La raccolta Élévations et motets à voix seule

Brossard e l’italianismo nel 1695

Résumés

Gli Élévations et Motets di Brossard (1695) – introdotti da un glossario di parole italiane usuali che rappresenta una prima bozza del Dictionnaire del 1703 – testimoniano il gusto crescente dei francesi per l’Italia. A dispetto degli usi, Brossard convoca in questa raccolta di musica religiosa i generi dell’opera svincolandosi parzialmente dalle loro forme. L’analisi stilistica della raccolta dimostra di conseguenza con quale padronanza e libertà egli abbia introdotto in Francia quella nuova Italia, e infine come questo compositore francese senza maestro italiano e senza viaggio oltralpi di nostra conoscenza si sia realmente appropriato quel gusto.

Brossard’s Élévations et Motets (1695) - introduced through a glossary of Italian usual terminology as a first draft of the Dictionnaire of 1703 - testify the French growing attraction for Italy. Despite the practices, Brossard collected in this religious music book the opera genres while partially eliminating their forms. The stylistic analysis of the compendium shows with what command and freedom he inserts in France this new Italy, and finally how this French composer without an Italian master and without an Italian journey really appropriates this liking.

Plan

Texte

Alcuni preferirebbero le due cantate italiane o perfino le arie italiane alle Élévations et motets, per lavorare su Brossard e l’Italia. Ma Jean Lionnet spiega nel 1998 che « […] il mettere in musica un testo italiano spinge i compositori francesi a scrivere alla maniera italiana; le cantate di Montéclair danno un buon esempio di quel fenomeno1. » Di conseguenza, le Élévations et motets à voix seule avec la basse continue Par M. Seb. de Brossard Prestre, Prebendé Deputé du grand chœur, & Maistre de Chapelle de l’Eglise Cathedrale de Strasbourg, stampati da Ballard nel 16952, permettono di capire come il compositore faccia realmente proprio lo stile italiano lontano da ogni conformismo linguistico. Infatti, sin dall’avvertimento, la raccolta si vuole un’opera italianizzante molto innovativa, introdotta da un glossario di parole italiane « […] per rendere l’uso di questi Mottetti più universale »3.

Dopo essersi stabilito a Parigi nel 1678, il normanno Sébastien de Brossard (1655-1730) viene nominato vicario e maestro di Cappella presso il duomo di Strasburgo nel 1687 prima di partire per quello di Meaux nel 1698. Proprio in quegli undici anni a Strasburgo viene alla luce questo stampato che forma il suo gusto per l’Italia. Brossard raccoglie in quell’epoca la maggior parte di quel fondo musicale teorico e pratico cosmopolito straordinario4 a partire dal quale stende un catalogo nel 1724.

Così, tale prima raccolta a stampa di musica religiosa di Brossard – segnata dal marchio italiano – dimostra in Francia un tale cambiamento da necessitare un’introduzione di cui « […] spera che il pubblico lo ricompenserà di aver preso cura per primo di fare questa spiegazione, avendo notato con gioia durante il suo soggiorno parigino che si comincia a prendre più gusto che mai alla Musica Italiana. »5 Con questa raccolta, Brossard viene quindi inserito de facto nell’ambito di una modernità italianizzante.

Tuttavia, sin dalle sue origini, il mottetto dovrebbe evidenziare soprattutto la parola e s’inserisce in un alveo alquanto francese da cui Brossard proviene6. Se socializza dal 1687 con musicisti italiani di passaggio che fanno di Strasburgo un luogo di circolazione delle fonti musicali, la sua conoscenza della loro musica è quindi il più delle volte dipendente dalle partiture. Infatti, a differenza di Assoucy, Pierre de Nyert o Charpentier che risiedono in Italia, non gli si conosce nessun viaggio né nessun maestro italiano.

Così alla congiunzione tra quei due raggi di informazioni, Sébastien de Brossard sembra un compositore italianizzante innovatore dall’erudizione stupefacente ma la quale formazione non sembra provenire dagli italiani. Se si prende in considerazione il fine di completezza dell’autore del catalogo – che nel 1724 lascia ancora pagine bianche per le fonti che ritiene mancanti – si indovina con quale tensione copiava, comprava e così accumulava nel 1695 per colmare con l’erudizione una formazione che gli era mancata7. Vi si può quindi interrogare sulla sua capacità a produrre una sintesi personale degli elementi stilistici italiani in questa raccolta mentre quel periodo della sua vita è quello in cui raccoglie più fonti. Come Sébastien de Brossard ha potuto quindi produrre – senza studio conosciuto presso un maestro italiano – una sintesi stilistica italofrancese personale nei suoi Élévations et motets del 1695 mentre dimostra una passione così sfrenata per il raccogliere repertori teorici o pratici?

Secondo l’inizio dell’« Avvertimento » di Ballard, l’« Autore degli Élevations ou Motets di questo trattato, è così noto a Parigi e all’estero » che la sua raccolta deve essere « […] ben ricevuta dal Pubblico e piacevole a tutti gli Intenditori. » 8Occorre credere dunque che Brossard abbia completato il proprio tour de force.

1. Una raccolta di musica religiosa licenziosa

Tuttavia, secondo Lecerf de la Viéville – il difensore della Francia nella lite che l’oppone all’italianizzante Raguenet – non è proprio il caso. I cantici del 1695, per tre volte nella sua opera, vengono richiamati ogni volta in maniera critica. Se condanna in maniera eccessiva l’ottava diretta della prima entrata superiore sull’Ave vivens hostia9, le altre sue osservazioni su questo pezzo sono più accettabili.

Se Mr de Brossard si fosse riempito di meno erudizione Italiana, sarebbe stato più scorrevole e più seguito, non avrebbe cambiato movimento ad ogni Verso del suo Ave vivens Hostia, non avrebbe fatto degli Amen e degli Alleluia, degni del fischio10.

Si trovano infatti alla fine di più Canticum lunghi Amen o Alleluia ornati da grandi vocalizzi. E oltre questo, il testo stesso è opinabile per Lecerf, visto che Brossard si autorizza a scrivere la maggior parte dei testi latini dei propri mottetti.

Mr Brossard, ad esempio, trascura la Scrittura, per farsi notare con parole che sembrano proprio da lui. Dei suoi otto Mottetti, solo l’ultimo è sul Salmo, Quemadmodum desiderat cervus, etc., e il quarto sull’Inno dell’Ascensione di Santeüil, O vos aetherei, etc., ha tratto dal proprio fondo le parole degli altri sei. Ciò che devo alla sua erudizione e alla patria non mi impedirà di riprenderlo. Che rapsodia sono le strofe del suo Mottetto a voce sola Ave vivens Hostia, messo da quell’abile uomo all’inizio del Libro, affinché l’inizio desse voglia di quello che seguiva, e nel quale ci sono sicuramente cose eccellenti? Non è carino vedere il signor Brossard dire paroline dolci alla sant’Ostia, se posso parlare in questo modo, con versetti rimati e seminati di punte di gentilezze? E che latino, che linguaggio! Scrinium dulcoris, egli dice al santo Sacramento. Ecrin, petit coffre de douceur. Ecco di sicuro un linguaggio e un latino che viene dall’Italia. Sono sicuro che non troverà dulcor in Cicerone: l’ho cercato nella Concordanza della Bibbia, e ho visto che vi è in un solo posto dell’Ecclesiaste. Il signor Brossard, per nulla costretto, poteva fare a meno di quella parola per le orecchie delicate. È felice di essersi impegnato, come ha fatto, a studiare le Opere Italiane11.

Va quindi osservato che l’Italia evidenziata e sostenuta da Brossard nella sua raccolta non ottiene l’unanimità in Francia.

A parte le critiche di Lecerf, la libertà riguarda la maniera con cui egli convoca l’Italia nella sua raccolta. Brossard precisa nel proprio glossario che l’aria « […] significa Air o Chanson, cioè un canto che va cantato con un movimento giusto e ben marcato, soprattutto all’inizio di ogni tempo, e ciò quasi sempre un po’ velocemente e allegramente12 ». Nondimeno, in questa raccolta che deve costituire un esempio, la prima aria del canticum septimum viene indicata « ARIA, Adagio13 ». D’altronde, Brossard non accenna per nulla all’idea di forma nella propria definizione dell’aria, come se essa fosse libera quanto il recitativo. Eppure, Prunières osserva già per l’Orfeo di Luigi Rossi – rappresentato a Parigi nel 1647 e che l’italianizzante Brossard poteva difficilmente ignorare14 – un’elaborazione formale dell’aria che poteva già avvalersi di una sorta di da capo.

Luigi usa più sorte di arie. Fa grande uso dell’aria da capo (Ad esempio l’aria di Euridice: Quando un core inamorato publicato da Goldschmidt, op. cit. I, 298.) e della canzone con ritornello di cui si trovano d’altronde numerosi esempi nelle sue composizioni di musica da camera (Cf. Wotquenne. Etude bibliographique sur Luigi Rossi, Bruxelles, 1909 […]). Usa l’aria in due parti (a forma di cavatina) interrotta da un breve episodio strumentale (…) e l’aria strofica, nella quale il ritorno di una bella frase musicale divide il recitativo in periodi uguali (…)15.

Queste strutture distinte da quella dell’aria di corte e delle ariette delle opere di Lully16 avrebbero dovuto incidere sulla sua definizione. Ora, nella raccolta di Brossard del 1695, non si trova alla prima lettura nessun da capo e solo un segno di ripresa che caratterizza nel canticum octavum una sorta di arietta francese di struttura AABB’17.

A conclusione di questo primo approccio, proprio l’insieme della raccolta sembra infine licenzioso. L’aria Allegro del suo Canticum tertium viene scritta come una giga (Es. 1).

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Esempio 1: Brossard, Élévations […], Paris, Ballard, 1695, p. 22.

Nello stesso modo, nel suo Canticum sextum, Brossard chiude con un « Amen »18 a 128 segnato « Presto è Allegro » (Es. 2). Tale codifica di tempo quasi incredibile in Francia e con quest’indicazione ritmica è caratteristica della giga all’italiana, un ballo, molto nuovo per i francesi, che verrà sviluppato nel XVIII secolo.

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Esempio 2: Ibid, p. 52.

Se Brossard tende qui a farla conoscere, lo fa a dispetto dei codici, come avrebbe potuto notare Lecerf de la Viéville. Infatti, La Bruyère – che l’erudito Brossard probabilmente non ignorava – spiega nei suoi Caractères (1688), interessandosi precisamente alla giga, che vanno ben distinti profano e religioso.

[…] Le cose belle lo sono di meno fuori posto: il decoro dà perfezione, e la ragione decoro. Per questo non si sente nessuna giga in una Cappella, né un Sermone dai toni teatrali: non si vedono per nulla immagini profani nei Templi; né a persone di Chiesa l’andatura e l’attrezzatura di un cavaliere19.

Dunque, stranamente, Brossard – sacerdote e maestro di Cappella – si prende gioco dei codici e usi, non esitando a mischiare i mottetti con i piccoli generi dell’opera per ripristinare La Bruyère, a intitolare in ogni cantico più pezzi « aria » o « recitativo », e a convocare di conseguenza il teatro lirico italiano. Ideato come una sorta di cantata di chiesa, il mottetto si dilata. Brossard lo ammette d’altronde nel proprio avvertimento: « La seconda osservazione riguarda gli Alleluya, o Amen che si vedranno qui alla fine di sei di questi Mottetti. Li si troveranno forse troppo lunghi, troppo difficili da cantare […]20 ». Ma stranamente, mentre questi lunghi pezzi su « Amen », che ripetono un dissillabo, dovrebbero permettere lo sviluppo di forme musicali più elaborate, essi danno luogo in Brossard a lunghe glose febbrili con una grande varietà motivica21. Così, se Brossard dà l’impressione di introdurre la cantata o l’opera italiana e i loro piccoli generi nell’universo del mottetto – a dispetto di ogni decoro per La Bruyère –, si svincola però dai loro codici e garantisce alla fine una grande libertà di espressione.

2. Brossard: uno stile tradizionale lontano dalla modernità evidenziata ?

In realtà, il mottetto è un genere tradizionale fondato etimologicamente sulla messa in rilievo della parola. La scuola Notre-Dame lo diffonde nel XIII secolo grazie alla polifonia22 che finisce col rendere il cantus firmus difficilmente udibile. E se il mottetto barrocco c’entra poco con il suo omologo medievale – non fosse altro perché la sua ideazione diventa armonica –, l’eredità del Concilio di Trento rinforza quest’interesse per la parola e deve dunque portare la musica a cedere il passo al testo. L’analisi accurata della scrittura di Brossard permette di osservare che oltre l’apparente convocare dei piccoli generi dell’opera italiana – la quale tenta in origine di ridare spazio alla parola con lo stile rappresentativo –, egli si riappropria l’aria e il recitativo per darne una lettura molto personale a volte perfino capovolta. Infatti, se la sua definizione dell’aria non richiama l’aspetto formale, la sua musica vi rimanda anche in maniera molto libera. Il più spesso, alcuni motivi possono ripresentarsi variati senza fare sentire in maniera chiara nessuna forma. L’aria secunda segnata Allegro del Canticum secundum espone chiaramente un motivo melodico su due tempi ripreso, applicato, poi variato23 (Es. 3).

Esempio 3: Ibid, p. 14.

Esempio 3: Ibid, p. 14.

Questo motivo ricompare variato su un cromatismo ascendente su « Ad salutem nobis », poi cede il suo posto ad un secondo motivo (Es. 4) ideato a partire dall’aumento del secondo tempo su « Divina ».

Esempio 4: Ibid, p. 15.

Esempio 4: Ibid, p. 15.

Ma in nessun momento questo trattamento motivico non fa chiaramente comparire una qualsiasi forma musicale tradizionale. Lo stesso per la maggior parte delle arie della raccolta. Al contrario, il recitativo non viene pensato come il recitativo semplice di Lully. Non si trova quasi nessun cambiamento di tempo. Invece, il testo viene spesso ripetuto parzialmente, giustificando un acceleramento della scrittura melodica ed armonica che richiama meglio il recitativo misurato. Così, il Recitativo largo del Canticum secundum (Es. 5) viene fondato su bassi statici di otto tempi che si accelerano per finire su movimenti di crome e perfino su un’aria degna di quella su « supernorum ».

Esempio 5: Ibid, p. 11.

Esempio 5: Ibid, p. 11.

Nella raccolta, questo processo di scrittura quasi sistemica costituisce un elemento specifico dello stile di Brossard. Qualunque sia il “piccolo” genere lirico convocato, questa libertà formale coltivata da Brossard serve un testo che per il più delle volte ha scritto riferendo così nel mottetto la musica alla parola.

Oltre la forma, Brossard pensa la carrure24 e la misura in maniera molto flessibile attestando un’elaborazione tradizionale e antica della frase. Quando introduce soprattutto grandi arie italiane i quali motivi vanno fino a ripetersi per dare loro più importanza, Brossard non esita ad allungare le carrure. Questo crea fenomeni di leggerezza se non addirittura di sorpresa all’ascolto poiché l’ascoltatore non sempre sente quello che potrebbe aspettarsi. In tal ambito, l’inizio del primo Allegro del Canticum quartum ne è un caso da manuale. Se la prima esposizione del motivo (Es. 6) dura tre tempi, la sua ripresa con il vocalizzo dura otto tempi e spezza la regolarità. Inoltre, l’esposizione del motivo dà qui inevitabilmente una sensazione ternaria.

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Esempio 6: Ibid, p. 27-28.

Esempio 6: Ibid, p. 27-28.

Allo stesso modo, nel primo allegro del Canticum septimum, Brossard dilata il vocalizzo sul verso « Bella nos premunt hostilia », ripetendo un tempo intero del vocalizzo25. Si intravedono allora le basi di una variazione meccanica.

Alla fine, se la maggior parte del testo letterario è produzione sua, il suo trattamento sembra prevalere su forme musicali e in maniera generale sulle strutture che convoca, e questo fino all’ideazione del tempo. In alcune arie, uno stesso motivo melodico può essere ripreso su un testo diverso e immediatamente sfalsato rispetto al tempo. Nel caso dell’Aria secunda Allegro del Canticum primum (Es. 7), la sfasatura di un tempo di una battuta a C, cioè a quattro tempi lenti snatura all’ascolto il fraseggio appena esposto. La ripresa dà l’impressione di una ripetizione abbastanza caotica.

Esempio 7: Ibid, p. 4.

Esempio 7: Ibid, p. 4.

Si ritrovano le stesse difficoltà a rispettare la battuta nei passaggi ritmici del Canticum quartum della raccolta del 1699 (Es. 8). Le cadenze compaiono ad ogni battuta in fine di movimento, ora sul terzo tempo, ora sul quarto, indebolendo così l’accentuazione naturale della battuta.

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Esempio 8: Brossard, Elévations et Motets à I, II & III voix, Paris, Ballard, 1699, p. 48-49.

Esempio 8: Brossard, Elévations et Motets à I, II & III voix, Paris, Ballard, 1699, p. 48-49.

Così, ogni strappo ai codici di questi mottetti evidenzia in Brossard un interesse predominante per il testo – rimandando il mottetto a quello che dovrebbe essere –, ed un’accezione del languaggio musicale che – dietro la modernità evidenziata del ricorso all’Italia – denota un’ideazione tradizionale abbastanza empirica emblematica del XVII secolo.

3. Brossard e la raccolta del 1695: una stilistica molto personale

L’italianismo di Brossard non è quello di Charpentier conosciuto probabilmente a Parigi. Nessun cromatismo capovolto, nessun’intonazione delicata per il cantante, nessun giro melodico inatteso, lo stile di Brossard è insieme più semplice e più tecnico. Così, la scienza dell’armonia di Charpentier ereditata da Carissimi26 lascia qui spazio ad una tecnicità ed una velocità influenzate probabilmente dal rinnovo della sonata di Corelli27 – di cui Brossard è uno dei primi tramite in Francia28 – così come dal canto virtuoso dei castrati che irradiava l’Europa non francofona. Ma stranamente, quest’Italia produce progressivamente un nuovo senso della battuta, della carrure e della forma a cui Brossard sembra ancora restìo qui. In Corelli, la carrure è spesso regolare e pensata a multipli di quattro tempi. Malgrado la sua fama, Brossard ne possiede abbastanza poco, se non soprattutto nel suo opus 3, forse raccolto dopo il 1695. Si ritrovano nella raccolta del 1695 elementi armonici in provenienza da quest’Italia, a cominciare dalle scale di armonia usate con parcimonia dai suoi predecessori in Francia. Nel caso di quel brano del canticum tertium (Es. 9) la scala a quinte discendenti è carica di doppi ritardi di 9a e di 7a tipici di quel rinnovo italiano.

Esempio 9: Brossard, Élévations […], Paris, Ballard, 1695, p. 24.

Esempio 9: Brossard, Élévations […], Paris, Ballard, 1695, p. 24.

Nondimeno, in Italia il metodo serve in generale a sviluppare il motivo. In Brossard, le scale di armonia compaiono il più delle volte su accordi perfetti capovolti durante il movimento con uno sviluppo motivico subito abbandonato. Ugualmente, la scala a quinte discendenti esposta senza il soprano vocale con i ritardi 9 e 7 chiude qui la prima aria29 e non dà quindi luogo a nessuna variazione del motivo. La modernità di Brossard riguarda anche l’ornamento che – a differenza delle doppie nell’aria di corte – non viene notata in maniera esaustiva nell’adagio « Quae Regina sedes proxima Christo » del Canticum quartum (Es. 10): la ripetizione chiamando la reiterazione del portamento di voce doppio poi della caduta su « nos ». Ma è soprattutto l’uso innovativo del portamento di voce sconnesso su « potes » ad annunciare un tardo XVIII secolo francese.

Esempio 10: Ibid, p. 33.

Esempio 10: Ibid, p. 33.

Si possono nondimeno trovare alcuni elementi molto francesi e ciò soprattutto nell’ultimo cantico. D’altronde proprio in questo cantico (Es. 11) Brossard ricorda l’ornamento in maniera esaustiva su un passaggio senza ripetizione del proprio adagio.

Esempio 11: Ibid, p. 69.

Esempio 11: Ibid, p. 69.

Sarebbe la scelta della tessitura di Baryton, la più grave nella raccolta a suonare molto francese in un’epoca in cui l’Italia asseconda i primi soprani? Rimane il fatto che questo Canticum octavum è l’unico a contenere un arietta alla francese intitolato Aria di struttura AABB’ senza grande vocalizzo, ma che finisce nondimeno con una curiosa mezza cadenza30.

In breve, Brossard possiede quindi una propensione febbrile attestata dalla sua passione per la collezione e una grande libertà di espressione che attestano la maggior parte dei testi dei suoi Élévations et motets stesi da lui stesso. Non esita d’altronde, a dispetto delle raccomandazioni di La Bruyère, a mischiare in apparenza i piccoli generi dell’opera italiana e la giga con la musica di chiesa. Nello stesso tempo, la loro convocazione è abbastanza formale, poiché Brossard si svincola dai codici convocati. La sua musica risulta pure sia molto varia nel 1695 che discontinua nella condotta del discorso musicale ancora abbastanza comune nel XVII secolo. È infatti capace di sollecitare gli elementi più innovativi dello stile italiano, come i grandi vocalizzi con motivi ripetuti, le scale di armonia con il doppio ritardo di 9a e di 7a, pure avendo forme approssimative, carrures molto irregolari, motivi ripetuti da una battuta all’altra ai punti di appoggio sfalsati: tanti elementi che attestano uno spirito francese molto libero del XVII secolo. Il suo stile non assomiglia tuttavia a quello più unito di Charpentier, testimoniando un rinnovamento dei modelli e una certa carenza nella formazione italiana. Eppure si è appropriato i codici e soprattutto l’uso retorico del cromatismo che irradia la sua opera come in quella degli italiani. Il cromatismo ascendente in Brossard viene in generale troncato – forse a volte per le tonalità dalle armature caricate che porrebbero problemi di tempramenti. Nell’esempio 12, illustra il carattere schiacciante della parola « oppressos ». Vi produce delle concatenazioni V/I in re, poi in sol, la, si, re, per finire in mi minore. Ciò facendo, comincia coll’aggiungere delle diesi e col tendere così la musica per illustrare la passione su « oppressos » prima di toglierne nella ripetizione della stessa parola per finire su un tono più debole di quello di partenza. Inoltre, tronca la linea melodica del basso evitando il mi# che porta all’emprunt in fa#. La sua progressione per toni non va fino in fondo al suo primo intento e risulta così abbastanza debole. Non c’è dunque in Brossard nessun approccio sistemico nell’uso di un metodo che qui richiede però una certa meccanica.

Esempio 12: Ibid, p. 56.

Esempio 12: Ibid, p. 56.

Le realizzazioni di queste progressioni sono di cnseguenza stranamente artigianali, evitando i toni attesi e producendo delle concatenazioni meno meccaniche e quindi meno efficaci e meno dimostrative.

*

Così, per la sua insaziabile ricerca di copie di opere musicali e teoriche passate o contemporanee senza pregiudicare delle loro provenienze, Sébastien de Brossard si costruisce già nel 1695 una passione eclettica che annuncia il XVIII secolo. Ma in quest’opera, il misculio dei generi profani e religiosi, dei gusti francesi e italiani, e la disposizione libera di questi elementi testimoniano di un gusto molto seicentesco per una forma di libertà che si rifiuta ad ogni approccio sistemico. Stendendo quindi il proprio catalogo nel 1724 – con molto metodo e rigore –, spiega che Il Santo Alessio Drama musicale di Landi (1634) è probabilmente « la prima opera Pia » e costituisce quindi uno dei tesori del proprio gabinetto di curiosità.

È solo un brano tra quelli più notevoli, trovato da me in questo libro prestatomi alcuni anni fa da Me de Barvadas, suora molto degna della famosa abbazia di Joüarre, ma benché sia solo un brano, non è il pezzo meno curioso del mio Gabinetto, perché vi si vedrà

1° che è forse la prima opera Pia mai cantata e rappresentata a Roma. […]

6° che si può vedere infine che si cominciava sin da quel tempo a svincolarsi e a mettere il (basso continuo) al di sopra delle regole troppo esatte e [stupide ?] dell’antico contrappunto, che rendono in realtà la musica più regolare sulla carta, ma spesso poco piacevole all’orecchio. Ecco quello che dice l’autore di quell’opera nella propria lingua madre per scusare e anche difendere alcune irregolarità lasciate perfino di proposito per quest’opera31.

Non è lui quindi nel 1695 il compositore di una curiosità voluta inserita in questo famoso gabinetto? Probabilmente grazie a quest’assenza di formazione si definisce egli stesso « curioso » e raccoglie così tante fonti musicali che costituiscono oggi un fondo fondamentale per conoscere i compositori e i teorici fino al XVIII secolo. La sua musica, nell’eredità del XVII secolo francese, si oppone alla sistematicità richiamata dalla modernità italiana. È quindi un formidabile laboratorio del riappropriarsi francese di quel rinnovo virtuoso profuso dall’Italia. A cavallo tra due secoli, lo stile di Brossard è quello di un compositore del XVII secolo amante di colori e sorprese che gioca con elementi musicali moderni che richiamano una certa meccanica e un senso della forma propri del XVIII secolo.

Note de fin

1 Jean Lionnet, « Les choix italiens de Sébastien de Brossard », in Jean Duron, Sébastien de Brossard musicien, Langres, Klincksieck, 1996, p. 21: « […] la mise en musique d’un texte italien incite les compositeurs français à écrire à la manière italienne ; les cantates de Montéclair donnent un bon exemple de ce phénomène ».

2 Proponiamo in quest’articolo traduzioni personali di tutte le citazioni tratte da opere francesi.

3 Élévations et motets à voix seule avec la basse continue Par M. Seb. de Brossard Prestre, Prebendé Deputé du grand chœur, & Maistre de Chapelle de l’Eglise Cathedrale de Strasbourg, Paris, Christophe Ballard, 1695 [n.p.]: « […] pour rendre l’usage de ces Motets plus universel ».

4 « […] Stabilito a Parigi nel 1678, viene nominato vicario presso il duomo di Strasburgo e maestro di Cappella nel 1687. Crea un’accademia di musica dove propone opere profane e raccoglie a Strasburgo il più della sua libreria musicale ». Yolande Brossard (de), « Brossard, Sébastien de », in Marcelle Benoît, Dictionnaire de la musique en France aux XVIIe et XVIIIe siècles, Paris, Fayard, 1992, p. 92.

5 Élévations et motets, op. cit., [n.p.]: « […] il espère que le public luy sçaura bon gré de s’estre donné le premier le soin de faire cette explication, ayant remarqué avec joye pendant son séjour à Paris qu’on commence à prendre plus de goust que jamais à la Musique Italienne. ».

6 La scuola polifonica franco-fiamminga – Notre-Dame de Paris ne è uno dei grandi poli del XIII secolo – diffonde il mottetto in Europa. La parola « mottetto » proviene dalla voce latna « motetus », che si riferiva al testo della composizione, anche se sin da quell’epoca, a poco a poco, la musica l’ha recuperata.

7 Patricia Ranum, « À la recherche de son avenir : Sébastien de Brossard à Paris, 1678-1687 », in Jean Duron, Sébastien de Brossard musicien, Langres, Klincksieck, 1996, p. 284: « […] Nel decennio trascorso a Parigi, l’indole di Brossard si trasforma in maniera sorprendente. Al suo arrivo (nel 1678 egli ha 23 anni), come dice lui, possedeva « […] solo una tintura molto leggera dei primi principi della musica […]. Nulla suggerisce che, da adolescente, Sébastien collezionasse già libri rari; ma quindici anni dopo, diventerà, secondo quanto confessa, “curioso” […]. Palesemente, il decennio trascorso da Sébastien de Brossard a Parigi assomiglia al periodo che trascorre un bruco nel bozzolo: come quest’animale comune che diventa una farfalla, il giovane musicista dilettante, vestito da una modesta e piccola tonaca nera si trasforma in maestro di Cappella, in una persona curiosa, e cosmopolita. ».

8 « Avertissement » di Ballard, in Élévations et motets, op. cit., [n.p.]: l’« Autheur des Elevations ou Motets de cét essay, est si connu dans Paris & dans les pays étrangers » [que son recueil doit être] « […] bien receu du Public et agreable à tous les bons Connoisseurs. ».

9 Jean-Laurent Lecerf de la Viéville (de), Comparaison de la musique italienne et de la musique françoise, Bruxelles, Foppens, 1706, III, p. 160.

10 Ibid, III, p. 133: « […] Si Mr de Brossard s’étoit moins rempli d’érudition Italienne, il en auroit été plus coulant & plus suivi, il n’auroit pas changé de mouvement à chaque Verset de son Ave vivens Hostia, il n’auroit pas fait des Amen & des Alleluia, dignes du sifflet ».

11 Ibid, III, p. 123: « […] Mr Brossard, par exemple, néglige l’Ecriture, pour briller par des paroles qui paroissent purement de lui. De ses huit Motets, le dernier seulement est sur le Psaume, Quemadmodum desiderat cervus, &c. & le quatriéme sur l’Hymne de l’Assomption de Santeüil, O vos aetherei, &c. il a tiré de son propre fond les paroles des six autres. Ce que je dois à son érudition & à la patrie, ne m’empêchera point de l’en reprendre. Quelle rapsodie est-ce que les strophes de son Motet à voix seule Ave vivens Hostia, qu’il a mis en habile homme à la tête de son Livre, afin que le commencement fît goûter la suite, & dans lequel il y a sans doute des choses excellentes ? n’est-il pas joli de voir Mr Brossard conter fleurettes à la sainte Hostie, si j’ose ainsi m’exprimer, par de petits vers rimez & semez de pointes & de gentillesses ? & quel latin, quel langage ! Scrinium dulcoris, dit-il au saint Sacrement. Ecrin, petit coffre de douceur. Voilà assurément du langage & du latin d’Italie. Je suis sûr qu’il ne trouvera pas dulcor dans Ciceron : je l’ai cherché dans la Concordance de la Bible, & j’ai vu qu’il n’est qu’en un seul endroit de l’Ecclesiastique Mr Brossard, que rien ne contraignoit, pouvoit faire grace de ce mot là à des oreilles délicates. Il est heureux de s’être attaché, comme il a fait, à étudier les Ouvrages Italiens ».

12 Sébastien Brossard (de), Élévations et motets à voix seule avec la basse continue […], Paris, Ballard, 1695, p. VI: « [l’aria] veut dire Air ou Chanson, c’est-à-dire un chant qui se doit chanter avec un mouvement juste & bien marqué, surtout au commencement de chaque mesure, & cela presque toujours un peu viste & gayement ».

13 Ibid, p. 56.

14 Brossard indica qualche aria dell’Orfeo di Rossi nel proprio catalogo, ma senza individuarne l’opera.

15 Henry Prunières, L’opéra italien en France avant Lulli, Paris, Champion, 1975, p. 122: « […] Luigi emploie plusieurs sortes d’airs. Il fait grand usage de l’aria da capo (Par exemple l’air d’Euridice : Quando un core inamorato publié par Goldschmidt, op. cit., I, 298.) et de la canzone à refrain dont on trouve d’ailleurs de nombreux exemples dans ses compositions de musique de chambre (Cfr. Wotquenne, Étude bibliographique sur Luigi Rossi, Bruxelles, 1909) […]. Il se sert de l’air en deux parties (en forme de cavatine) coupé par un bref épisode instrumental […] et de l’air strophique, où le retour d’une belle phrase musicale partage le récitatif en périodes égales […] ».

16 Le ariette di Lully sono il più delle volte strutturate AB o AAB o AABB senza nessun da capo.

17 Sébastien Brossard (de), « Sitivit anima mea ad Deum », op. cit., p. 64.

18 Sébastien Brossard (de), op. cit., p. 52.

19 Jean La Bruyère (de), Les caractères ou mœurs de ce siècle, Paris, Michalet, 1688, p. 326: « Les belles choses le sont moins hors de leur place : les bienseances mettent la perfection, & la raison les bienseances. Ainsi l’on n’entend point une gigue à la Chapelle, ny dans un Sermon des tons de theatre : l’on ne voit point d’images profanes dans les Temples ; ny à des personnes consacrées à l’Eglise le train & l’équipage d’un cavalier ».

20 Sébastien Brossard (de), op. cit., p. V.: « La seconde remarque est touchant les Alleluya, ou Amen qu’on verra icy à la fin de six de ces Motets. On les trouvera peut-êstre trop longs, trop difficiles à chanter […] ».

21 Si veda soprattutto Ibid, p. 17-18.

22 Bossuyt Ignace, De Guillaume Dufay à Roland de Lassus, les très riches heures de la polyphonie franco-flamande, Paris, Cerf, 1996, p. 87: « […] La scuola di Notre-Dame de Paris (verso il 1200), rappresentata da Leonino e Perotino, ha tirato l’arte della polifonia fuori dall’emarginazione nella quale sonnecchiava sin dalla fin del IX secolo […] ».

23 Il ritmo armonico a tempi della prima battuta è stranamente rotto. Il ritmo dovrebbe tra l’altro chiudersi sul quarto tempo della seconda battuta. La progressione diventa così meno efficace.

24 Intendiamo qui con « carrure » la parte di una frase musicale, una concatenazione armonica coerente chiusa da un movimento ritmico.

25 Sébastien Brossard (de), op. cit., p. 54-55.

26 Brossard apprezza molto Carissimi nel proprio catalogo: « […] questi cinque trio sono eccellenti e benché sono circa 80 anni (nel 1725) che sono tra le mani dei curiosi e dei dilettanti della musica Latina; fanno tutt’ora tutti i giorni le delizie dei concerti. » (Sébastien Brossard (de), « Catalogue Des livres de musique theorique et Prattique, vocalle et instrumentalles, tant imprimée que manuscripte, qui sont dans le cabinet du Sr Sebastien de Brossard chanoine de Meaux, et dont il supplie tres humblement sa majesté d’accepter le Don pour être mis et conservez dans sa Bibliotheque. », ms. Brossard [F-Pn (mus) : Vm8 20 ], Versailles, 1724, p. 334.)

27 « […] Egli [Corelli] non ha par nulla, infatti, la destrezza alquanto ciarlatanesca di un Westhoff, di un Baltzar o di un Walther: viene però ritenuto, già da vivo, il primo dei violinisti, e tutti quanti, italiani e francesi, lo prendono come modello. Il motivo è chiaro. La tecnica di Corelli non è fatta per stupire; niente doppie corde complicate, niente fuori manico oltre la terza posizione. » Marc Pincherle, « La technique du violon chez les premiers sonatistes français (1695-1723). », S.I.M., 8/1911, p. 5. 

28 Ibid, p. 1: « […] Si ritiene di solito François Duval, il cui Io Libro viene pubblicato nel 1704, il primo autore francese di sonate; vi è forse qualche ingiustizia nel trascurare così con parzialità le sonate manoscritte di Mademoiselle de Laguerre e di Sébastien de Brossard, del 1695, per non parlare della raccolta di Jean Fery Rebel, anche datate con il 1695, notificata di recente da M. Lionel de la Laurencie; e si sa d’altronde che « […] tutti i compositori di Parigi, soprattutto gli organisti avevano in quel tempo, per dirlo così, il furore di comporre sonate alla maniera Italiana. ».

29 La battuta viene indicata a 38 e realizzata a 68 secondo un probabile errore di Ballard.

30 Si veda Sébastien Brossard (de), op. cit., p. 64-65.

31 Sébastien Brossard (de), « Catalogue », op. cit., p. 344-45 : «Ce n’est icy qu’un extraict de ce que J’ay trouvé de plus remarquable dans ce livre, qui me fut presté il y a quelques annees par Me de Barvadas tres digne Religieuse de la celebre abbaye de Joüarre, mais quoyque ce ne soit qu’un extraict, ce n’est pas la piece la moins curieuse de mon Cabinet, car on y verra: 1° que c’est peut-estre le premier opera Pieux qui ait été chanté et representé dans Rome. […] 6° on peut voir enfin qu’on commençoit dez ce temp la a se dégager et la (basse continue) mettre au dessus des regles trop exactes et [fariboleuses ?] de l’ancien contrepoint, qui rendent a la verité la musique plus reguliere sur le papier, mais souvent peu agreable a l’oreille. Voicy ce qu’en dit l’auteur de cet opera dans sa langue naturelle pour excuser et même deffendre quelques irregularités qu’il a laissé et même affecté dans cet ouvrage ».

Illustrations

Citer cet article

Référence électronique

Yann Mahé, « La raccolta Élévations et motets à voix seule », Line@editoriale [En ligne], 9 | 2017, mis en ligne le 14 mars 2023, consulté le 28 mars 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/1177

Auteur

Yann Mahé

Il Laboratorio

maheyrouen@yahoo.fr

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Traducteur

Delphine Montoliu