Fuorigioco, ossia fuori dal gioco

Una tragica commedia di Lisa Nur Sultan. Conversazione con l’autrice

Résumés

Intervista di Lisa Nur Sultan (2017)

Interview of Lisa Nur Sultan (2017)

Index

Keywords

comedy, crisis, interview, Sultan, theater

Parole chiave

commedia, crisi, intervista, Sultan, teatro

Rubriques

Teatro e crisi

Texte

Conversazione con Lisa Nur Sultan, autore di Fuorigioco, pièce pubblicata presso le PUM, nella collana nouvelles.scènes-Italien e rappresentata dalla compagnia universitaria « I Chiassosi », nell’ambito del festival « Universcènes 2017 ». L’intervista è stata organizzata in occasione della venuta della drammaturga a Toulouse, il 3 marzo 2017, all’Université Toulouse-Jean Jaurès.
Lisa Nur Sultan è nata nell’Italia del Nord nel 1980, da madre italiana e da padre giordano. Diplomata in Economia all’Università Bocconi di Milano, è oggi drammaturga, sceneggiatrice per il cinema, autrice per la televisione e la radio. Ha recentemente collaborato con Rai 3, Radio 2, Wilside, Fandango, Colorado Film, Filmauro, Taodue, Indigo Film. È stata autrice per la trasmissione « The Show must go off » di Serena Dandini nel 2012, per il canale televisivo La 7, e nel 2015 per la trasmissione radiofonica quotidiana « Stai Serena », su Radio 2 Rai. Dal 2008 si dedica alla scrittura teatrale. Ha scritto e diretto lo spettacolo Brugole (in codirezione con Emiliano Masala), vincitore del premio Nuove Sensibilità 2008-2009 al Napoli Teatro Festival, del Premio TTF per la ricerca drammaturgica - TTF 2010, del premio Girulà 2010 per il « Miglior testo » e della Menzione Speciale al Concorso Storie di Lavoro 2011.

La sua riflessione si basa su uno sguardo critico e cinico della nostra società. I suoi personaggi utilizzano tutta l’ironia di cui sono capaci per poter sopravvivere in un mondo che ha perso i punti di riferimento, tra una politica fallimentare e una televisione invasiva, tra un’economia ingiusta e un’immagine di sé che non corrisponde alla proprie aspettative. Fuorigioco, la sua seconda pièce, è stata scritta nel 2015 e messa in scena lo stesso anno da Emiliano Masala (Produzione Proxima Res). È in progetto l’adattamento cinematografico per la Colorado Film.

Giovanna Montermini: Come è nata l’idea di Fuorigioco?

Lisa Nur Sultan: Il testo è nato da un’idea di Emiliano Masala, che voleva trattare la crisi economica della società e le sue tragiche conseguenze; non ho però voluto trattare la crisi reale, soprattutto non volevo ridere della crisi reale, visto che il genere scelto – per mia formazione e per mia tendenza – sarebbe stata una commedia, una commedia amara, ma una commedia. La trama quindi non doveva essere rigida, così come le cause non dovevano essere facili, banali.
Ho quindi pensato di mettere in scena un suicidio ideologico, opponendo due coppie che hanno una visione diversa della vita, parlando di crisi di coppia, di crisi del lavoro, di crisi di valori.
Era un modo per rappresentare anche quella incredibile ed eterna lamentela che si ascoltava, in quel periodo, in Italia, quella per cui tutti «si apettavano di più».
Il pretesto drammaturgico l’ho trovato nella serata del campionato europeo di calcio del 2012, in quella semifinale Italia-Germania che si disputava proprio mentre Mario Monti e Angela Merkel, in altra sede, discutevano sul debito pubblico e sull’avvenire dell’Europa. L’Italia intera aveva gli occhi sulla partita, i giornali commentavano quasi esclusivamente quella semifinale, facendo risaltare da una parte la pochezza dell’italiano medio e dall’altra quel bisogno di gioia eccessiva, catartica che era quasi un « ballare sulle tombe ».
Il tempo della partita è diventato il tempo anche alla commedia, una « gabbia di 90 minuti », in cui si gioca il destino dei protagonisti, ma durante i quali vengono evocati l’Italia, la Germania, la Grecia, e al centro dei quali si trova il calcio, qui preso come terreno su cui rifarsi, come pretesto di rivincite sociali e politiche.

Il tuo primo testo, Brugole (2009)1, raccontava di trentenni alle prese con le decisioni della vita. Fuorigioco tratta di quarantenni alle prese con la CRISI, che accettano o non accettano quella vita che sono riusciti a costruirsi. Si può trovare una definizione per gli argomenti del tuo teatro? « Teatro generazionale », « teatro sociale »?

Il testo di Brugole racconta di una coppia che, attraverso il montaggio e lo smontaggio di un mobile Ikea parla delle scelte a cui la generazione dei trentenni si trova confrontata.
Un giorno di parecchi anni fa ebbi l’intuizione: il contrappasso della nostra generazione era un eterno montare e smontare mobili Ikea. Avremmo passato l’eternità con le brugole in mano, ad avvitare brutte librerie dentro brutte camere in affitto e forse sarebbe stato giusto, forse ce lo eravamo meritato. Dopo qualche anno ho conosciuto Emiliano Masala, Leonardo Maddalena ed Elisa Lucarelli, le persone che hanno potuto rendere quest’incubo uno spettacolo, ed è nato Brugole.

Il testo è stato scritto di pari passo con le prove e montato « metricamente » seguendo i tempi di montaggio di ogni singola trasformazione. Per questo motivo, il testo non ha un valore in sé, ma lo acquista legato all’azione. Brugole nasce da una riflessione sulle costrizioni invisibili di cui siamo vittime: i divieti interiorizzati, gli imperativi acriticamente accettati, la fede nelle scelte della massa. Racconta un mondo che gira a vuoto, un infinito smontare e rimontare pezzi senza più alcuna progettualità, nonostante l’impressione di estrema razionalità.

È l’epitaffio dell’homo economicus, che si rivela in tutta la sua triste inconsapevolezza: preoccupato di stare al passo, di non lasciarsi sfuggire le occasioni – che sono sempre altre e sempre di più – ha come unico modo per sopravvivere all’angoscia inventarsi scadenze e piccole emergenze. Nuove urgenze. Per sottostare alla « tirannia dell’istante », dove il carpe diem ha sostituito il memento mori. Ma non fa meno paura.
In scena, trappola e destino dei due protagonisti, la libreria: 7 assi, 54 viti e 2 brugole. E infinite possibilità.
In un seminario che seguii prima della scelta dell’università, venne ribadito un concetto che mi è rimasto impresso: che ogni scelta è una rinuncia. Questa generazione, in una vita sola, si rende conto di non avere quelle infinite possibilità di scelta che magari si aspettava di avere, che il nostro mondo rapido e globalizzato non manterrà le promesse di infiniti cambiamenti e opportunità.

Se i trentenni di Brugole erano alle prese con questo dilemma, i quarantenni di Fuorigioco, loro, si sono già resi conto che le scelte, in fondo, sono poche e che non si può continuamente cambiare e che non si può nemmeno cambiare il mondo che ci circonda. Da qui nasce la tentazione della rinuncia, che nello spettacolo è illustrata attraverso il tentativo di suicidio della coppia cosciente.

La tua formazione in economia e la tua esperienza nel mondo della televisione hanno influito sulla tua scrittura (a livello di contenuti o di forma)?

Sì certamente. Il mio corso di laurea alla Bocconi era dedicato all’economia per l’Arte, la cultura e la comunicazione. Si studiavano le politiche economiche e naturalmente, quando ho iniziato a scrivere satira per la televisione, ho trovato materia nella politica italiana ed estera.

Nella pièce Fuorigioco si parla di calcio e si parla di TV, due elementi centrali (nel bene o nel male) della società italiana. In che modo queste due presenze possono mettere in evidenza l’argomento della crisi?

Il calcio e la televisione rappresentano, effettivamente, una parte importante della società italiana, ma sono in generale uno specchio della civiltà europea. In Italia, in particolare, però si può notare una forma di infantilismo quando si tratta di parlare di avvenimenti di massa, come il calcio, appunto, o come l’ennesima edizione del Festival di Sanremo (festival della canzone italiana). Sembra che i giornalisti parlino di tutto ciò che non è importante, per nascondere, per non affrontare ciò che invece tocca la società in modo drammatico.
I due argomenti, nella pièce, servono in particolare a non drammatizzare, attraverso l’umorismo che è il mio modo di scrivere, lo stile nel quale riesco meglio ad esprimere le idee. L’ironia, in fondo, è un filtro della vita.
In questo momento, però sto scrivendo cose che non fanno ridere.

I protagonisti di Fuorigioco sono Anna e Mario, Adriano e Laura; due coppie, diverse, che hanno virtù e difetti, che hanno una visione molto diversa della vita (non solo come coppia, ma anche come individui). Gli esigenti e gli accondiscendenti, gli utopisti e i pragmatici, insomma. È così che si riassume – per una commedia tragica – la nostra società italiana?

In effetti le due coppie sono molto diverse tra loro. Una, quella formata da Adriano e Laura è chiaramente una coppia di sinistra, che ha delle aspettative molto elevate, pretende molto dalla società, dagli altri, da se stessa. Vogliono, in pratica essere i migliori; ciò li rende utopisti, ma anche abbastanza antipatici.
L’altra coppia, più pragmatica, formata da Mario e Anna, anche se non è detto chiaramente, appartiene forse all’altra sponda politica, quantomeno sono è più conservatrice. E mostrano anche loro dei difetti legati a una loro visione della vita.
In ogni caso, quello che non voglio fare è salvare dei personaggi, gli uni piuttosto che gli altri.

Un momento molto bello dello spettacolo è il confronto tra Mario e Adriano, quando parlano del « setaccio ». Come ti è venuta questa immagine?

L’immagine del setaccio è il simbolo del’impossibilità di trattenere le cose. È quello che non scegliamo noi, ma quello che ci viene imposto dalla vita, quello che, appunto, « rimane impigliato ». Questo può essere applicato, per esempio, nel caso delle due coppie, e in particolare alla coppia Mario e Anna, alla loro storia d’amore: non è forse una scelta fino in fondo, ma un modo di accomodarsi alla realtà, di accontentarsi.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sto lavorando alla sceneggiatura di un film, sul caso giudiziario di Stefano Cucchi, incarcerato per detenzione e spaccio di droga nell’ottobre 2009 e morto dopo 8 giorni di custodia cautelare. Per lavorare a questo caso, ho dovuto documentarmi sull’enorme dossier giudiziario; è stato un lavoro molto doloroso.
Tra i progetti futuri c’è anche una serie televisiva, una produzione europea su Davos, il World Economic Forum, un thriller politico, non umoristico questa volta.

Copertina della traduzione di Fuorigioco – Atelier de l’Imprimerie Université – Jean Jaurès.

Copertina della traduzione di Fuorigioco – Atelier de l’Imprimerie Université – Jean Jaurès.

Note de fin

1 Brugole è stato vincitore del concorso « Nuove Sensibilità », rassegna per nuovi registi del Napoli Teatro Festival, vincitore del Premio alla ricerca drammaturgica al Ttfestival 2010, Vincitore del Premio Girulà 2010 – Miglior Testo – e ha ricevuto una menzione speciale al Bando Storie di Lavoro 2011.

Illustrations

Citer cet article

Référence électronique

Lisa Nur Sultan, « Fuorigioco, ossia fuori dal gioco », Line@editoriale [En ligne], 9 | 2017, mis en ligne le 06 février 2024, consulté le 24 avril 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/952

Auteur

Lisa Nur Sultan

Autrice teatrale

tnasnc@tiscali.net