Il Gruppo di ricerca multidisciplinare sui libri antichi (XV-XVIII sec.), fondato nel 2004, ha organizzato il 2 dicembre 2005 una prima giornata di studi su alcuni libri dei XV e XVI secoli, avente come tema « Il libro medievale e rinascimentale nelle collezioni dell’UQAM ». La giornata di studi è stata accompagnata da una mostra, « L’Umanesimo e gli editori francesi nel XVI secolo », che aveva l’onore di ospitare una ventina di edizioni parigine e lionesi, a cui ha fatto seguito nel 2006 la pubblicazione degli Atti della giornata e del Catalogo della mostra1.
Il presente volume, che si colloca quindi all’interno dell’ondata di queste prime ricerche, aveva come tema iniziale « Cinquecentine italiane e stampe veneziane nelle Collezioni dei Libri rari »2. Anche a tali studi è stata poi accostata una mostra, presso i Libri rari dell’Università del Québec a Montréal (28 aprile-14 giugno 2010), di cui si possono ammirare le illustrazioni e consultare le note nel Catalogo alla fine del volume.
È opportuno presentare in sintesi l’argomento degli otto articoli ed il loro interesse per settori quali la bibliografia, la storia, la cartografia, la letteratura e la spiritualità nel XVI secolo. I libri presi in esame evidenziano il ruolo principale dell’Italia come bacino sia del flusso delle idee della Rinascita, sia dell’arte e della tecnica della stampa umanista, le quali, di rimando, hanno favorito il diffondersi delle idee stesse. Essi sono quindi delle eloquenti testimonianze sugli stretti legami tra la letteratura e la cultura del mezzo espressivo in Italia ed in Francia, grazie ad una stimolante e fruttuosa translatio studii.
Per quanto riguarda le peregrinazioni di tali libri fino in America, e all’approdo nella Collezione dell’UQAM, una volta editi nelle stamperie non solo di Venezia, ma anche di Firenze, di Parigi, di Tournon, di Basilea e di Anversa, ogni volume prende la sua strada, per lo più tortuosa. Data appunto la loro diffusione su scala europea, ecco come, mentre avanzavano le ricerche del nostro Gruppo sui frutti della letteratura e della cultura dell’Italia rinascimentale, si è imposto l’attuale titolo della raccolta (nonostante la taglia modesta del campionamento dell’UQAM). Vi è oltretutto la testimonianza che portano a turno gli ex-libris manoscritti di Francia, Spagna e Svizzera, risalenti per lo più al XVIII-XIX sec. (salvo un esemplare del XVII sec.) e realizzati soprattutto da collezionisti privati. In seguito gli otto libri sono giunti, sotto forma di dono o di acquisto, alla biblioteca della Scuola Normale Jacques-Cartier e in quella del Collegio Sainte-Marie, secondo quanto attestano i timbri. L’anno 1969 segna una nuova tappa e alla catalogazione del luogo di provenienza si aggiungono altre segnature : è questo l’anno, infatti, in cui le due istituzioni lasciano in eredità numerosi libri all’Università del Québec, in occasione della sua fondazione. Si sottolinei che sette degli otto libri provengono dal Collegio gesuita Sainte-Marie, mentre invece il Pomponius Mela era catalogato presso la biblioteca della Scuola normale Jacques-Cartier, di cui il primo direttore fu l’esperto bibliofilo Hospice-Anthelme Verreau.
In occasione, quindi, della mostra di questi preziosi libri, abbiamo esposto anche il catalogo ragionato di Richard Virr e di Milada Vlach sulle edizioni aldine conservate all’Università McGill, con l’intento di segnalare i lavori di bibliografia testuale già esistenti sulle stampe degli editori umanisti italiani conservate a Montréal3. Per avere una visione completa delle collezioni di Montréal che conservano libri stampati in Italia durante il Rinascimento o di autori della Rinascita italiana (stampati in Francia o in altri paesi europei nel medesimo periodo, nella loro lingua d’origine o in traduzione), ci avviciniamo ad un primo spoglio di queste opere custodite in diverse biblioteche di Montréal. Si distinguono per le medesime caratteristiche, infatti, oltre ai libri delle Collezioni dell’UQAM e di McGill, alcuni volumi presenti nelle Collezioni dei Libri rari dell’Università di Montréal, dell’Università Concordia, della Biblioteca nazionale del Québec, nei fondi degli Archivi dei Gesuiti in Canada e della Biblioteca della Compagnia del Gesù, nelle biblioteche, infine, del Centro canadese d’architettura e del Museo Stewart.
Ne approfittiamo per ringraziare il comitato di lettura e di revisione, Michel Casevitz e Marie-Eve Laurin, per la collaborazione e l’attenta lettura; vogliamo poi ringraziare Manuel Nicolaon, che ci ha assistito nella preparazione delle liste delle opere legate al Rinascimento italiano, e Virginie Harvey del Centro Figura, per l’accurata impaginazione del testo. La nostra gratitudine va anche agli addetti alla conservazione dei libri delle biblioteche di Montréal, per il loro sollecito aiuto. Senza dimenticare poi il CRSH e il vice-direttore agli affari pubblici e alle relazioni nazionali e internazionali dell’UQAM, per il loro sostegno finanziario in vista della realizzazione di questa nostra pubblicazione. Siamo infine grati a Benoît Kelly, responsabile dei Libri rari all’UQAM, che ha autorizzato la riproduzione gratuita delle illustrazioni delle opere provenienti dalle collezioni dell’UQAM, degli articoli e delle note del Catalogo. La sua costante collaborazione ai lavori del nostro Gruppo ne ha facilitato la realizzazione.
Presentazione degli articoli
La storica Janick Auberger apre la strada con « Pomponius Mela nel 1482 : una Descrizione della Terra dieci anni prima della scoperta dell’America », un’approfondita analisi di vari aspetti dell’unico incunabolo veneziano che l’UQAM possiede (YG132).
In esso sono conservate due opere : La Cosmographi Geographia di Pomponius Mela in tre libri (I sec. d.C., in latino) e il De situ orbis di Dioniso il Periegeta (II sec. d.C.), tradotto dal greco, in esametri latini, da Prisciano il Grammatico (a Costantinopoli, tra il V e il VI sec. d.C.). Quest’incunabolo, datato 15 agosto 1482, fu pubblicato a Venezia da Erhardt Ratdolt ed è decorato da una mappa anonima ma di grande interesse, rappresentante il mondo conosciuto all’epoca. L’esame dell’esamplare veneziano mette in luce l’obiettivo che si ponevano questo tipo di pubblicazioni e fa parellalemente il punto sulle conoscenze storico-geografiche del XV sec. Si tratta, infatti, di una raccolta che si struttura in tre livelli : un’opera romana del I sec., seguita da un’opera greca del II sec. (tradotta in latino nel V sec.), l’insieme pubblicato poi nel 1482 con l’aggiunta di una mappa dell’epoca, anacronistica rispetto ai due testi che accompagna. Janick Auberger esplora l’opera fino alle edizioni successive del XVIII e del XIX sec. conservate all’UQAM, intessendo con noi una stimolante riflessione sulla cartografia e la mitologia antica.
Il medievalista Bruno Roy chiarisce un argomento delicato ne « La teologia morale come scienza esatta. Antonino il Fiorentino e gli inquinamenti notturni ».
Ci ricorda lo studioso che la Summa di sant’Antonino è considerata da generazioni di confessori la suprema autorità in materia di teologia morale. Bruno Roy valuta la posizione d’Antonino nel suo capitolo sull’« inquinamento notturno », cioè l’eiaculazione non controllata di liquido seminale, questione che era già stata studiata dai Padri della Chiesa, tra cui Agostino e Tommaso d’Aquino. Il principio esposto da Antonino il Fiorentino è il seguente : durante il sonno la volontà è sospesa e non sussiste quindi peccato. Ma se colui che dorme, prima di abbandonarsi al sonno, si è lasciato andare a pensieri erotici o ad un eccesso di cibo, è indirettamente responsabile e commette peccato. Tale posizione, che riprende il pensiero di Tommaso d’Aquino, sara precisata nel XVI sec. dal suo principale commentatore, il cardinal Caetani. Una lista degli esemplari testimoni della Summa di sant’Antonino nelle biblioteche del Québec, riportata nel Catalogo di questo volume, mostra il considerabile numero di edizioni, incunaboli e post-incunaboli, conservati in ben quattro biblioteche.
Il nostro contributo « Dall’evento storiografico all’evento letterario. La traduzione del 1556 del De rebus gestis Francorum di Paolo Emili » si affaccia su uno degli undici testimoni conosciuti della traduzione in francese (YDC75).
Ricordiamo che lo storico italiano Paolo Emili (Paulus Æmilius o Paul Émile) era stato invitato in Francia nel 1499 da Luigi XII per scriver la storia della monarchia francese dalle origini fino al suo tempo. I metodi da storiografo umanista che gli erano propri gli valsero il soprannome di « Tito Livio francese ». Nel 1556, Jean Regnart ne fece una traduzione intitolata I primi cinque libri della Storia francese, pubblicata da Michel Fezandat a Parigi. Questa traduzione merita particolare attenzione in particolare per le composizioni paratestuali poste a cornice dell’opera principale : un’ode di Étienne Jodelle e un’elegia di Jacques Tahureau (entrambe in francese), dei distici latini di Jean Dorat, seguiti da otto sestine in francese, ed una quartina in latino d’un poeta che si firma con lo pseudonimo di Callisto. Si aggiungono poi gli omaggi di due umanisti delle province, gli endecasillabi latini di Gérard Sepin e il sonetto in francese di Pierre Tredehan. Questi annessi distinguono la traduzione dall’originale latino e la inscrivono in quello stesso spirito della Difesa e illustrazione del 1549 di Du Bellay e nella corrente umanista della Pléiade. Un rapido sguardo alla riedizione e alla riproposizione di quest’opera presso l’editore F. Morel nel 1581 chiarisce il ruolo letterario, ma soprattutto fortemente politico, di tali componimenti di cornice e definisce le linee della sodalitas umanista.
Jean-François Cottier, latinista e medievalista, esamina « L’edizione di Anversa del 1576 delle opere complete di Battista Mantovano. Il caso del primo volume conservato all’UQAM » da una prospettiva di bibliografia testuale.
L’autore ricorda che le composizioni latine del carmelitano Giovanni Battista Spagnoli (1447-1516), anche conosciuto come Battista Mantovano, furono molto apprezzate, fin da subito, permeate com’erano di forte classicismo e d’ispirazione cristiana. Da allora le edizioni dei testi del Mantovano si moltiplicarono attraverso tutta l’Europa durante il XVI sec., sotto forma di libri ma anche di piccoli prontuari destinati all’insegnamento del latino e della poesia. Tra questi ultimi troviamo un’edizione di Anversa dell’opera omnia pubblicata presso Jean Bellère nel 1576 in quattro volumi in-ottavo, che resta ancora oggi la più completa4. Dell’edizione di Anversa l’Università del Québec a Montréal possiede il primo dei quattro volumi (Ioannes Bellerus, 1576 [YPA233 t.1]), il quale pone un interessante problema bibliografico, per i suoi legami con l’edizione pubblicata tre anni prima a Francoforte (1573) e per la coesistenza di due varianti editoriali. L’articolo di Jean-François Cottier tenta, in un primo momento, di ritracciare le fila della storia del volume, situandolo all’interno delle istanze politiche e religiose contemporanee, per poi studiare più nel dettaglio i rischi del suo destino. Questo studio illustre non si può più …. chiaramente il ruolo dei fattori esterni all’opera, nonostante essi abbiano il potere di determinare il successo o la disfatta commerciale dell’opera, anche quando, come nel caso di cui si occupa il nostro collega, sia stata redatta in un’epoca precedente alle guerre di religione.
Lucia Manea espone il suo articolo « Sotto il segno della varietas, la costruzione di una rete umanista. Le Variarum lectionum librii XXXVIII (Firenze, 1582) di Pietro Vettori » secondo parametri bibliografici e di storia letteraria.
Il meticoloso esame dell’esemplare delle Variarum lectionum libri XXXVIII (1582) del fiorentino Pietro Vettori (Pietrus Victorius, 1499-1585), fiore all’occhiello della Collezione dei Libri rari dell’Università del Québec a Montréal (YPA79), è l’occasione di descrivere quest’opera del Rinascimento italiano e di mostrarne la fortuna. La nuova edizione delle celebri variae lectiones riunisce e corregge le edizioni precedenti del 1554 (in XXV libri) e del 1569 (in XIII libri). Frutto di una vita dedicata all’insegnamento e alla filologia, le variae lectiones del Vettori s’inseriscono nella tradizione umanista e filologica dei commentari dedicati alle varianti e alle correzioni d’autori greci, fondamentali tra l’altro per la comprensione degli autori latini. La varietas – la variante e la varietà – rappresenta il principio estetico e organizzatore della materia delle trentotto lezioni, il tratto che ne contraddistingue i diversi elementi (l’etereogenità, la molteplicità, le corrispondenze intertestuali). Per Lucia Manea queste lezioni, che propongono delle riflessioni in costante evoluzione sui manoscritti antichi di cui Vettori immagina l’edizione scientifica, sarebbero un altrove del testo. Esse conservano le tracce delle lezioni del Vettori e degli scambi non solo con i suoi studenti, ma anche con i suoi assistenti, i suoi amici e collaboratori attraverso l’Europa, quella che fu una vera e propria rete umanista ed erudita. E, coerentemente, la varietas guinge a toccare il titolo dell’edizione finale.
In « Natale Conti e le Mythologiae, sive explicationum fabularum, libri decem (1583). L’ancoraggio al Medioevo di un’opera rinascimentale », Françoise Guichard-Tesson mette insieme le sue qualità di latinista e di medievalista per portare alla luce l’imponente sostrato medievale di un’opera pedagogica pubblicata in pieno Rinascimento.
La presenza all’UQAM di un esemplare delle Mythologiae di Natale Conti (YBL46) convince l’autore dello studio a situare l’opera nella ricca tradizione di riscrittura dei miti. In effetti le Mythologiae costituiscono una delle tre antologie di miti che vennero redatte in Italia durante la metà del XVI sec. e che saranno destinate ad un considerevole successo. Più precisamente l’Historia gentilium deorum di Lilio Gregori Giraldi (Basilea, Oporinus, 1548) e le Imagini colla sposizione degli Dei degli Antichi (Venezia, Marcolini, 1556) di Vincenzo Cartari apparvero qualche anno prima delle Mythologiae sivi explicationum fabularum libri decem di Natale Conti, del 1567. Dopo un breve accenno alla tradizione mitologica dalla tarda antichità a Boccaccio, seguito da una rapida presentazione dell’autore, l’articolo passa ad analizzare la storia delle edizioni e il posto occupato, in questa complessa tradizione, dell’esemplare del 1583 conservato all’UQAM. Françoise Guichard-Tesson si interessa poi alla struttura dell’opera e alle intenzioni dell’autore. È questa l’occasione per sottolineare la presenza di elementi ancora medievali e di quelli che invece la qualificano quale opera rinascimentale. Infine l’autore passa, con pertinenza, alla lettura che di questa summa ne hanno fatto i contemporanei e i lettori dei secoli successivi, perché, pur se contrastati dalla Chiesa, i miti affascineranno sempre e saranno fonte d’ispirazione nell’arte e nella letteratura.
Con l’articolo intitolato « Decodifica universale dell’Inquisizione nella Chiesa post-tridentina. Il Directorium inquisitorum di Nicolas Eymerich (v. 1376) rivisto da Francisco Peña (1578-1585 » Claire Le Brun-Gouanvic, specialista di testi in latino e in francese medievale, esamina quel testo che fu punto di riferimento per gli inquisitori durante un lungo arco di tempo.
Due le questioni di ampio respiro che l’articolo propone : il passaggio dal manoscritto alla stampa e il cambiamento dei metodi di lavoro, sia nella fase dell’edizione del testo che in quella di critica delle fonti, quando, all’interno del nuovo contesto della Controriforma, il concetto di Chiesa Universale si afferma. L’autore stabilisce con notevole destrezza le principali tappe della storia poco lineare del testo del Directorium Inquisitorum, composto nel 1376 circa dal domenicano Nicolas Eymerich, grande inquisitore d’Aragona. Stampato a Barcellona nel 1503, il Directorium resta un’opera di riferimento fino alla fine del XVI sec., quando il Senato dell’Inquisizione romana incarica il canonico spagnolo Francesco Peña di aggiornare il testo perché possa divenire guida universale. Tra il 1578 e nel 1585 due edizioni successive appaiono a Roma e, nel mentre, Peña ha rivisto il testo di Eymerich e rimaneggiato gli scolii della prima edizione. La presenza nelle Collezioni dell’UQAM di un esemplare dell’edizione veneziana del 1595 (BX1710E9 1595), che riproduce la seconda edizione romana, offre a Claire Brun-Gouanvic un’occasione per delinearne la bibliografia testuale ma anche per esaminare i metodi di lavoro del canonico, i suoi sforzi di classificazione dei dati e di verifica delle fonti, il rigore nell’istituire un testo critico. L’analisi pone anche il problema dello spazio lasciato all’eresia protestante nei commentari di Peña.
L’articolo « Su un esemplare delle Lauretanae Historiae libri quinque del gesuita italiano Orazio Torsellino. La traversata di un libro e di un culto dall’Europa verso l’America », di Johanne Biron, costituisce una vera e propria indagine sull’opera e sul suo impressionante impatto nel Québec, la Nuova Francia.
Nelle Lauretanae Historiae libri quinque [Tournon, 1605], Orazio Torsellino (1544-1599) traccia la storia del Santuario di Loreto, il santuario che racchiude tra le sue mura la Santa Casa, quella che sarebbe stata la dimora della Vergine Maria a Nazareth e che sarebbe giunta in Italia, a Loreto, trasportata miracolosamente dagli angeli, alla fine del XIII sec. Più dettagliata delle altre relazioni sullo stesso argomento pubblicate fino ad allora, la relazione di Torsellino ha goduto di un’ampia diffusione nell’Europa cattolica (oggetto di nuove edizioni e di diverse traduzioni). Questo studio esaustivo esamina i rapporti che sono sussistiti, nel XVI sec., tra la Compagnia del Gesù e il santuario di Loreto e sulle loro successive ramificazioni, nel XVII sec., fino nella Nuova Francia. Il fatto che l’esemplare analizzato si trovi all’Università del Québec a Montréal (YBX250), in uno dei fondi patrimoniali del Québec, sprona Biron ad esplorare i legami che esistono tra l’opera di Torsellino, inizialmente pubblicata a Roma nel 1597, e l’opera missionaria di un gesuita della Nuova Francia, padre Pierre-Joseph-Marie Chaumonot (1611-1693), il quale realizzò quell’intenzione, formulata in Italia nel 1637 presso il Santuario di Loreto, di battezzare una cappella in Canada con il nome di Nostra Signora di Loreto (Notre-Dame de Lorette), seguendo il piano della Santa Casa della Madre di Dio. È interessante poi come la questione del Santuario di Loreto nei testi gesuiti della Nuova Francia diventi strumento per un’esamina delle parentele esistenti tra questi scritti missionari e la storia in cinque libri del padre Torsellino : a cominciare dall’anno, per esempio, del quarto centenario del primo sbarco dei gesuiti francesi a Port-Royal in Acadia, il 22 maggio 1611, che è il medesimo anno della nascita di padre Pierre-Joseph-Marie Chaumonot, il 9 marzo 1611, colui che promise di diffondere il culto di Nostra Signora di Loreto nella Nuova Francia.
Gli otto articoli che abbiamo riassunto confermano, se ce ne fosse stato bisogno, la necessità di studi approfonditi sulle stampe italiane del Rinascimento diffuse in Europa nel XVI sec. Lavori di tal genere svelano l’importanza che questi libri hanno avuto nella vita spirituale del Canada e nella storia dell’educazione nei collegi classici del Québec fino al XX sec., in quegli istituti che, impegnati nella diffusione della cultura antica greco-romana, si servivano di testi a stampa del XV e XVI sec. (come l’opera di Pomponius Mela, ad esempio). È interessante rendersi conto della loro diffusa vocazione didattica, prezioso deposito di quel sostrato di cultura medievale rivestita di abiti rinascimentali (si pensi al manuale per i confessori di Antonino il Fiorentino o alla raccolta di miti di Conti) sui quali soffia il vento della Controriforma (la guida per gli inquisitori d’Eymerich, la storia del culto della Madonna di Loreto di Torsellino). Se le poesie del Mantovano mostrano un sincretismo riuscito tra la forma umanista e il contenuto d’ispirazione cristiana, pur coltivando obiettivi pedagogici, altri rompono in modo più netto con i metodi del passato medievale, attraverso i nuovi metodi della filologia (le variae lectiones di Vettori) o della storiografia (la storia della monarchia francese di Paul Émile).
Tale incursione dei membri del Gruppo di ricerca nei segreti di quest’ottetto di libri ci ha condotto allo spoglio di altri fondi di Montréal, che conservano opere legate all’umanesimo italiano, per sondare la loro portata e la loro diversità, e magari valutarne la specificità in rapporto ai fondi dell’UQAM.