle divinità infernali (fa4-ut4-ut3-sol2).
Egli fa dunque contrastare le colorature vocali28 come negli abitanti dell’Ade di Thésée o nei sogni funesti d’Athys. Proserpine brulica di duetti e terzetti che fanno il suo successo e in particolare di un duetto di bassi « L’amore colmo di gloria trionfa in tutto l’universo29 » (II,7 – LWV58/42) piuttosto innovante30 per la scelta delle tessiture e la scrittura dei suoi vocalizzi. Lulli innova ugualmente nell’azione, producendo un recitativo accompagnato « Che tutte le cose sentano il furore che io sento 31 » (III,7 – LWV58/59) nel quale Cerere dialoga con l’orchestra che esprime il furore della dea in semicrome32. Egli moltiplica in Proserpine delle forme ibride o nuove che confondono un po’ le acque di una struttura già implicita. Il recitativo misurato33 diventa più ordinario e la presenza di arie a riesposizione di struttura ABA34 rimanda a quelle delle cantate italianizzanti. Le arie accompagnate si moltiplicano35, mentre l’aria (LWV58/45) di struttura ABACA evoca l’arietta italiana. Le molteplici innovazioni di Proserpine testimoniano al contempo una scrittura più ricercata – e dunque un’importanza crescente della musica – e una relazione più stretta con un testo la cui messa in musica è sempre più varia. Così la musica diventa più espressiva e strutturata, la molteplicità delle sue forme è sintomo di una grande flessibilità che permette un sempre maggiore avvicinamento al testo.
L’espressività di linguaggio in Proserpine trova così dei nuovi slanci italiani. La scala cromatica discendente del basso e dei due alti su « Guardatevi dal turbare una felicità tanto dolce36 » (LWV58/61) con delle armonie caricate è molto espressivo (es. 1). L’accordo di settima diminuita su fa# quasi inudita narra il dramma di Proserpine.
Lully compie ugualmente delle ricerche sui vocalizzi, approfittando della nuova aria a due bassi
« L’amore colmo di gloria trionfa in tutto l’universo 37 » (LWV58/42). Inizialmente gioca su una scrittura in accordo di terza (es. 2a), poi la raddoppia con un tuilage (es. 2b). Ciò gli permette di far durare il vocalizzo ben oltre ciò che i cantanti francesi dell’epoca erano abituati a cantare. Questo tipo di composizione annuncia i vocalizzi più scritti e più lunghi delle cantate italianizzanti.
La scrittura orchestrale diventa ancora più espressiva attraverso dei giochi di imitazione come nel ritornello (I,1 – LWV58/16) nel quale le corde imitano il volo di Mercurio con un movimento continuo e un motivo ascendente ripreso nella polifonia (es. 3).
Ritroviamo lo stesso tipo di scrittura con un motivo discendente rapido per indicare le « urla funeste38 » (IV,4 – LWV58/69) di Proserpine (es. 4).
Questa scrittura orchestrale più espressiva così come l’allungamento di alcuni brani strumentali (LWV58/60) sono i primi segni della nascita di un pubblico di musicisti amatori, ghiotti di brani strumentali più lunghi, che relegano progressivamente il testo ad un ruolo secondario.
Le mutazioni dello stile francese per una nuova riforma italiana.
In tal modo, con Lulli, il genere lirico francese cambia. Il divertissement ritorna in voga in particolare dopo Atys con il rinnovamento del balletto (1681 – LWV59). Brani più importanti e autonomi appaiono in Proserpine (1680 – LWV58). La prima aria (LWV58/44) di 59 misure proposta tre volte e i due ritornelli di 70 e 92 misure (LWV58/60,82) rappresentano i primi segnali di una tragédie en musique che si orienta verso lo strumentale. Si tratta di elementi che annunciano la venuta della sonata italiana. A partire dal Triomphe de l’Amour (LWV59) nel 1681, tutte le opere di Lully saranno provviste di ciaccone o di passacaglie, dei componimenti strumentali su bassi ostinati di grandi ampiezze. La ciaccona del Triomphe de l’Amour (LWV59/53) nel 1681 ha 125 misure. La passacaglia di Persée (LWV60/82) nel 1682 ne possiede 99. In seguito con Phaéton (LWV61/40 – 1683), Amadis (LWV63/67 – 1684) e Roland (LWV65/56 – 1685) esse oscillano tra 297 e 409 misure diventando quasi monumentali. Proserpine di Lulli è quindi una tappa transitoria verso un concetto di Opera che relativizza l’importanza del tragico.
Alla fine del secolo, l’evoluzione è così marcata che, al momento della ripresa delle opere di Lully – come Proserpine nel 1699 – il pubblico diventa capriccioso e l’istituzione non può mantenere l’equilibrio finanziario39. Il gusto vira allora verso le cantate e le sonate, dei brani tecnici più brevi nei quali la drammaturgia si orienta verso la musica. Le tragédies en musique non mietono più consensi e l’arrivo dell’opéra-ballet con la sua molteplicità d’intrighi brevi non basta ad arrestarne il declino. La cantata rappresenta allora, a partire dalla fine del secolo, il campo di sperimentazione del teatro lirico. La musica prende il sopravvento su un testo meno drammatico e maggiormente fondato sull’estetica del tableau. Dei recitativi piuttosto brevi legano le arie nelle quali la vocalità si strumentalizza e dialoga con un basso continuo più imitativo e veloce. Gli ambitus vocali di un’ottava o anche di una nona in Lulli lasciano il posto a dei tredicesimi, segnando la nascita di più elevate esigenze tecniche. I vocalizzi si trovano maggiormente in forma scritta.
I segnali di questa evoluzione sono visibili in Lulli dopo la composizione di Atys. Lo provano la varietà delle forme necessarie a musicare il testo, la flessibilità nella scrittura – come l’utilizzo dei cori – l’emergere di brani strumentali di una durata più importante come accade in Proserpine. Tutto concorre qui a dimostrare come la musica prenda un nuovo slancio nella continuità dello spirito del divertissement realizzato da Lulli.
L’italianismo in rottura di Bernier e Stück
La trasformazione del rapporto testo/musica
Nel momento in cui si mettono in relazione dei dati simili per le tre opere, si può notare come appaiano delle rotture.
La cantata dura qui tra le dieci (530 misure) e le venti volte (237 misure) meno dell’Opera (5521 misure). Tuttavia, essendo gli argomenti simili, gli intrighi dovrebbero essere i medesimi che in Quinault. La proporzione di un recitativo dedicato all’azione è limitata tra le due cantate, e ciò si dimezza in Bernier. Analogamente lo strumentale diminuisce fino a sparire in Stück, sembrando quasi andare verso l’apparizione di un pubblico di strumentisti. Ma la “cantata” è un canto per voce sola e basso continuo in Stück, vietando in tal modo allo strumentale ogni intervento già limitato in Bernier. All’opposto, le arie prendono più importanza (76,9% nel 1703 – 74,2% nel 1708) rispetto all’Opera (43,3%) mentre in Lulli sono associate agli insiemi. La trama è quindi necessariamente limitata.
Durate (in numero di misure) |
Strumentali |
Recitativi |
Arie, insiemi, cori |
Totali per Opera |
Proserpine Lulli (1680) |
1473 (26,7%) |
1656 (30%) |
2392 (43,3%) Airs solos seuls : 615 (11,1%) |
5521 |
L’enlèvement de Proserpine Bernier (1703) |
34 (6,4%) |
88 (16,6%) |
408 (76,9%) |
530 |
Proserpine Stück (1708) |
0 |
61 (25,7%) |
176 (74,2%) |
237 |
Tabella 1 : Le proporzioni dedicate ai differenti tipi di espressioni nelle tre Opere
In Bernier, il recitativo affidato a un narratore menziona unicamente i Titani, Giove, Plutone, Proserpina e Aretusa anche se quest’ultima non ricopre nessun ruolo. Cerere è assente. Il dramma termina con il consenso di Proserpina senza che nessun ulteriore sviluppo sopraggiunga a spiegare l’attaccamento improvviso di Plutone né la resa della ragazza. Inoltre l’unico cantante alto interpreta un’aria dedicata a Proserpina40 o a Plutone41 senza che ciò ponga all’autore alcun problema di verosimiglianza.
Eppure il testo è di Louis Fuzelier, autore peraltro di parodie che denunciano la falsa virtù delle tragédies en musique42. In Stück la storia inizia dopo la disfatta dei Titani. Cerere appare di sfuggita. Plutone è soggiogato da una Proserpina senza consistenza né resistenza grazie all’intervento di Venere e Cupido che auspicano un’unione senza ostacoli. Se le arie sono dedicate ai personaggi nelle cantate, come Giove o Proserpina, i recitativi sono al contrario portati da un narratore che racconta gli eventi. Condannato all’assolo, il recitativo rompe con il dialogo lullista. Stück cerca di far intervenire Venere e Cupido nel recitativo. Tuttavia la sensibilità tragica di Quinault tanto cara a Voltaire sembra essere sparita43. Così, attraverso la riduzione del lavoro e del ruolo consacrato alla trama, quest’ultima diventa artificiale e quasi il pretesto per un divertissement vocale nella cantata44.
Verso nuove forme di riesposizione
A livello formale, Bernier e Stück annotano le loro rappresentazioni45. Già rare nelle prime edizioni lulliste, tali annotazioni sono praticamente assenti nelle prime Opere. A partire dalla fine del XVII secolo, delle indicazioni pressoché sistematiche delle forme, dei caratteri o dei tempi, così come dei timbri e delle numerazioni del basso continuo testimoniano una necessaria chiarificazione della scrittura musicale dopo Lulli. Infatti una nuova influenza della musica italiana nelle cantate di Bernier e Stück cambia il rapporto tra testo e musica ereditato da Lulli.
Appaiono delle nuove forme e vengono ripensate quelle antiche. Il recitativo, l’aria e l’arietta rompono l’alternanza pressoché sistematica dei recitativi e delle petits airs delle prime Opere lulliste intervallate da preludi o sinfonie e da cori. L’arietta è la grande innovazione italianizzante della cantata di Stück46. Qui di struttura ABA con una ripresa testuale interna nella prima parte, essa si presenta di semplice fattura, avvicinandosi quasi ad un’aria da capo. Ciononostante, il principio della riesposizione rompe con la tradizionale petit air lullista composta da una o due strofe riprese: AA o AABB. Ciò gli conferisce una struttura chiusa chiaramente identificata che la predispone a un’esecuzione indipendente fuori da ogni contesto drammatico.
Il recitativo resta semplice senza ripresa letteraria o musicale nelle cantate, conservando la sobrietà lullista efficace e diretta. E, se qualche indicazione di tempo può apparire a volte in Stück, questa viene unicamente a precisare una scrittura italiana che non rompe con la misura47 e preserva la coerenza musicale con una battuta molto flessibile48. Nel recitativo lullista, le variazioni di misura guidavano il cantante verso un flusso e un’accentuazione che dovevano avvicinarsi molto a quelle della declamazione.
Fu su quest’ultima che Lulli fondò lo stile francese, con l’obiettivo di farne un momento di pura declamazione49. Ciononostante, nel momento della trasformazione in Opera della tragédie-ballet Psyché de Lulli nel 1678, il Mercure galant spiegava che il testo declamato era ridotto ad un quarto nel momento in cui diventava cantato50. Lulli era in tal modo lontano dal raggiungere il flusso oratorio declamato. Quello di Bernier e di Stück è simile. Così, nel momento in cui preservano la misura ponendo gli accenti tonici sui tempi forti, contemporaneamente dilatano o accorciano alcune quantità delle sillabe nella partizione che la flessibilità dell’esecuzione permette di recuperare. Tuttavia questa nuova scrittura della declamazione cantata non guida molto l’interprete. Essa mostra in tal modo un certo disinteresse per ciò che Bacilly considerava – quando Lulli era ancora vivo – come la pietra miliare del canto francese51. Possiamo qui osservare una rottura stilistica che riguarda la quantità delle sillabe. Le « arie » di Bernier come quelle di Stück sono di struttura ABA. Diventata sistematica nelle cantate, questa attribuisce una forma musicale più compiuta e autonoma all’aria che rompe la continuità drammatica alla quale Lulli era così legato. Il “da Capo” è sempre redatto senza essere riornato. Forse lo era al momento dell’interpretazione52?
C’è evidentemente una rottura tra l’Opera lullista e la cantata di cui le indicazioni delle forme sono rappresentative. Se in Lulli queste ultime sono piuttosto vaghe, esse concedono ugualmente una grande flessibilità al rapporto tra testo e musica, flessibilità che si perde con un’alternanza più stretta e dei titoli portatori di forme a riesposizione molto determinati in Bernier e Stück. Inoltre le forme a riesposizione delle cantate ostacolano, per il semplice fatto di riprendere la prima parte, la continuità drammatica, rendendo le arie dei momenti musicali più autonomi.
Uno sconvolgimento del discorso tonale
Oltre alle forme, a partire dalla concezione del piano tonale la musica è più vicina possibile al testo in Lulli. Nelle sue Règles de compositions53 pervenuteci attraverso un manoscritto non datato, Charpentier espone una teoria dell’ethos dei modi musicali ispirata all’Antichità e contemporanea a Lulli nella quale ogni tonalità è associata a due caratteri emotivi o affetti. Le tonalità non sono dunque ancora pensate nei loro rapporti di tensione, ma come delle colorature al servizio del testo. Un incrocio con la sinossi del libretto di Quinault attesta la pregnanza dello scritto di Charpentier e dell’influenza del testo fin nelle scelte musicali più specifiche54. All’inizio dell’atto I, Cerere abbandonata compare su un Re minore « grave e devoto55 » che si trasforma in un Sol minore « serio e magnifico 56 » nel momento in cui il dovere la chiama lontana da Proserpina : « Io abbandono qui una pace profonda, / che mi offre qui mille fascini57 » (es. 5).
La coloratura del Sol minore domina l’atto fino allo scongiuro della partenza di Proserpina (I,6) in seguito cede il posto a un Do maggiore « allegro e guerriero58 » che celebra la potenza di Giove (I,7) e che si cancella in seguito davanti un Fa maggiore « furioso ed impetuoso59 » nel momento in cui il palazzo di Cerere crolla (I,8). Si potrebbe dettagliare in questo modo l’insieme dell’opera e constatare che gli interventi divini di Cerere, Plutone o Giove si verificano essenzialmente in Do maggiore « allegro e guerriero60 », se non addirittura in Do minore se si tratta di un lamento.
Al momento della sparizione di Proserpina (III,4-5), il ritornello e in misura minore il monologo di Cerere (LWV58/54ab) – che precedono la scoperta (LWV58/54c) – annunciano già la coloritura del Do minore « triste ed oscuro61 », informando l’auditore del cambiamento62 prima del personaggio. Lulli gioca ugualmente sull’opposizione dei modi musicali del Do nel momento in cui Giove racconta la tristezza di Cerere e annuncia il matrimonio di Plutone e di Proserpina (V,6 – LWV58/83). In maniera generale le passioni dei personaggi coincidono con gli ethos di Charpentier come quando Proserpina si lamenta in un Re minore « grave e devoto63 » (IV,2 – LWV58/65) prima che Ascalafo vanti i meriti di Plutone in un Re maggiore « gioioso ed assai guerriero64 (IV,2 – LWV58/66).
Tuttavia questa retorica tonale si sfuma – fino quasi a scomparire – a partire da Bernier nel 1703, relegando ancora di più il testo al rango di pretesto. È allora meno il colore dei toni che la loro opposizione che crea l’effetto autorizzando una maggiore varietà. L’utilizzo ricorrente delle marcie armoniche dai motivi ripetuti in Bernier conferma gli universi musicali e le loro opposizioni.
Se Lulli in Proserpine usa essenzialmente dei toni che vanno dai due diesis fino ai due bemolle – concedendosi qualche incursione in Do minore –, Bernier scrive curiosamente la sua cantata in La maggiore « gioioso e rustico65 » (Charpentier), in particolare all’inizio per imitare i terremoti dei Titani. Allo stesso modo Plutone espone la sua dichiarazione d’amore dell’« Air tendre » : « Ignoravo i vivi allarmi » (p. 66) in un Si minore « solitario e melanconico 66 » poco probabile. Egli non esita inoltre ad esplorare l’insieme dei diesis andando in Mi maggiore in un « Recitativo » (p. 72), e osando addirittura numerosi passaggi in fa# e in do# minore. Inoltre, se l’utilizzo del Si minore sembra anticipare la retorica ramista (« conviene alla dolcezza e tenerezza67 »), non avviene ugualmente per gli altri toni e in particolare per quello in La maggiore di quest’ultimo consacrato ai « canti di allegrezza e di giubilio68 ». In Stuck le scelte appaiono meno improbabili perché egli opta per le tonalità di bemolle come Lulli. La cantata è in un Sib maggiore « magnifico e gioioso69 » (Charpentier) e inizia con l’esporre la felicità di vivere di Proserpina. Tuttavia alcuni passaggi sembrano abbastanza strani (es. 6), come questo inizio d’« Aria » cantata « Graziosamente » che introduce in Re minore « grave e devoto70 » la gloria e il trionfo di Plutone (p. 5-6).
Queste innovazioni provenienti da una influenza italiana che Lecerf de la Viéville segnala nel 170671 attualizzano un cambio di concezione sia della tonalità che del temperamento. Per servire al meglio il testo di Quinault, Lulli ricorre ad un insieme ristretto di tonalità, caratteristica di un temperamento mesotonico addolcito autorizzando la modulazione in Do minore. Si suonano dei terzi puri e dei quinti abbassati su un’ampia gamma di colorature in tonalità con poche alterazioni. La tonalità è allora naturalmente al servizio del testo, giocando con la sua propria espressività. Nel momento in cui Bernier usa sette diesis, lo può fare solo su un temperamento ugualmente poco espressivo.
Le risorse del linguaggio non si trovano più tanto nella strutturazione d’ethos specifici, ma nell’opposizione dei toni, nell’accumulazione delle dissonanze, nell’arditezza melodica o negli effetti di velocità. Questa evoluzione del temperamento indebolisce il potere simbolico della tonalità a favore di una concezione più meccanica e tesa. L’espressività della musica diventa allora più indipendente del dramma letterario che perde la sua necessità nella cantata. Così, se la cantata riprende la struttura dell’Opera, le innovazioni italianizzanti che essa introduce appaiono come delle rotture tra musica e testo.
La permanenza italianizzante dalla tragedia in musica alla cantata
Un vento di cantata nello spettacolo di corte e nell’Opera dopo Lulli
Effettivamente la cantata deriva dall’Opera ma permette ugualmente di ripensarla nel XVIII secolo. Così, mentre la tragedie en musique è in crisi, la cantata diventa il suo terreno di sperimentazione. Il compositore vi testa la reazione di un pubblico alla ricerca di un divertimento sempre maggiore. Nel momento in cui l’Aréthuse di Campra cade nel 1701, l’argomento – che riprende un personaggio secondario della Proserpine di Quinault – riappare in una cantata72. Inoltre la cantata plasma degli opéras-ballets73 in voga all’inizio del secolo, come gli Amours de Vénus et de Mars (1712) o le Nopces de Vénus (1740) o ancora le Fêtes vénitiennes di Campra rappresentate nel 171074. Aggiungiamo inoltre a quest’ultimo molteplici arie d’entrata dopo la creazione (il 17 giugno 1710). In queste opere, il termine “cantate” appare a conclusione dell’aria d’entrata. Nelle Fêtes vénitiennes, l’aria d’entrata « Gli indovini75 » e quella de « L’Amore saltimbanco76 » termina con una « Cantate » mentre « Il ballo77 » si conclude con un’ « Aria italiana78 » presentata ugualmente in maniera autonoma. Ugualmente una « Cantate » conclude il prologo degli Amours de Vénus et de Mars79. Infine, a partire dal prologo delle Nopces de Vénus, Campra inserisce una « Cantata » per Ebe80. Alcuni passaggi sono così pensati come delle piccole sequenze indipendenti capaci di essere oggetto di esecuzioni private. Intimamente legate, l’opera-ballet e la cantata sono caratterizzate da una debole densità drammatica e una forte influenza dello stile italiano fin dalle loro origini.
Tuttavia nella musica francese, le prime prefigurazioni delle cantate risalgono al debutto di Lulli e sono probabilmente queste scene in italiano che popolano i suoi balletti.
Al contrario, i balletti sono pervasi da lunghi intermezzi d’Oltralpe. Psyché (1655), i Bienvenus, l’Amour malade (1657), Alcidiane (1658), la Raillerie (1659) sono più italiani che francesi. Leggendo queste opere si percepisce che Lulli è profondamente aggiornato su ciò che succede nel suo paese natale. Ogni volta si tratta di vere scene d’Opera, intercalate nei balletti ; per esempio l’entrata di Psyché (1655) nella quale si vede Plutone seduto sul suo trono in mezzo ai demoni, mentre il coro di passioni amorose declama il dolore di amare 81.
Pensate come delle entità semi-operazionali e indipendenti, questi intermezzi italiani abituano il pubblico francese ad un genere d’Oltralpe e preparano l’avvento del suo omologo nazionale. Così, la cantata non è soltanto un genere che permette di ripensare l’opera francese in crisi al XVIII secolo. Il suo principio è in realtà ciò che ha permesso l’emergenza del grande genere lirico. Si può comprendere allora quanto l’idea di un’Opera divertente e musicale preesista alla tragedie en musique ricacciando il tragico ad un ruolo secondario anche prima dell’apparizione del genere e delle relative sperimentazioni lulliste. L’idea di una piccola entità lirica autonoma che plasma la cantata è dunque antica e inscrive il genere – seppure di origini italiane – nella tradizione del divertissement francese. Essa risale alle origini dell’opera lullista e perdura quasi fino alla creazione con il «lamento italiano » della tragicommedia e balletto Psyché (LWV45) nel 1671.
L’illusoria ricerca del tragico da Lulli e Quinault
La ricerca di una scrittura tragica nell’opera lullista sembra allora essere solamente un pretesto necessario per l’affermazione di un nuovo genere lirico in Francia. Effettivamente, in Proserpine il testo di Quinault è una riscrittura divertente delle Metamorfosi di Ovidio. Infatti non è più immaginata con il rigore tragico cercato e poi raggiunto con Atys (LWV53-1676). Dopo Isis (LWV54-1677), la scrittura drammatica perde di rigore. L’unità d’azione non è sempre rispettata, in particolare negli atti 2 e 3 di Proserpine nei quali quest’ultima cede il posto all’intrigo secondario tra Alfeo e Aretusa82. In questo modo, il testo perde una certa ricerca di rigore che onora il teatro declamato fin da Corneille83.
Inoltre in Ovidio, i pretendenti non compaiono e sono tutt’al più menzionati – come il consorte di Ciane (V, 409-419) – contrariamente a Quinault nel quale essi vengono ad addolcire il racconto tragico del rapimento di Proserpina. Egli ritrae nell’Opera alcuni episodi come quello in cui Cerere trasforma in lucertola Stellione – il nipote di una donna che le offre un infuso – perché osa guardarla in modo sfrontato (V, 453-471). In Quinault, Cerere è una vittima, una madre ferita che reclama giustizia e che nella sua sofferenza fa bruciare i campi di grano; egli le riserva dunque un carattere moderato, tacendo la scena di automutilazione. Nelle Metamorfosi, Cerese si strappa i capelli, strazia il suo seno… (V, 471) prima che Aretusa non la riporti alla ragione (V, 487-509). Quando Ascalafo racconta a Ciane e Aretusa che Proserpina ha mangiato il frutto infernale (IV, 3) ed è costretta a rimanere nell’Ade, in Quinault Cerere non si vendica trasformandolo in civetta (V, 533-550). Il mito è quindi addolcito e depurato in modo da rendere Cerere più amabile. In questo spettacolo di corte, la mitologia è tradizionalmente un’allegoria regale. La tragedie en musique ritrae così le divinità con moderazione e con una certa dolcezza biasimata da Boileau (Satire X, « Queste volpi dolciastre84 »). Al di là di una scrittura dalla forma tragica, la musica e il divertissement sono dei reali meccanismi della costruzione dell’Opera. Inoltre, a partire dai suoi inizi, gli Antichi – in particolare attraverso la voce di Saint-Evremond – denunciano questa tendenza come responsabile di una corruzione generale del gusto futuro.
La sola cosa che mi dispiace è che con questo nostro grande invasamento dell’Opere, siamo per la via di veder andare in precipizio la più bella cosa che abbiamo: la più propria a sollevar la mente e la più capace di formare il giudizio.85
Circa quarant’anni più tardi, Anne Dacier conferma il fenomeno.
Ma noi abbiamo ancora due cose che ci sono proprie, e che contribuiscono come il resto alla corruzione del gusto. La prima, sono gli spettacoli licenziosi che attaccano direttamente la religione e i costumi, e la cui Poesia e Musica ugualmente insipide e effeminate comunicano tutto il loro veleno all’anima, e abbandonanno tutti i nervi dello spirito, in modo che anche quasi tutta la nostra Poesia conteporanea è segnata da tale carattere86.
Dall’efficacia drammatica Lullista all’espressività musicale di Bernier e Stück : la continuità italianizzante
Infine, questa ricerca di una scrittura del tragico musicale e letteraria assai rigorosa in Lulli dava l’impressione di opporsi alla ricerca di espressività musicale della cantata. Effettivamente, se il tragico è addolcito nella Proserpine di Quinault, il recitativo occupa addirittura il 30% dell’Opera, lasciando la possibilità a Quinault di dare corpo all’intrigo e di modellare i personaggi con una certa consistenza drammatica. Inversamente, l’esiguità della cantata e l’importanza ridotta attribuita all’azione rinviano il tragico allo statuto d’ornamento di un’espressività musicale meno simbolica.
Nondimeno l’Opera e la cantata convergono verso una medesima ricerca di efficacia e d’immediatezza. La nascita del genere lirico coincide con l’apertura dello spettacolo di corte verso la città il che sancisce la necessità di un piacere semplice e diretto. Per soddisfare la propria volontà di creare un momento di apparente purezza declamatoria, Lulli è pronto a ridurre la misura del recitativo, a bandire il double, a privilegiare le forme senza riesposizione. E, anche se ciò non impedisce di ridurre di un quarto il testo di uno spettacolo declamato, l’iniziativa indica chiaramente la volontà di servire un tempo oratorio rapido e di conseguenza l’efficacia drammatica. Bernier e Stück giocano invece su un linguaggio musicale meno simbolico e più dimostrativo. Esso permette ad uno strumentale liberato dal giogo della vocalità di rappresentare il terremoto all’inizio della cantata Bernier (es. 7).
Questa scena evoca le tempeste di cui Lulli è l’istigatore in Persée (1682 – LWV60/62). Ne « I venti impetuosi87 » (LWV60/62) di Lulli, la forza del temporale è indicata dalla velocità del basso continuo mentre i violini restano in una composizione molto vocale. Qui al contrario, il basso continuo accompagna o dialoga con le altre parti pensate in una scrittura più italiana fatta di batterie e di gamme come in Corelli. Lo strumentale si emancipa allora dalla voce anche se resta ancora legato alla vocalità attraverso l’utilizzo della chiave in sol1 o dell’ut1 in Bernier88.
L’imitazione della natura diventa il luogo di predilezione della composizione strumentale tecnica e italianizzante nelle cantate: gli strumenti possono imitare i venti delle tempeste o qui i terremoti. L’imitazione convince allora l’ascoltatore circa la somiglianza dell’evento di cui ascolta il racconto. Tuttavia tali riferimenti naturali e un simile gioco imitativo prendono si originano nella Francia di Lulli, modello inoltre della musica francese.
Congiuntamente, la voce si strumentalizza nella cantata riprendendo dei motivi strumentali. In Bernier, il vocalizzo su « Tonnez » (es. 8) gioca su un motivo in sei semicrome ripreso contemporaneamente dal basso continuo e dal violino. Ciò rimanda al vocalizzo di Lulli con il suo tuilage sul « Triomphe » nel quale cerca già di sviluppare questo tipo di carattere.
C’è effettivamente una ricerca di spettacolarizzazione, d’efficacia del linguaggio da Lulli a Bernier e Stück. In tal modo, la scrittura musicale nella cantata diventa più tecnica e si emancipa dal testo nel XVIII secolo – relegando quest’ultimo al ruolo di pretesto – grazie alla ricerca di un effetto immediato difeso trent’anni prima da un Lulli preoccupato dell’imitazione della declamazione nella tragedie en musique.
All’interno di questa dinamica, Proserpine articola con Bellérophon una metamorfosi del genere in Lulli in cui lo strumentale prende uno slancio che annuncia questo cambio di concezione del linguaggio. L’influenza italiana sulla musica – affermata politicamente a partire dal privilegio reale accordato a Perrin nel 1669 e che permette l’insediamento dell’Opera lullista – è paradossalmente il fondamento dell’identità francese che Lecerf de la Viéville difende all’epoca di Bernier e Stück. Lo spirito divertente che la musica apporta alla scrittura drammatica è all’origine delle critiche letterarie o musicali formulate contro l’Opera lullista in seguito alla querelle dell’Alceste. Che sia la carenza di rigore nell’imitazione dell’Antico rimproverato da Racine, o la scrittura sopravvalutata del recitativo denunciata da Saint-Évremond, l’associazione degli universi della danza e della musica con il rigore drammatico oppone il piacere dei sensi a quello della ragione nell’Opera mettendo finalmente a distanza lo spirito tragico.
Così dall’Opera Lullista alla cantata, il divertissement prende il sopravvento su un testo di cui il contenuto tragico in Quinault è già addolcito rispetto al modello Antico. La tragedie en musique Lullista fino ad Atys dava l’impressione di essere alla ricerca di uno spirito tragico tuttavia abbandonato a partire dall’anno successivo con Isis. Bellérophon e Proserpine concedono allora all’orchestra un ruolo più importante che annuncia le grandi ciaccone e passacaglie che si possono ritrovare in tutti gli spettacoli di Lulli a partire dal Triomphe de l’Amour nel 1681.
È ugualmente alla fine degli anni 1680 che iniziano ad apparire delle edizioni di arie separate destinate a essere cantate o suonate. Proponendo in tal modo, al gusto di un pubblico crescente di musicisti amatori, l’evoluto stile lullista. La musica strumentale si sviluppa su linee melodiche vocali svincolandosi tuttavia dalle parti cantate. Cercando l’approvazione, l’Opera si disfa progressivamente di un tragico che non miete più consensi a fine secolo rendendo evidente in tal modo la necessità di una cantata nella quale la musica prende l’importanza sul testo. E se la tragédie en musique è in declino alla fine del secolo, essa trascina nella sua scia il suo omologo declamato. Nel momento in cui ci si interessa alle rappresentazioni officiali89 del teatro declamato, ci si rende conto che sulla fine del XVIIe secolo (1680-1699), ad eccezione dell’Andronic (1685) e de l’Alcibiade (1685) di Campistron, e del Régulus (1688) di Pradon, soltanto uno spettacolo di Routou, cinque di Corneille e cinque di Racine oltrepassano la soglia di settanta rappresentazioni durante questo periodo. Ciò significa che su quattordici rappresentazioni plebiscitate undici sono delle riprese di spettacoli di successo anteriori alla nascita dell’Opera. In questo modo se il teatro declamato fornisce regolarmente delle nuove produzioni, poche tra queste hanno realmente un successo pubblico comparabile a quello dei loro predecessori.
Nel 1714 Anne Dacier constata con suo grande sconforto come l’Opera abbia influenzato la poesia. La profezia di Saint-Evremond nel 1677 che vedeva l’Opera corrompere il teatro declamato si è realizzata. Al di là della semplice evoluzione dei generi musicali, si può pensare che questa nuova influenza italiana sopraggiunta con la sonata e la cantata in fin di secolo infligge il colpo di grazia a una tragedia classica già mal ridotta dall’Opera lullista. Essa annuncia di fatto l’introduzione di un nuovo senso del tragico al quale l’Opera non è indifferente, più semplice e diretto, che modellerà il XVIII secolo.
Appendice
Tabelle delle relazioni tra la sinossi del testo di Quinault, il piano tonale di Lulli e gli affetti di Charpentier
Atto primo
Atti e scene |
Sinossi corrispondenti |
Tonalità principali (ethos dei modi di Charpentier) |
I,1 |
Mentre Cerere si lamenta perché Giove la trascura, |
Re minore (grave e devoto) |
I,2 |
Mercurio le recapita un messaggio del signore degli deii il quale le chiede di rendere fertile la Frigia. Cerere accetta di lasciare la Sicilia, |
Sol minore (serio e magnifico) |
I,3 |
e affida la propria figlia, Proserpina, alle cure di Aretusa. Quest’ultima le confida di essere amata da Alfeo, ma sostiene di non ricambiare il sentimento. |
Sol minore (serio e magnifico) – Re Maggiore (gioioso ed assai guerriero) |
I,4 |
In un monologo, ella confida di essere inquieta, |
Sol minore (serio e magnifico) |
I,5 |
ma arriva Alfeo che le annuncia che l’oggetto del suo amore è cambiato, e che ormai è innamorato di Proserpina. |
Sol minore (serio e magnifico) – Sib Maggiore (magnifico e gioioso) |
I,6 |
L’atto termina con lo scongiuro della partenza di Cerere, |
Sol minore (serio e magnifico) |
I,7 |
una celebrazione della potenza di Giove ; |
Do Maggiore (allegro e guerriero) |
I,8 |
una parte del palazzo di Cerere crolla, Proserpina compare soltanto alla fine dell’atto. |
Do Maggiore (allegro e guerriero) – Fa Maggiore (furioso ed impetuoso) |
Atto secondo
Atti e scene |
Sinossi corrispondenti |
Tonalità principali (ethos dei modi di Charpentier) |
II,1 |
Alfeo confida a Crinise di essere ancora innamorato di Aretusa, |
Re minore (grave e devoto) |
II,2 |
ma la venuta di Ascalfio lo informa che ha un rivale. Quest’ultimo gli comunica inoltre l’imminente arrivo di Plutone. |
Sol Maggiore (dolcemente gioioso) |
II,3 |
Alfeo piange il suo dolore, |
Do minore (triste ed oscuro) |
II,4 |
quando appare Aretusa. Entrambi credono che il loro amore non sia reciproco. |
Fa Maggiore (furioso ed impetuoso) |
II,5 |
Ma quando Ascalfio ritorna, Aretusa gli rimprovera di essersi attribuito il suo cuore senza aver ricevuto il suo accordo. |
Fa Maggiore (furioso ed impetuoso) |
II,6 |
Plutone entra in scena, e chiede a Aretusa di chiamare Proserpina : |
Sol minore (serio e magnifico) – Sib Maggiore (magnifico e gioioso) |
II,7 |
confida ad Ascalfio che ne è innamorato. |
Do maggiore (allegro e guerriero) |
II,8 |
Approfittando di una festa pastorale, |
Do maggiore (allegro e guerriero) – La minore (tenero e lamentevole) |
II,9 |
Plutone rapisce Proserpina, e minaccia le ninfe presenti di privarle della parola nel caso in cui esse rivelino l’accaduto a Cerere. |
Do maggiore (allegro e guerriero) |
Atto terzo
Atti e scene |
Sinossi corrispondenti |
Tonalità principali (ethos dei modi di Charpentier) |
III,1 |
Mentre Proserpina viene chiamata, |
Sib Maggiore (magnifico e gioioso) |
III,2 |
Aretusa vuole andare a cercarla nell’Ade, Alfeo vuole seguirla e si dichiarano il loro amore. |
Sib Maggiore (magnifico e gioioso) |
III,3 |
Annunciata da un coro, |
Sol minore (serio e magnifico) |
III,4-5 |
Cerere ritorna e chiede di vedere sua figlia. |
Do Maggiore (allegro e guerriero) – Do minore (triste e oscuro) |
III,6 |
Ciane cerca di rivelare il rapimento, ma perde la voce e viene trasformata in un ruscello. |
Sol Maggiore (dolcemente gioioso) |
III,7-8 |
Cerere, nel suo furore, brucia i campi e le campagne. |
Do maggiore (allegro e guerriero) |
Atto quarto
Atti e scene |
Sinossi corrispondenti |
Tonalità principali (ethos dei modi di Charpentier) |
IV,1 |
Delle ombre felici celebrano la loro gioia; |
La minore (tenero e lamentevole) |
IV,2 |
Soltanto Proserpina è triste, perché sua madre le manca. Eppure Ascalfio loda i meriti di Plutone. |
Re minore (grave e devoto) – Re maggiore (gioioso ed assai guerriero) |
IV,3 |
Sopraggiungono Alfeo e Aretusa che vogliono riportare Proserpina a sua madre: Ascalfio racconta loro che ella ha mangiato un frutto infernale ed è quindi condannata a rimanere nell’Ade. |
Sol minore (serio e magnifico) |
IV,4 |
Plutone, rimasto solo con Proserpina, tenta invano di sedurla. |
Sib Maggiore (magnifico e gioioso) – Sol Maggiore (dolcemente gioioso) – Do minore (Triste ed oscuro) |
IV,5 |
Egli ordina che l’Ade sia in festa, in onore della sua amata. |
Sib Maggiore (magnifico e gioioso) - Sol minore (serio e magnifico) |
Atto quinto
Atti e scene |
Sinossi corrispondenti |
Tonalità principali (ethos dei modi di Charpentier) |
V,1 |
Plutone afferma che non si lascerà portare via Proserpina, assicurandosi in tal modo il sostegno di tutto l’Ade. La scena cambia e rappresenta la massima solitudine. |
Fa Maggiore (furioso ed impetuoso) – Do Maggiore (allegro e guerriero) |
V,2 |
Mentre Cerere piange l’assenza di sua figlia, |
Re minore (grave e devoto) |
V,3 |
alcune divinità infernali entrano in scena. |
Fa Maggiore (furioso ed impetuoso) |
V,4 |
Alfeo e Aretusa vengono ad informare Cerere che è stato Plutone a rapire Proserpina, e che egli sta per arrivare. |
Do minore (Triste e oscuro) – Sol minore (serio e magnifico) |
V,5 |
Mercurio viene ad annunciare che Cerere e Plutone saranno entrambi soddisfatti e che Giove sta per apparire. |
Sol minore (serio e magnifico) |
V,6 |
Giove scende dall’Olimpo, Plutone sorge dall’Ade. Giove decide che Proserpina sposerà Plutone, e passerà la metà dell’anno vicino al suo sposo, l’altra metà vicino a sua madre. Un coro celebra la grandezza di Giove. |
Do maggiore (allegro e guerriero) – La minore (tenero e lamentevole) |