Cenni introduttivi: il fantastico in Italia tra precedenti e traduzioni
Per comprendere la portata e il significato dei processi traduttivi che segnano il campo editoriale italiano nel secondo dopoguerra, bisogna accennare alla storia dell’immaginazione speculativa nella letteratura italiana. Si potrebbe partire se non dai viaggi fantastici nella Divina commedia e nell’Orlando furioso, da un’opera di allegoria satirica come gli swiftiani Viaggi di Enrico Wanton alle terre incognite australi, ed ai regni delle scimie e de’ cinocefali (1764) del veneziano di origine armena Zaccaria Seriman.1
All’alba della contemporaneità, una complessa serie di concause, tra cui un Ottocento letterario italiano in buona parte dominato dal problema dell’unità nazionale e l’egemonia di Manzoni nel romanticismo, frena la comparsa in italiano di una Shelley o di un Hawthorne, ma si possono citare precursori con patente di nobiltà letteraria e/o che godettero di una certa popolarità. La leopardiana Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi (1824) contiene ad esempio l’ipotesi, seppure amaramente satirica, di automati che sostituiscano l’imperfettibile uomo nel lavoro e nelle occupazioni sentimentali e intellettuali. Del 1897 è L’anno 3000: sogno del fisiologo e divulgatore Paolo Mantegazza, esempio italiano di una fantascienza laboratorio di nuove concettualizzazioni di uno spazio-tempo planetario globalizzato dalla tecnologia. Anche Emilio Salgari, accanto ai più noti romanzi di avventure per mare, pubblica, nel 1907, un romanzo di argomento futuristico come Le meraviglie del duemila, in cui il futuro è robidianamente trapuntato di straordinari ritrovati tecnologici.
Sullo scorcio del secolo e all’inizio del Novecento un’abbondante produzione – tra cui i romanzi di Enrico Novelli sotto lo pseudonimo di Yambo – presenta tra i suoi temi viaggi straordinari, fantasie futuristiche, trovate pseudoscientifiche. Qualche anno dopo, il futurismo produce diverse opere di anticipazione significative dal punto di vista della ricezione letteraria dell’innovazione tecnologica.2 Negli anni Trenta e Quaranta anche il fumetto contribuisce alla creazione di un immaginario fantascientifico in Italia sia tramite traduzioni che produzioni nostrane.3
Stante dunque una tradizione letteraria ed editoriale non sorda all’immaginazione fantastica e fantastico-scientifica, dal secondo dopoguerra le collane di fantascienza e fantastico italiane ospitano in larga maggioranza traduzioni dall’inglese (una maggioranza meno schiacciante col passare del tempo ma ancora oggi decisamente visibile).4 Per spiegare come mai questo accade, bisogna guardare a diversi ordini di ragioni e non tutti di natura letteraria. Conta certo uno sviluppo industriale successivo e più lento rispetto ad altri contesti, cui si somma il costo elevato della seconda guerra mondiale, la forte egemonia delle discipline umanistiche all’interno del sistema scolastico, e la scarsa diffusione di mentalità, cognizioni, conoscenze scientifiche tra il pubblico potenziale.5 L’attenzione piuttosto scarsa (quando non un pregiudizio di escapismo) riservata ai generi speculativi dalla critica accademica e dall’informazione letteraria non contribuisce inoltre alla visibilità e alla valorizzazione di filoni, autori, opere riconducibili all’arcipelago fantascientifico.
D’altronde lo spazio maggioritario delle traduzioni dall’inglese nelle pubblicazioni di genere non rappresenta una caratteristica esclusiva del contesto culturale italiano: proporzioni simili tra traduzioni dall’inglese e produzione autoctona si incontrano, tra anni Cinquanta e Settanta in quasi tutti gli altri paesi europei: Germania, Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Spagna, Portogallo, Grecia, Belgio; mentre fanno eccezione, per motivi diversi, Francia e Russia.6 L’egemonia della fantascienza americana a partire dagli anni Quaranta va ricollegata dunque allo iato aperto dalla guerra nelle produzioni nazionali europee, ma anche alla più ampia egemonia culturale degli Stati Uniti nel secondo dopoguerra, a sua volta incomprensibile se non alla luce dell’eccezionale centralità economico-politica degli U.S.A. nel nuovo assetto mondiale.7
La situazione italiana si comprende insomma solo se inserita in dinamiche che vanno oltre i suoi confini nazionali e/o linguisitici. Nondimeno la fantascienza compie in Italia un suo percorso particolare: i modelli stranieri massicciamente introdotti con le traduzioni dall’inglese vengono rapidamente assimilati e fatti reagire a contatto con la tradizione nazionale, le potenzialità proprie della lingua italiana, la sensibilità degli autori. La prevalenza delle traduzioni ha conseguenze anche nella frequente adozione di pseudonimi stranieri da parte di autrici e autori italiani, nonché nel fenomeno delle pseudotraduzioni – romanzi italiani pubblicati non solo sotto pseudonimo ma anche con indicazione di un finto titolo originale, e di un traduttore fittizio.
Soprattutto nei decenni Cinquanta e Sessanta l’egemonia delle traduzioni dall’inglese resta ad ogni modo schiacciante. Si tratta di traduzioni che, nelle serie da edicola più popolari, adattano fortemente i testi al mercato target (d’arrivo): romanzi che sui mercati anglofoni si rivolgono a un pubblico adulto vengono rimaneggiati per essere proposti a un pubblico di ragazzi o (creduto) poco preparato culturalmente. Le serie italiane accentuano fortemente i caratteri di puro intrattenimento, manipolando le opere in maniera disinvolta tramite l’adattamento degli elementi paratestuali (titoli, quarte di copertina, illustrazioni) ma anche quello dei testi, che vede tagli, semplificazioni, riassunti colpire gli elementi tecno-scientifici, i monologhi interiori, le descrizioni e tutte le parti vagamente “osé”.8
Non a caso serie come Galassia e le collane librarie della Nord negli anni Sessanta-Settanta si rivolgeranno a un pubblico adulto, più colto, più preparato, reclamizzando – sulle copertine e nei frontespizi – proprio il fatto di proporre traduzioni integrali.
Copertina di Frank Herbert, Dune (Dune, 1965), Milano, Nord, « Cosmo. Classici della fantascienza ». L’illustrazione in sovraccoperta non è accreditata (si tratta però di un dettaglio dell’illustrazione realizzata da John Schoenherr per l’edizione Ace Books del 1967). Il bollino rosso in alto a destra reclamizza l’edizione integrale.
Riccardo Valla e la casa editrice Nord
Sin dalla nascita nel 1970 la Nord si distingue per una proposta fortemente contrassegnata in senso di genere (fantascientifico, a cui si aggiungono fantastico e fantasy), associata a una veste rilegata e a una distribuzione in libreria, che rappresentano un profondo rinnovamento rispetto alla fantascienza venduta in edicola con formule a metà tra collane di romanzi e riviste, che hanno segnato gli anni Cinquanta e Sessanta. La Nord esordisce con il primo volume della collana « Cosmo. Collana di fantascienza », in veste cartonata con una sovracoperta riconoscibile per la gabbia argentata che racchiude un’illustrazione a colori.9
Per dare avvio alle attività della Casa, Viviani si rivolge all’Agenzia Letteraria Internazionale (ALI) di Erich Linder10 per approvvigionarsi di titoli, e chiede la consulenza di Renato Prinzhofer, già suo collega e traduttore alla Mursia, che seleziona i primi romanzi. Ma la fantascienza, con il suo insieme di convenzioni, modelli, genealogie di tropi, rende « necessaria la consulenza di un esperto che conosc[a] a fondo il settore ».11 Riccardo Valla (Torino, 1942-2013) è questo esperto: già collaboratore della Boringhieri a Torino, autore di una pubblicazione amatoriale come Sevagram, che propone in Italia riflessioni e racconti di J.G. Ballard e fine conoscitore del campo fantascientifico anglofono, è in grado non solo di orientarsi, ma anche di navigare in acque inusitate per l’editoria italiana, relazionandosi direttamente con autori e agenzie di lingua inglese.
Lungo il decennio Settanta Valla tiene, a nome di Nord, contatti diretti con diverse agenzie ed editori del mondo anglofono, tra cui la E. J. Carnell Literary Agency di Londra, con cui tratta nel 1973 More than Human di Theodore Sturgeon (1953), che esce in « Cosmo. Classici della Fantascienza » nel 1974 col titolo Nascita del superuomo (ri-tradotto da Valla dopo la prima traduzione italiana di Bruna del Bianco uscita in Urania nel 1954) e, sempre nel 1973, Wolfbane di Pohl & Kornbluth (anche questo uscito in Cosmo, nel 1975, in una nuova traduzione di Valla dopo quella non accreditata edita a puntate da La Tribuna su Galaxy nel 1957).12 I due titoli sono significativi del programma editoriale che sta facendo della collana Cosmo una biblioteca di buona narrativa fantascientifica, proposti (o ri-proposti) in una veste libraria più nobile e duratura rispetto alle prime edizioni italiane uscite su riviste o collane economiche di altre sigle e, soprattutto, con nuove traduzioni e apparati critico-bibliografici che ne rappresentano una inedita valorizzazione.
La collana argentata (233 titoli all’attivo nel 2003), viene affiancata nel 1970 dalla gemella di colore dorato « Cosmo. Classici di fantascienza » (« Cosmo oro » da qui in avanti), nel 2003 chiusa dopo 207 uscite, quindi da « Arcano. Magia fantasia orrore » (10 titoli tra 1971 e 1974), « Fantacollana » dedicata alla fantasy nel 1973 (208 volumi fino al 2008), « SF. Narrativa di anticipazione », nata nel 1973 (46 titoli fino al 1984, inaugurata da Solaris di Stanislaw Lem tradotto da Eva Bolzoni) e altre.
« Arcano », che come indica il sottotitolo, presenta “opere prevalentemente di magia e orrore, non tralasciando però di esplorare anche il campo della fantasy”, proprio in virtù della predilezione mostrata dai lettori per quest’ultimo filone. Dopo poche uscite confluirà in « Fantacollana », da cui viene di fatto soppiantata,13 come attesta anche il dirottamento in quest’ultima di titoli e ristampe già previsti in « Arcano » senza soluzione di continuità contrattuale. È questo il caso di The Tritonian Ring (1951) e The Clocks of Iraz (1971) di de Camp (New York, 1907-2000), acquistati rispettivamente nel 1972 e nel 1973 per « Arcano », le cui traduzioni escono e vengono ristampate in « Fantacollana ».14
« Fantacollana » è contrassegnata dalle sognanti sovraccoperte a illustrazione piena (disegnate soprattutto da Karel Thole, ma anche da Giuseppe Festino, Frank Frazetta, Chris Foss e altri), ed è dedicata a romanzi che pongo “prevalentemente l’accento sulle scienze dell’uomo”, archeologia, psicologia, “usi e costumi di civiltà diverse dalla nostra: questa collana costituisce un catalogo di mondi possibili e ‘diversi’ che ci permettono di verificare attraverso una lente deformante le fondamentali convinzioni della nostra società”.15 La proposta di un contenitore editoriale dedicato alla fantasy e ai suoi sottogeneri sul mercato italiano precede di circa un decennio le principali esperienze di altri editori: la valorizzazione di un fantastico italiano da parte di Solfanelli e nuove collane fantasy e horror di altre sigle caratterizzeranno gli anni Ottanta.
Le serie Nord di punta – « Cosmo oro », « Cosmo argento » e « Fantacollana » – sono caratterizzate nel decennio Settanta da prime tirature medie attorno alle 5.000 copie, comprese tra le più caute 3.000 copie in cui vengono proposti i primi titoli fantasy e i titoli di « SF. Narrativa di anticipazione » (ad esempio romanzi di de Camp e Ursula K. Le Guin), alle 6.000 con cui vengono lanciati autori di sicuro richiamo proposti in « Cosmo oro » (Campbell).16
Dopo alcuni anni le prime edizioni possono essere seguite da ristampe normalmente attorno alle 3.000 copie.17 Il passaggio dall’edicola alla libreria si rivela fondamentale: la gran parte delle prime tirature viene venduta a ridosso dell’uscita, ma il ciclo di vita dei titoli si allunga, la possibilità di una circolazione prolungata e di una coda lunga di vendite fa sì che le giacenze si esauriscano nel giro di alcuni anni. Nel 1982 in una lista di titoli che non hanno registrato movimento inviata all’ALI, su 43, 31 sono esauriti.18
Per « Arcano », Nord propone un trattamento tipografico ed economico in tutto simile a quello di « Cosmo »: circa 5.000 copie di prima tiratura, rilegatura cartonata, con un anticipo di 125.000 lire (200 dollari americani) e royalties al 5 o 5,5% (2,10 dollari) del prezzo di copertina, che si aggira tra le 1.000 e le 1.500 lire.19 Condizioni analoghe sono testimoniate da contratti e rendiconti lungo il decennio, le royalties possono arrivare al 6% del prezzo di copertina sulle prime migliaia e salire per le copie successive.20
Tramite la direzione di queste ed altre collane – talvolta accreditata ufficialmente nelle gerenze, talvolta esercitata de facto nel quadro della generale attività di consulenza – Valla è uno dei principali artefici del passaggio della fantascienza dalle edicole alle librerie (dove negli anni Cinquanta-Sessanta erano arrivate solo poche antologie) e di una proposta dei generi speculativi con una nuova dignità editoriale e critico-letteraria.
Un allontanamento da Nord avviene verso l’inizio del 1978.21 Valla si concentra da qui in poi principalmente sull’attività di traduzione che continuerà, a contratto, soprattutto per altre case: intensa e regolare soprattutto per Mondadori; sin dalla fondazione nel 1987 ma con particolare frequenza soprattutto nei secondi anni Novanta per TEA.22 Saltuarie ma nel complesso significative sono anche altre collaborazioni per traduzioni all’interno di collane specializzate o di singoli titoli, da Rizzoli alla raffinata InternoGiallo, da Sperling & Kupfer, a Longanesi e Salani. Le traduzioni di Valla offrono così uno spaccato della presenza di fantastico e fantascienza presso la grande e piccola editoria degli anni tra Ottanta e Duemiladieci.
Copertina di Norman Spinrad, La civiltà dei solari (The Solarians, 1966), Milano, Nord, « Cosmo. Collana di fantascienza », 1970. Illustrazione non accreditata. Il volume inaugura la collana argentata.
« Well, it’s amusing to translate Heroic Fantasy! »
All’inizio del decennio Settanta nasce una corrispondenza con Lyon Sprague de Camp che si protrarrà, fitta, per alcuni anni. De Camp è un autore qualificante nei primi anni di attività della Nord, uno dei primi della cui acquisizione Valla si interessa,23 e che gli è probabilmente personalmente caro. Valla ne sceglie infatti un romanzo per inaugurare la collana « Arcano » (The Goblin Tower), seleziona i titoli successivi e si occupa direttamente di alcune delle prime traduzioni pubblicate. De Camp è anche tra i primissimi autori ad essere proposti in « Cosmo oro » e gli anni inaugurali della « Fantacollana » lo vedono ricorrere sia con opere proprie24 che con i romanzi scritti a quattro mani con Fletcher Pratt25 e le collaborazioni (postume) con Robert E. Howard nella saga di Conan, ospitata con un primo titolo in « Arcano »,26 quindi presenza ricorrente nella « Fantacollana », con più di un titolo all’anno tra 1972 e 1981.27
Quando Valla scrive per la prima volta personalmente all’autore americano nel marzo del 1972, lo fa in veste di curatore delle pubblicazioni Nord, e assieme di traduttore, aggiornandolo sulla presenza, già ampia, di sue opere nelle collane della casa milanese.28 The Goblin Tower è appena uscito, Lest Darkness Fall è in pubblicazione di lì a tre mesi e Valla sta preparando l’introduzione, lavorerà subito dopo alla traduzione di The Tritonian Ring, e ha già in mente di inserire nei programmi della casa The Incomplete Enchanter.
Valla sta inoltre riflettendo, all’inizio del 1972, sulle possibili strategie per proporre la saga di Conan ai lettori italiani: se per amor di completezza la scelta più naturale sarebbe riprendere la versione proposta sul mercato statunitense da Lancer Books – dodici volumi usciti tra 1966 e 1973 con copertine di Frank Frazetta e John Duillo – il consulente teme che la lunghezza della serie non si adatti al mercato italiano, che ha già dimostrato scarsa affezione per altre iniziative simili: « we don’t very much trust on the readers’ reactions to long series of books (an Italian publisher is issuing the Tarzan series in order,29 but readers are growing annoyed after only four titles) ». Sembra più verosimile – e sarà infatti la scelta dell’editore – che la pubblicazione del primo volume, licenziato nel 1972, sia seguita da una selezione di titoli, magari raccolti in forma antologica.
De Camp consiglia di scegliere, per il secondo titolo, tra Conan the Buccaneer, Conan the Adventurer o Conan the Usurper,30 il consiglio viene seguito: Conan l’avventuriero è il secondo volume della saga a comparire, nel 1974, Conan il bucaniere e Conan l’usurpatore escono nella « Fantacollana » rispettivamente nel 1981 e nel 1977.
È in vista della promozione della saga di Conan, e sempre a nome della casa editrice milanese, che Valla chiede a de Camp la possibilità di usare il suo articolo « Skald in the Post Oaks »31 in una brochure promozionale, e magari negli apparati di qualche futuro volume.32 L’articolo è uscito su quella Fantastic curata da Ted White in cui Valla ha notato anche i pezzi critici dei Panshin, traendo forse da qui l’idea di una silloge italiana che proporrà agli autori di lì a qualche anno.
Quando de Camp riceve il pagamento di 30 dollari per l’uso dell’articolo, si accorge che la causale indicata è sbagliata (il pagamento risulta riferito ai diritti del romanzo Abisso del passato): l’autore scrive – in italiano – a Viviani e a Valla in copia per avvertire della necessaria correzione.33 E Valla risponde, ironico e rassicurante: « it’s clearly uno sbaglio di titoli... we aren’t supposed to pay so low a figure for a novel! ».34
La lingua italiana è tra quelle che l’autore studia, all’interno di un più ampio interesse per linguaggi e lingue antiche, moderne e artificiali, con un talento forse ereditato dal nonno materno.35 Un paio di giorni di passaggio a Napoli sono sufficienti a rispolverare l’italiano un po’ arrugginito dello scrittore nell’aprile del 197336 e la corrispondenza comprenderà da allora qualche lettera e biglietto scritti in italiano.37
I progetti proseguono e si moltiplicano: « After Tritonian Ring we can publish a second Conan book, maybe Conan the Adventurer. Are you planning any new Jorian stories? ».38 Di altri romanzi Valla chiede e riceve copie in lettura: Solomon’s Stone; e Undesired Princess nel 1972, di cui l’agente non ha più copie,39 The Tower of Iron nel 1973.40 Quando de Camp raccomanda di trattare le copie con particolare riguardo, perché sono le uniche che possiede e sarebbe difficile rimpiazzarle se andassero perse,41 Valla offre di sdebitarsi omaggiando l’autore di una prima edizione italiana di Genius Homo.42
Il consulente tiene l’autore aggiornato sulla programmazione, e gli chiede pareri e contributi nell’allestimento dei volumi italiani: una prefazione originale per The Tower of Iron, un’opinione sull’idea di pubblicare il romanzo in un unico volume insieme a The Incomplete Enchanter seguito da Wall of Serpents in un volume a sé.43 Valla spiega come fossero stati in origine previsti tre volumi autonomi, ma come i programmi editoriali del 1973 siano stati scombinati da uno sciopero degli stampatori:
Yesterday I went to Milano for a meeting with the publisher of the Nord books […] As it seems, the project of publishing as a single volume two books that contain three items has raised some puzzelment at Agenzia Letteraria Internazionale, nor my publisher had a clear idea of which novelletes were intended for publication. I explained him the hole matter: it’s my fault not to have explained him the matter before. Things are as such: a firs idea was to publish The Incomplete Enchanter, than The Castle of Iron and later The Wall of Serpents as three separate books. Then, when we lost some months if publication owing to a strike of Italian printers, the projected date of publication was re-scheduled […] it seemed appropriate to have publish TIE [The Incomplete Enchanter] and TCOI [The Castle of Iron] as a single book. The Wall of Serpents could follow […].44
De Camp fa notare che due volumi sarebbero sbilanciati nella mole45, e l’idea viene infatti scartata: i tre romanzi vengono infine raccolti in un unico, ampio volume, ideale per l’arrivo in libreria sotto natale.46
Accanto al curatore delle collane Nord, il traduttore parla nelle lettere. Anticipando il lavoro su The Tritonian Ring, nel 1972 Valla domanda a de Camp: « may I contact you if any translation difficulty should arise? (Well, it’s amusing to translate Heroic Fantasy!) ».47
Nel giro di qualche mese segue un aggiornamento: « Tritonian Ring is under translation. I write a first draft, then G. L. Staffilano edits it, like we did for Goblin Tower and Conan the Conqueror ».48 Quindi manda copia carbone della traduzione prima della stampa, sollecitando l’attenzione dell’autore su qualche punto di particolare difficoltà: allitterazioni in brani poetici, resa dei nomi propri.
I had a bad time in translating the poetry and not always succeeded in finding Italian words that would alliterate. One poem, in which Vakar says « the helpless helpmate », was puzzling and I took the liberty of translating « D’ira nell’impeto/La mazza rigida/Cala sul cervice/Del servo stolido », altho I figure that « helpmate » could mean both his servant and his mistress. In the rendering of the personal nouns I followed their pronunciation in a few cases.49
Per romanzi già usciti in prime edizioni italiane dalla traduzione condensata, le vecchie versioni possono essere tenute come base di un paziente lavoro di collazione che, riga per riga, reintegri le parti tagliate:
For our edition of the TIE+TCOI [The Incomplete Enchanter + The Castle of Iron] we’ll be using that old translation of Ponzoni: I’ll take two copies of the old edition, past each page on a sheet of paper and edit it line by line to the English original. I intended to do the same work on Lest Darkness Fall, but later the copy editing was turned on to my co-editor [Prinzhofer] and I lost control of the book: I just translated the Moskowitz item and mailed it to the publisher. The book was badly proofread and it is full of typos (The Roaring Trumpet became La tomba instead than La tromba...). Since then, I’m pressing the publisher to send me the page proofs of our books...50
Il curatore e traduttore opera sempre con un piede in casa editrice ma l’altro nel proprio studio privato: solo personalmente si fa garante di un lavoro di qualità.
Piuttosto che collazionare può essere più semplice ri-tradurre tutto ex novo: « ho controllato un po’ di pagine della vecchia traduzione dell’Editore Ponzoni e ho deciso di rifarla completamente, perché è piena di piccole sviste ».51 E certamente un lavoro di qualità è motivo di orgoglio professionale: « I don’t know what an Author thinks about the clippings that are currently done by Italian publishers, but my translations and my editings are done in a sentence-to-sentence basis », come intende fare anche per il ciclo di Harold Shea. « In the ‘Cosmo Ponzoni’ translation, the translator used a bold Italian song to translate the Ballad of Eskimo Nell. Well, this was amusing, but maybe it is rather sophomoric, and I’d like to know your opinion ».52 L’autore, le cui risposte sono sempre gentili e asciutte, è divertito dall’aneddoto della ballata e si affida al giudizio del traduttore per la nuova versione.53
Copertina di Lyon Sprague de Camp e Fletcher Pratt, Il castello d’acciaio (The Incomplete Enchanter, 1941; The Castle of Iron, 1950; The Wall of Serpents, 1953), Milano, Nord, 1974, « Fantacollana ». Illustrazione di Karel Thole.
Cenni conclusivi
Il lavoro editoriale di Valla illumina un momento cruciale nella storia di come la fantascienza e il fantastico sono stati proposti e popolarizzati dalle case editrici italiane, grazie alle politiche nella selezione dei testi, ai discorsi di collana, ai complessi dispositivi che – collocandosi alle soglie del libro – presiedono alla formazione di un orizzonte d’attesa e alla ricezione delle opere. Di questa storia complessiva, l’operato del consulente ed editore fotografa il passaggio fondamentale dall’edicola alla libreria, dalla proposta di una fantascienza come genere di facile consumo e dalla prevalenza di logiche seriali ed economiche, alla riconfigurazione della letteratura speculativa come oggetto di una nuova attenzione critica e letteraria, recepita anche nei suoi caratteri artistico-autoriali e in tutta la sua carica di messa in discussione della datità del reale e del consueto.
Uno studio delle corrispondenze del letterato torinese con autori come De Camp, e del suo approccio al lavoro traduttivo schiude le porte di un laboratorio particolare. Le passioni e gli eclettici interessi personali proiettano il discorso culturale di Valla oltre le mere funzioni professionali, spingendolo ad allacciare dialoghi epistolari con gli autori più amati, a discutere con loro la resa in lingua italiana di loci particolari, aspetti di semantica e di stile, intertesti e ispirazioni che hanno informato la scrittura, aspetti del mercato e della circolazione delle opere tradotte.
Il contributo di Valla in termini di un forte impulso all’accettazione dei generi fantastici come oggetto di attenzione critica e all’aggiornamento e alla sprovincializzazione degli strumenti con cui tale attenzione critica lavora motiva oggi l’interesse per la sua biografia intellettuale. Il suo lavoro di traduttore e le sue corrispondenze permettono di affrontare la storia culturale dei generi fantastici da una moltitudine di angolazioni, contribuendo a una migliore comprensione delle modalità con cui le idee e le forme dell’immaginario circolano a cavallo di confini linguistici e geografici.