Angiolo Orvieto: biografema d’amore

Le poesie alla moglie e l’argomento morale dell’amore in Angiolo Orvieto

Résumés

L’articolo si riferisce allo studio di alcuni documenti e carte d’archivio del poeta ebreo Angiolo Orvieto. Le poesie alla moglie – che il poeta ha lasciato inedite – sono infatti documenti significativi per lo studio della biografia del poeta e dei significati che l’esperienza amorosa riveste per la sua vita. Se collegate ad altre fonti personali e documenti biografici, queste carte rivelano la possibilità di studiare gli aspetti morali dei sentimenti e contengono – sotto questo profilo – un importante contenuto storiografico. Soprattutto, i foglietti del ricovero, ovvero i documenti che Angiolo lascia inediti durante il periodo delle persecuzioni, nel corso della seconda guerra mondiale, anch’essi testi poetici, appaiono estremamente significativi per approfondire la biografia del poeta, in relazione alla storia del Novecento.

This article is based on the study of some archival sources, related to the Jewish poet Angiolo Orvieto. The poems he wrote for his wife represent, in fact, significant archival sources, in order to study Orvieto’s biography and the poet’s love experience. With other personal and biographical documents related to the poet, these papers offer the possibility to deepen the study of sentiments as moral values and can be considered important sources for historiography. Particularly, the poems which Angiolo wrote during the persecution in the period of the Second World War, also unpublished, can be considered highly significant sources, in order to study Orvieto’s biography and the history of the Twentieth Century)

Texte

In diversi momenti della sua scrittura biografica, il poeta Angelo Orvieto ricorda i primi incontri con la futura sposa, affrontando la narrazione da prospettive solo in parte differenti1. Il tema della narrazione biografica della propria vita, attraverso una scrittura personale e originata da occasioni legate alla memoria o da momenti del ricordo, si individua denso di significati nella figura di questo intellettuale ebreo, nato a Firenze da famiglia fiorentina. La narrazione, che procede attraverso carte personali e appunti sparsi, si desume, infatti, da una considerazione complessiva del suo archivio privato, donato dopo la morte del poeta all’Archivio contemporaneo del Gabinetto Vieusseux. Questo archivio rappresenta – per la figura di Angiolo Orvieto – un aspetto della sua produzione denso di significato e capace – alla rilettura della sua vicenda e della sua figura – di offrire oggi argomenti di enorme interesse. Solo incidentalmente, si può notare, d’altra parte, che l’analisi critica del confronto con la produzione scritta – in massima parte, poetica – per quanto ancora prematura negli studi, potrebbe risultare capace di mettere, viceversa, in luce soprattutto le enormi possibilità rappresentate dalle sue carte private, patrimonio considerevole, ma anche molto originale nel significato e nei contenuti che ne derivano.

In questo contesto, le « poesie alla moglie » – che mi propongo di considerare in questo articolo – rappresentano un corpus degno di attenzione critica, per le qualità e i significati poetici che sono capaci di indicare, oltreché per il fatto di trovarsi isolate come carte d’archivio, raccolte in un unico fascicolo e forse ordinate così da Angiolo stesso2. Poeta attento ai significati dell’amore, Angiolo aveva pubblicato due libri di versi contenenti una scelta delle sue poesie giovanili3. Nella sua numerosa produzione, il tema dell’amore romantico, legato al dolore dell’anima e alla riflessione intima, torna spesso, anche in anni più tardi, testimoniando la presenza di un argomento importante per lo studio del suo pensiero. Le « poesie alla moglie », tuttavia, proprio per il fatto di collocarsi al di fuori della produzione edita e, quindi, di essere state trasmesse, nonché conservate, come carte d’archivio, sembrano indicare – in rapporto alla personalità del poeta e ai suoi significati – un tema differente e di diverso contenuto critico. Queste poesie scritte e non pubblicate ci introducono alla possibilità di ritenere che – di fronte all’argomento morale dell’amore – Angiolo Orvieto abbia attribuito valore ai significati della poesia e alla scelta della propria vocazione letteraria, sperando che potesse sostenere il confronto con la sincerità della propria dimensione interiore.

Angiolo Orvieto lascia nel suo archivio privato le poesie più significative della sua produzione e quelle in cui – più che in altre – si possono riconoscere non solo i temi della sua personalità, ma anche quelli che più intimamente e con maggiore profondità di significato lo legano alla storia del Novecento4. Accanto al corpus a sé stante rappresentato dalle « poesie alla moglie » – ordinato probabilmente da Angiolo stesso – questo lavoro prende in esame anche i « foglietti », scritti durante la seconda guerra mondiale e lasciati – anch’essi – inediti5. Questi documenti – che, a loro volta, sono conservati sparsi e sono stati solo parzialmente ordinati dall’autore – rappresentano anch’essi non solo fonti importantissime rispetto ai significati dell’epoca, ma anche testi di rilevante valore poetico e intellettuale, che possono introdurci alla complessità del personaggio. Entrambi i corpi documentari ci indicano, quindi, il rapporto con la biografia e i significati che questo studio rivela rispetto alla capacità del poeta e dell’autore di introdurre il « tema della propria vita ».

Il tema che Angiolo sceglie per ricordare il primo incontro con la futura sposa si colloca, forse, al di fuori di una vera e propria memoria in ordine di tempo. Nell’ambito della scrittura documentaria, il momento del primo incontro era stato narrato altre volte. Anche Laura – la moglie di Angiolo – aveva più volte affrontato un racconto consimile e forse proprio lei lo aveva « inventato »6. Se ne desumono subito i contenuti: l’emozione del ricordo e il bisogno di trovare in quel fatto o « evento » l’argomento e il significato della propria vita. Il tema che diventa anche argomento del dialogo reciproco tra gli sposi e dei significati che rappresentano il tessuto della vita in comune, investe proprio la capacità di trattare o « pensare » la biografia, al di fuori dei confini di una narrazione compiuta. L’espressione dei sentimenti segue, in questo modo, la traccia dei « fatti intimi » e degli spazi « interiori ». Angiolo nomina l’amore per la moglie, attraverso la memoria: tema letterario e fatto, il ricordo del primo incontro diventa l’argomento che ha attraversato la vita:

A Villa Papiniano, una mattina
di sole, si capisce, e a primavera,
venne col padre, in una giardiniera,
la biondo azzurra mia terza cugina.
Non l’avevo mai vista: era carina,
seria, ma tuttavia fresca e leggiera7.

Questa prima narrazione citata è contenuta nei « foglietti ». Si tratta, d’altra parte, di un tema della memoria e non conta la precisione dei fatti. Subito dopo, nella stessa poesia, Angiolo introduce altri contenuti ebraici significativi. Al momento dell’incontro descritto con la futura sposa, il poeta sta parlando con un’altra cugina, che gli sta a fianco e la ragazza dice:

ma guarda che gioiello di sposina
per te sarebbe – disse. Non risposi8

Altri ricordi si raccordano al tracciato dei sentimenti. Le relazioni familiari si dimostrano intessute di affetti e da questa capacità emerge la descrizione di una « scena » che – per comparire nel « teatro » della vita – segue lo svolgimento della vita intima9. Il tema ebraico introduce, quindi, nelle poesie di Angiolo Orvieto, il significato dei rapporti familiari e dei legami affettivi secondo le modalità proprie di quel contesto e di quella cultura10. Il poeta, che trova nel tema degli affetti un altro argomento della sua poesia, si rivela, d’altra parte, capace di attribuire al suo racconto i significati pregnanti della dimensione interiore.

L’analisi dei contenuti che emergono dalle « poesie alla moglie » – interpretate in rapporto alle altre fonti, ma soprattutto viste in relazione con i temi affrontati nei « foglietti » del ricovero – parte, quindi, dalla considerazione degli argomenti relativi agli aspetti dell’interiorità nella poesia di Angiolo Orvieto11. Il « tema del ricordo » assume la capacità di rivelare la trama della « propria vita », secondo un percorso che – senza assumere strettamente un carattere cronologico – attribuisce rilevanza ai sentimenti e identifica i « momenti dell’anima », legati alla cognizione e alla comparsa di temi morali. I significati dell’esperienza emergono così attraverso la presenza del sentimento che, secondo gli argomenti della letteratura, è anche « emergenza », « cognizione della dimenticanza » e « della vita interiore »12. Il « sentimento del ricordo », legato alla pratica della memoria e – con essa – alla considerazione intima della propria biografia, si lega a quella attenzione poetica e narrativa che, in Angiolo Orvieto, si caratterizza come « emergenza » di temi interiori e « subito apparire » di cognizioni e considerazioni morali13. I temi morali si deducono qui da argomenti dell’interiorità e il poeta cerca – nel tracciato della propria vita – l’emergenza di un significato che, se in alcuni casi sfugge, altre volte « appare », quando viene evocato e « visto ». Il tema della « visione morale » diventa, quindi, « tema dell’amore » ma anche del sentimento, con il quale si cerca una traccia nella propria vita: un percorso che – senza « passare attraverso » – si lega soprattutto al significato di quello che è possibile cercare.

Quando – di conseguenza – nelle poesie di Angiolo Orvieto compare il tema del viaggio, il poeta si è già dichiarato alla propria sposa, eppure il racconto si svolge ancora attraverso immagini poetiche legate alla presenza del sentimento. Si tratta di altrettante « visioni », il cui modulo narrativo si svolge – come ho detto – con indicazioni temporali legate all’emergere della coscienza. La descrizione poetica di immagini visive si rivela, d’altra parte, come una delle caratteristiche più significative delle poesie d’amore che, infatti, contengono significati di profondo interesse:

non le dissi: rimani,
ma le parlai di strani
viaggi, di lontani
paesi, d’oceani
ignoti; ed ella con le sue bianche mani
carezzava i gerani14.

Il desiderio di partire si colloca anch’esso nel contesto dei significati che il poeta riconosce nel mondo ebraico, come espressione della sua appartenenza. Il viaggio nasce, infatti, come momento di esplorazione interiore, i cui contenuti si possono riconoscere nella ricerca di temi poetici e di « radici »: elementi – anche questi - che entrano in rapporto con lo svolgimento della memoria15.

Angiolo descrive, attraverso il ricordo, i primi incontri con la moglie, quando la donna ascolta e comprende i temi più urgenti della vita interiore del poeta. L’argomento del dialogo con la moglie sul tema di un viaggio che – portando Angiolo in Oriente – interpreta per lui il bisogno di conoscere altri o più profondi aspetti del mondo ebraico, si pone ancora come tema del sentimento, in cui l’« immagine » che è rappresentata corrisponde a un contenuto, ma non propriamente a un ricordo reale:

Io volevo partire,
io volevo inseguire
il mio sogno, sopire
gli sterili miei crucci, l’ansie e l’ire;
ed ella sorridea senza parlare
nel sentirmi nomare
tante terre remote e tanto mare16.

Angiolo promette a Laura di partire: anche in questo caso, la « scena » si colloca preferibilmente all’interno dei temi che caratterizzano il « dialogo interiore », attraverso i quali il ricordo dei fatti reali viene, quindi, « trasfigurato » o ripensato sulla base del sentimento, dei suoi significati e di quello che si può « trattenere » nel corso del tempo. Angiolo Orvieto si è recato realmente in Oriente negli anni precedenti il suo matrimonio, tuttavia questo dialogo con la moglie – nel momento in cui viene ricordato a distanza - perde i confini del ricordo reale e rimane soprattutto come testimonianza significativa e pregnante del tormento del poeta e della sua emozione:

Or qui restar non posso.
Devo andare con loro in Oriente,
varcar debbo il Mar Rosso
con l’ansia che m’affanna,
e come i padri antichi di mia gente
vagar, migrando, in cerca della manna.
Ella sorrise e disse: « Non ho fretta »17.

Laura « abbassa lo sguardo » e la sua potrebbe essere una reazione di attesa. Per il modo in cui viene nominata nel ricordo del poeta, viceversa, la risposta della moglie potrebbe corrispondere all’espressione del suo dolore e alla forza che Laura dimostra di fronte alle difficoltà che le pone la vita. Se la donna aspetta, questo fatto avviene per aver capito i motivi interiori che il poeta le ha indicato e Angiolo « se ne accorge ». In questo caso, il « tormento » del poeta si presenta, tuttavia, anche come espressione della volontà di vincere o opporre un errore, superando la propria resistenza morale. Il viaggio si rivela, quindi, all’esame della vita, intrapreso soprattutto con lo scopo di una « conoscenza interiore », che diventa volontà o bisogno di indagine, così come indirizzo morale. La destinazione, tuttavia, nello svolgimento reale dei fatti, non comprende direttamente la terra dei padri, ovvero i territori di quello che, successivamente nel Novecento, sarebbe diventato lo Stato di Israele. Come ho detto, il poeta intraprende, viceversa, un lungo viaggio in Oriente (India, Giappone e poi Stati Uniti) che lo porta lontano da Firenze per oltre un anno. Nelle poesie alla moglie, il tema delle proprie radici emerge, quindi, come argomento di indagine interiore ed esprime alcuni significati poetici tra cui, soprattutto, il desiderio o l’« ansia » di confrontarsi con le asperità della vita. Nelle poesie di Orvieto, compaiono alcune reminiscenze ebraiche legate al paesaggio. La difficoltà del deserto o di quei territori ancora sconosciuti, nei quali l’essere umano si trova « solo » o sperso, eppure sa di essere attratto da quello che vede (la vegetazione fitta, le bellezze della natura e le emozioni che questa produce), lo spingono comunque a ritenere o a « sperare » che, alla fine, gli sarà possibile « non perdersi ». Il dialogo con la moglie assume, quindi, un contenuto importante, di cui altri argomenti meritano di essere approfonditi:

Io t’ho trovata come un fiore alpino
al canto degli abeti e del torrente,
quand’ero stanco già del mio cammino
per la foresta infida all’ombre intente18.

Il percorso ebraico di Angiolo si consuma attraverso un passaggio difficile, comunque legato a sogni e « visioni » interiori. Questi motivi appaiono, nelle poesie, con temi legati al paesaggio, i cui caratteri di asperità e impervietà introducono il lettore alla considerazione di motivi di « tormento » interiore. Angiolo riesce a descrivere in modo originale il tema delle difficoltà dell’anima, a cui spetta un percorso pieno di rischi e travagliato. Le indicazioni legate alla natura che, quindi, emergono a connotare questi argomenti, si può ritenere che assumano – anch’esse – il carattere di « visioni » della coscienza, in cui la vita si mostra soprattutto tramite « immagini interiori » legate al percorso della salvezza19. Qui, la presenza di Laura – ancora una volta – comporta un tema carico di significato:

Tersa l’anima sua come l’aurora,
scorrente e fresca com’acqua di vena,
fragrante come un prato che s’infiora,
stellata come una notte serena20.

Il poeta, che trova nella donna amata la forza necessaria ad affrontare la vita e che riconosce in lei doti morali di purezza e onestà, in modo che sia possibile seguirle, si trova, quindi, a indicare, nel corso della stessa poesia, la ragione forse più intima del sostegno che riceve dalla moglie. Ancora una volta appare il tema della « visione » che – come « visione morale » – diventa anche e soprattutto « visione d’amore »:

Io non potevo credere a me stesso
che mi tremasse il cuore
Perché ella m’era presso con amore21.

E ancora:

Quand’io me la son vista lì vicino
Dentro si fé mattino,
anzi credo che allor mi nacque il core22.

Dal momento che il poeta « ha peccato » (ovvero, si può supporre che si trovi nel « tormento » interiore o nell’ansia del « peccato »), la donna gli appare capace di guidarlo o di « trarlo avanti » rispetto all’errore. Il percorso appare, solo a prima vista, di tipo dantesco, ovvero costruito o vissuto sulla scorta di un tema centrale nella tradizione italiana e nella poesia23. Si presenta, in realtà, con contenuti in parte originali e, per alcuni aspetti, « novecenteschi », ma anche capaci di sostenere un discorso – come quello che si svolge qui - di tipo non propriamente letterario. I temi relativi agli aspetti morali della coscienza si esprimono, quindi, nella capacità di argomentare l’« esperienza » interiore, impiegando quelle capacità che sono proprie dell’esplorazione intima e del tema morale.

Il poeta – forse ancora non del tutto consapevole del significato della sua poesia o volutamente « distratto » rispetto ad esso – attribuisce alla capacità del sentimento la possibilità di guidare la sua vita verso la salvezza. I sentimenti appaiono così capaci di sostenere i temi della « sua » esistenza, nella quale diventa possibile dimenticare « quello che esiste fuori », mentre la « parola » si rivela parola letteraria « solo » (o, soprattutto) di fronte all’amore:

Fervore novello, tumulti
nell’anima
,
gemme sui virgulti.
Il prato le rimette
margherite e violette.

Guizzano, volano
sul nuovo grano
d’albero in albero
le cavallette.

Dammi una mano;
usciamo a cogliere
le violette24.

Il poeta è sposo e sembra che nell’amore voglia indicare il contenuto della sua vita.

Alla luce di queste considerazioni, la biografia di Angiolo Orvieto assume spiccati motivi d’interesse in rapporto alle fonti e alla capacità che questo poeta rivela di dialogare con la propria esistenza, lasciandone significativa testimonianza. L’analisi di questi contenuti risulta capace, infatti, di far emergere alcuni significati importanti, che si collocano su un piano non propriamente letterario. Il rapporto fecondo, che si rivela tra l’espressione dei sentimenti e quelle capacità di riflessione interiore, che più opportunamente indicano il legame tra coscienza, esperienza intima e « parola », permette, d’altra parte, di osservare i temi che emergono dalla vita del poeta come degni di significato e riferibili a una reale « esperienza »25. Il conflitto interiore e, forse, il « dramma » emergono in rapporto all’amore e alla capacità che questo assume di indicare una strada desiderata o possibile ad Angiolo stesso. Lo stesso poeta sottolinea il significato che intravede nella capacità o nell’esperienza d’amore: ne enuncia e ne chiarisce i contenuti, rivelandosi consapevole non solo di indicare dei temi, ma anche di comprenderne i motivi:

Sempre un’anima vicina
dalla mattina alla sera
dalla sera alla mattina.
Questa è la prima primavera vera26.

Questa capacità di intuire la felicità come percezione della vita, nei singoli aspetti dell’esperienza e, ancora, la capacità poetica di dare allo « sguardo » e alla « visione » il significato « interiore » del « sentimento », sono infatti contraddistinte – in questi versi e, più in generale, nelle opere del poeta – dal timore di non potersi « affidare » alla vita o di non meritarlo27. Angiolo Orvieto aggiunge – per esempio – subito dopo:

Pur sull’anime v’è l’ombra del fato
invisibile, arcano,
ma tanto tanto prossimo
anche quand’è lontano28.

Trattandosi di un poeta ebreo che – nel periodo della guerra mondiale – sarebbe stato chiamato a confrontarsi con un’esperienza di sradicamento e di paura, causata dagli eventi del Novecento, si può escludere che – nel caso di questa poesia - tale percezione delle possibilità o delle difficoltà della propria vita nasca dagli aspetti legati a quegli eventi. Nei primi anni del matrimonio, l’esperienza di Orvieto è ancora prevalentemente intima e il suo « dramma » assume i caratteri di evento interiore, i cui confini non sono troppo riconoscibili. Se Angiolo è incerto o « teme », la cultura ebraica interviene ad indicare per lui i temi della « salvezza » e del peccato e, forse, anche a suggerire – come abbiamo visto fin qui – la struttura poetica di un percorso che, attraverso la « foresta » o il « deserto », affronta il tema morale dello sperdimento della coscienza29. Il confronto con Dante – e la tradizione letteraria italiana a seguire – riveste, d’altra parte, per Angiolo Orvieto, un significato importante. La poesia di Dante contiene, per Angiolo Orvieto, tracce e argomenti significativi in merito ai contenuti della propria italianità e ne rappresenta i significati30; non esaurisce, comunque, i tratti più direttamente legati alla poesia novecentesca, che viceversa assumono diretto significato:

Vieni, cara, vedi
tutto questo bianco
sceso giù dal cielo
mentre si dormiva

Mentre si dormiva,
senza far rumore,
tutto il cielo bianco
ricoprì la terra.
[…]

Tutta questa neve
sopra il nostro amore!
Palpiti repressi
Cercano la via.

Tutto questo freddo
sopra il nostro amore!
Baci che si svegliano
cercano la via31.

Il « tema d’amore » è trattato nel suo significato e si esprime come momento in cui gli amanti « si riconoscono » e riconoscono - l’uno attraverso l’altra - i « temi interiori » della propria vita. La « capacità d’amore » è, quindi, capacità morale e si connota come comprensione della propria coscienza o dell’« anima », come si può ritenere. Il « tema d’amore » si esprime in significati e contenuti che fanno derivare la « parola » dal « sentimento », perché – a sua volta – la parola trova nel proprio significato la profondità (e, quindi, l’« intonazione ») del proprio discorso32.

Il tema della soggettività individuale, che indica i significati relativi allo sviluppo dell’interiorità, entra qui in rapporto con la capacità di attestare le proprie ragioni, che sono infatti « ragioni d’amore ». L’attestazione del desiderio si fa, quindi, irrinunciabile, ma si esprime anche in forme « nuove » e non del tutto « spiegate », fino a questo momento33. La donna è nominata, ma soprattutto diventa lei stessa parte del dialogo, perché infatti è realmente la donna del poeta e la sua identità non può essere « soltanto » o « semplicemente » menzionata34. Senza accorgersene, Angiolo attribuisce a Laura una voce narrante all’interno delle sue poesie che, anche in questo senso, trattano in maniera nuova il « tema d’amore ». Soprattutto, il tema, che risulta trattato contemporaneamente, del « desiderio amoroso » nasce per la « donna amata » ed è nominato con la speranza o la certezza di una « scoperta » che debba riguardare il poeta e forse lei stessa:

ed ella con le sue bianche mani
carezzava i gerani35

Se Angiolo, quindi, « sente » o « intuisce » la forza dell’amore, questo avviene secondo alcuni tratti o modalità di tipo novecentesco, ovvero in grado di interagire con altri significati relativi alla capacità di comprendere la propria interiorità o di tradurla sul piano del « desiderio » e del « sentimento »:

E io vorrei che l’anima che per me è vita, fosse vita e gioia per te, che tutto quello che io ho di buono, di bello, di grande, tu pure avessi di bello, di buono e di grande, e anche più volte. e anche più volte di me, piccola anima che ha tremato nel piano ed era nata forse per la gioia. Io vorrei che la unione delle anime fosse luminosa ed eternamente grande, e inondasse di fremiti di vita chi crede d’esser morto [a] tutto fuor che al dolore36.

Laura è « pura » e la sua anima, che Angiolo ritiene tanto forte da poterlo « guidare » e dalla quale crede di poter ricevere aiuto, si rivela anch’essa in grado di trarre dall’amore il sostegno necessario all’esistenza. Angiolo, quindi, « trema » perché vede o riconosce il sentimento della moglie o la sua « emozione », che infatti è « timore » e « speranza », quanto « ansia » e « attesa ». Angiolo, però, continuamente ricorda « il procedere di questa vita »:

Il suo passo è fermo e sicuro: il suo piccolo piede che talvolta per vie cittadine sembra un pochino incerto qui procede diritto senza esitazioni, mentre io che soglio in città camminar lieto e sicuro, quassù lungo il sentiero alpestre inciampo ogni momento e quasi sto per cadere. O anima che vivi nelle pure regioni e meglio in alto respiri e più sicuramente avanzi. Portami sempre teco per le eccelse vie della vita, e se talor mancasse nel salire il mio piè, con un sorriso tu dagli forza e accennami nell’alto le eterne cime folgoranti al sole37.

Se il matrimonio, quindi, è già arrivato e Angiolo trova o intuisce, a questo punto, il tracciato della sua vita, se precedentemente aveva « sperato » o « cercato », i primi tempi rappresentano anche quel momento in cui l’emozione compare senza essere « detta » o nominata direttamente. Ancora una volta, il poeta trova « altrove », in un aspetto della vita o della natura, le immagini per descrivere poeticamente quello che sente:

Il sole è tramontato
Fra rosee nebbie. V’è sul davanzale
Della nostra finestra, incontro al cielo,
esile come stele
di qualche erba tremula di prato,
una quercia minuscola in un vaso
minuscolo di vetro; e son disciolte
le radici nell’acqua, tutte avvolte
in borraccina lucida di raso38.

Attraverso l’indicazione del tema morale della propria vita, Angiolo Orvieto offre alcuni elementi utili a interpretare la sua esperienza e i significati che il poeta è stato in grado di riconoscere nella propria biografia. Ho già fatto riferimento al valore del suo archivio privato e mi preme insistervi39. La particolare rilevanza di temi, argomenti e contenuti delle « poesie alla moglie » – che ci sono state trasmesse unicamente come carte d’archivio e rappresentano, quindi, una fonte diretta e privata – può essere messa in relazione sia con il significato che lo stesso Orvieto ha attribuito alla sua capacità di poeta, che con la possibilità di considerare, per le stesse poesie, l’interesse del contenuto e del valore letterario40. Se Angiolo Orvieto considerava la poesia irrinunciabile per il proprio riconoscimento, è vero, allo stesso tempo, che il poeta si trovava a valutare l’importanza del suo impegno o del suo merito, nel margine della « distanza » con la quale misurava la vita41. « Essere poeta », forse, in ogni caso per giusto merito e, qualche volta, per legittima difesa. Nella difesa che il poeta – in alcuni casi - pronuncia della sua inclinazione letteraria, Angiolo si trova, infatti, a spiegare che la poesia è un impegno serio soprattutto per se stesso e per la « necessaria urgenza » dei propri versi. Quando il poeta guarda con distacco l’ambiente letterario che lo circonda, spera nella sincerità della propria vocazione42. Questo fatto aiuta a chiarire, forse, che « per dimenticanza » o « come esito e conseguenza » le poesie edite e scelte dall’autore, come risultato del suo lavoro, indicano un percorso letterario più trattenuto e incerto di quello che, viceversa, le carte d’archivio riescono ad attestare, come svolgimento dell’esperienza del poeta e dei temi che l’hanno connotata43.

D’altra parte, proprio i significati indicati nella capacità di attribuire ai « fatti della natura » un contenuto poetico rappresentano un corollario importante a quanto ho detto. Altre volte, Angiolo si trova a ricordare i primi anni del matrimonio, scegliendo nel paesaggio le caratteristiche di quello che « vede » o « sente »:

Ci condusse a vederlo una mattina
Angelo Conti a prima primavera:
candida villa piccoletta, e v’era
bordeggiata d’alloro una stradina.
Scendeva e risaliva la filiera
verde a lieve salita e lieve china:
e fendeva lucente per la brina,
campo d’ulivi anzi selva leggiera.
In basso verde prato alla villetta
alzava tromboncini; una negletta
scala portava al giardino negletto.
Le rose d’ogni mese erano in fiore.
Salimmo alla terrazza sopra il tetto:
Firenze, e là Santa Maria del Fiore44.

Il paesaggio primaverile svolge, in questo caso, alcuni temi poetici che, nell’indicazione di « cose osservate », alle quali è rivolto lo « sguardo » del poeta, rimandano ad altrettanti « momenti » o « luoghi » dell’anima, ovvero ad altrettante percezioni della propria interiorità e del proprio sentimento. In questo modo, Angiolo Orvieto « vede » la primavera al tempo del suo matrimonio e la indica come « paesaggio dell’anima », verso il quale indirizza lo « sguardo » della propria interiorità. La primavera « compare » al suo sentimento e diventa differente da quello che esisteva prima: i temi rimandano ad altrettante indicazioni di cose « viste » o « sentite »: « prima primavera », « filiera verde », « lieve salita », « ulivi », « selva leggiera », « giardino », « rose d’ogni mese »45.

La primavera rappresenta, quindi, quell’argomento della poetica in cui si enunciano i significati della propria poesia e anche i temi più « intimi » o « interni », tra i contenuti della propria vita. L’argomento della natura assume i significati propri dell’amore, essendo capace di indicare le modalità, attraverso le quali il poeta è riuscito ad evocare il proprio sentimento, tramite la scrittura:

Musica di ricordi alla stradina
fra muri d’un’oscura ansia corrosi:
fronda d’ulivo tremula sui rosi
che sporgono dall’orlo a noi s’inclina.
Penso gli ulivi le rose e la spina
da quando giogo ai sensi dolce imposi,
e dell’ingegno mobile ai ritrosi
moti freno tentavo e disciplina.46

Il ricordo della vita trascorsa è sempre presente e « quei sentimenti » che l’hanno caratterizzata sono gli stessi che « adesso » compaiono, come « allora ». Altra caratteristica che, qualche volta, appare nei versi di Angiolo Orvieto – come in questo caso – è quella di nominare i sentimenti dimenticando il « tempo » e, insieme, lo spazio della « memoria », attraverso cui viene di solito nominato. Sembra, in questo modo, che il poeta non si accorga che si tratta di un tempo passato e nomini, viceversa, la strada che percorreva con la moglie nel pomeriggio, come se fosse ancora « quel tempo » e « quel sentimento della vita ». Dimenticando di essersi mai allontanato da quei « sentimenti della vita » e « del ricordo » nel corso degli anni, Angiolo indica gli aspetti della sua coscienza: l’amore intenso per la moglie che « vede » nell’anima, il dolore o la « cognizione del dolore » nella propria vita, la « cognizione della speranza » e – per altro verso - l’« estate » come comparsa del desiderio. La percezione del paesaggio come « paesaggio dell’anima », della primavera come « ansia » e attesa, come « emozione » e « speranza della vita » rappresenta l’aspetto che, quindi, con maggiore evidenza di significato, esprime il valore di queste poesie: poesie dell’anima e del suo passaggio « assolato » nell’esistenza.

Altre note di poetica compaiono ad accrescere gli argomenti trattati, nelle quali Angiolo spiega ancora i motivi più « interni », che esprimono le proprie emozioni o la capacità di nominarle. Il tema della « sera d’estate » ritorna come argomento del « ricordo », rivelando che la poesia è legata al contenuto della propria vita, mentre la vita è quel fatto dell’esistenza che compare nel ricordo del poeta e non altrove:

O rose della terra, o infinite rose di mille colori dai mille delicati profumi o voi che sapete trasformare in essenza così deliziose […] degli occhi e dell’anima le oscure materie della terra […] o rose, io vi saluto. Io raccolgo nell’anima di questo istante di rapimento lirico tutti i luoghi dove siete47.

Oppure:

Non i silenzi della notte e i palpiti delle tremule stelle su nel cielo, […] i sospiri delle nostr’anime d’imprigionare nel mio verso anelo […]; il non udibile da altri ascoltando vorrei ascoltare con orecchio intento e quanto gli occhi umani mai non videro vedere io solo tratto in rapimento48.

La « sera d’estate » ricorre come aspetto relativo al desiderio, ma anche alle « emozioni » e al « rivelarsi » dell’amore. Angiolo si era dichiarato a Laura nelle sere d’agosto all’Abetone, quando era stato deciso il fidanzamento e la vita insieme e quando, per la prima volta, era scoppiato il desiderio. Quel tempo apparteneva, per entrambi, al significato profondo della propria vita, quando gli incontri sulle poltrone della veranda avevano spiegato soltanto che « si sarebbe stati per sempre insieme »;49 la memoria di quei giorni compare solo nei primi mesi del matrimonio, quando arriva la possibilità di nominare quei ricordi o pensarli a poca distanza; eppure il tema della « cognizione della propria vita » non scompare nel corso degli anni e diventa, viceversa, argomento della poesia, oltre che dell’esistenza:

Così mi disperavo alacre a [torto]
lontano a mia gemmata fantasia
che in giuochi suoi m’aveva tenuto assorto
di sogni dolci e piena melodia.
Ed ora col suo viso fatto smorto
in ore lunghe di melanconia
vagando nel viale, lungo l’orto,
per prati campi senza compagnia
m’aspettava sull’alba nell’argento
delle rugiade, nel meriggio lento,
vespero nell’ombre temperate
di sole ancora, a sera nelle tempre
tenui di rane e grilli, e stellate
notti, in silenzio m’aspettava sempre50.

Questo paesaggio, che si collega alla percezione della felicità e al suo sentimento, che indica la capacità di « vedere » quello che prima si era solo « creduto » o « sperato », diventa infatti « paesaggio » dell’amore e dell’anima, perché Angiolo Orvieto trova la capacità di nominarlo tramite la parola poetica e, prima ancora, di provare « ciò di cui parla ». Il « tema della natura », ovvero la capacità di attribuire ai « luoghi » significato poetico e ai versi che ne derivano dignità letteraria, trova, quindi, in Orvieto una particolare capacità di interpretare i momenti della vita e i significati che il poeta riconosce alla sua « esperienza ».

Il distacco, o almeno la differenza con altri momenti della sua poesia appare, infatti, proprio a questo proposito, significativo e degno di interesse. Si tratta del fatto che – prima del matrimonio e, in altri casi, dopo – Orvieto esprime forme di dolore esistenziale tramite la descrizione di aspetti più cupi del paesaggio e talvolta drammatici. In altri scritti o poesie – come, in parte, abbiamo già visto – si riferisce a dolori di origine morale e, quindi, ad ansie rispetto alla salvezza o al peccato. Ho affrontato altrove il tema, secondo il quale questo argomento – presente nel dialogo con la moglie – si sviluppa o influisce sul rapporto, che si svolge durante gli anni del matrimonio e della vita in comune. Laura reagisce spesso al dolore e al « dramma » di Angiolo, rappresentando, forse, davvero l’appoggio e la « guida sicura » che il marito sperava. Angiolo, d’altra parte, è in grado di trovare nella vita coniugale e, con similmente, nella più profonda considerazione della vita, quella felicità o quella « speranza » per resistere.

Prima di tornare al significato degli anni del matrimonio nella poesia di Orvieto, particolarmente utili ad indicare come gli aspetti del « sentimento » vengono percepiti attraverso la riflessione della scrittura poetica, si possono notare, quindi, alcuni esempi relativi al « tema del paesaggio », nella sua dimensione più cupa e drammatica. Si tratta di interessanti indicazioni sul contenuto dei significati poetici, altrettanto utili per individuare una « traccia » nella biografia esistenziale del poeta:

Ampio orizzonte, e v’è su l’alto monte
pura e sana una fonte. E non potevi
bere dell’acqua di quel vivo fonte,
ma giù scendere abbasso ognor dovevi.
Ad aria pesa ad un chiuso orizzonte
per estinguer la sete discendevi
ad acque senza forza torbe grevi
ma pur concesse alla tua sete e pronte.
Era castigo e ti durò per anni.
Viver dovevi in mezzo alla dovizia
d’aria di luce d’acqua scintillante,
e scendere per bere. Ora s’inizia
tua vita nova. Duri son gli affanni,
ma [par concessa] a te quell’acqua santa51.

Come in questo caso, il tema è legato ad indicazioni di « asperità » e di difficoltà morale, che appaiono attraverso significati metaforici ed immagini bibliche. Il contenuto, tuttavia, non è sempre « deducibile » o chiaramente definito: viceversa, prevale il carattere onirico, che rimanda ad una situazione complicata, il cui contenuto si pone come un aspetto della coscienza o della consapevolezza intima. Il significato « drammatico », quindi, si esprime attraverso immagini di tipo alpestre, nelle quali l’impervietà del tracciato e del percorso rimanda ad altrettanto « sgomento ». Il motivo risulta, di conseguenza, « consapevole » o distinguibile, ma anche « rimosso » e non argomentabile: il tema si esprime, quindi, tramite « metafore » il cui contenuto rimanda a significati in parte « impliciti », perché non altrimenti destinati al discorso. Attraverso queste immagini, Orvieto indica il tema di un aspetto interiore, i cui motivi sono percorsi da « ansia » e « paura » e le cui immagini si desumono dal tema biblico: il tracciato del poeta incontra « l’alpe » e vede scorrere « acque impervie »: la vegetazione si fa scura e la tempesta – che compare come indicazione del significato ambientale – minaccia l’arrivo52. Altri temi quali la « fuga » e il « movimento » sono reperibili nella tradizione occidentale:

Sente l’inno soave anche pastore
che torna con le sue pecore lente,
unite in lunga fila, alle dimore
chiuse nell’ombre loro sonnolente.
Vagò su per i greppi a tutte l’ore
timo brucando il gregge sparso e mente;
temperavano fronde estivo ardore,
spegnesi sete in onda di torrente,
prece ascolta, e rozza ma dolcezza
nel suo penetra cuore primitivo;
si scopre, si fa il segno della croce;
le pecorelle anch’esse alla freschezza
sostan di dolce mormorante rivo
e l’acqua prega con sua casta voce53.

In esempi come questo, anche la riflessione sul significato della vita viene espressa secondo alcune « figure » della tradizione occidentale, legate al « tema pastorale » come indagine sulle possibilità della conoscenza e della riflessione interiore54. Il paesaggio appare comunque « impervio » in senso morale, ovvero legato a temi « scuri » e, a loro modo, non adatti alla rappresentazione degli aspetti più forti o intensi della vita.

Queste caratteristiche della poesia di Angiolo Orvieto si rivelano di estremo interesse per la sua biografia e soprattutto per il significato del rapporto tra esperienza esistenziale e testimonianza. Nel vastissimo archivio privato di Angiolo Orvieto la traccia della vita del poeta appare saldamente legata al tema della poesia e ai contenuti che vi si scoprono, rivelando un legame stretto tra l’esperienza reale e i significati del pensiero e della ricerca intellettuale. Il rapporto tra la poesia di Orvieto e le carte d’archivio (donate dal poeta stesso) si pone, quindi, come una traccia significativa per indagare i contenuti della biografia e del significato che questa riveste nell’esperienza storica. In questo studio è stato, quindi, possibile osservare soprattutto gli aspetti del sentimento e i significati che l’espressione dei sentimenti è capace di indicare rispetto alla trasmissione della memoria storica e dell’esperienza. Il contenuto reale della vita e gli aspetti che ne emergono, come realmente significativi per la soggettività e l’esperienza, assumono importanza per tramite delle possibilità offerte dalla poesia come fonte storica comune alla letteratura e partecipe di aspetti letterari. I sentimenti e qui, soprattutto, il « tema d’amore » si sono rivelati - anche in questo caso - un significativo oggetto d’indagine, indicando possibilità dirette nell’esplorazione degli argomenti morali e dei loro contenuti.

Note de fin

1 Angiolo ORVIETO (1869-1967) nasce a Firenze da Leone Orvieto e Amalia Cantoni, dove continua a vivere per il resto della vita. Sposa nel 1899 Laura Cantoni (Milano, 1876-Firenze, 1954), che condivide con lui l’impegno intellettuale e l’interesse per la letteratura. Poeta e fondatore di due riviste « La Vita Nuova » e « Il Marzocco », partecipa all’ambiente intellettuale delle riviste fiorentine ed è promotore di numerose attività culturali. Ebreo, si rivela voce significativa della cultura italiana, a cui partecipa nel dibattito intellettuale e attraverso la scrittura poetica. Per le indicazioni relative all’ambiente culturale, si veda: Caterina DEL VIVO (a cura di), Il Marzocco. Carteggi e cronache fra Ottocento e Avanguardie (1887-1913). Atti del seminario di studi, 12-14 dicembre 1983, Firenze, Olschki, 1985; Caterina DEL VIVO, Marco ASSIRELLI (a cura di), Il Marzocco. Carteggi e cronache fra Ottocento e Avanguardie (1887-1913). Catalogo della Mostra documentaria, Firenze, Gabinetto Vieusseux, 1984.

2 Mi riferisco a: Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore » ed altre poesie, in buona parte dedicate a Laura. Contiene anche versi per Elisabeth Chaplin [1924-1950], in Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux (ACGV), fondo Orvieto, Or. 4.36. 1-5.

3 Mi riferisco a: Angiolo ORVIETO, Sposa mistica e altri versi (1890-1892), Firenze, F.lli Bocca, 1983; Id., La sposa mistica. Il velo di Maya (1890-1897): poesie, Milano, Treves, 1898.

4 A « La Vita Nuova. Periodico settimanale di letteratura, d’arte e di filosofia », pubblicato a Firenze tra il 1889 e il 1891, collaborano tra altri Edmondo De Amicis, Enrico Nencioni, Federico De Roberto e Gabriele D’Annunzio. « Il Marzocco. Periodico settimanale di letteratura e arte » esce, quindi, dal 1896 al 1932, diretto da Angiolo insieme al fratello Adolfo Orvieto; dal 1897 al 1900, annovera la direzione di Enìrico Corradini e passa, successivamente, al solo Adolfo. Vi collaborano, tra gli altri: Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Enrico Nencioni, Neera, Angelo Conti, Carlo Placci, Emilio Cecchi, Mario Morasso, Vittorio Cardarelli. Si consideri: Clementina ROTONDI (a cura di), Il Marzocco: Firenze 1896-1932. Indici, Firenze, Olschki, 1980.

5 Mi riferisco a: Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa). Poesie composte per lo più nel Ricovero di Padre Massimo, in ACGV, loc. cit., Or.4.35.1-6. Più incerta l’indicazione di: Angiolo ORVIETO, Angiolo Orvieto. Sonetti della vita: Mattino della vita, in ACGV, loc. cit., Or.4.35.7 e Angiolo ORVIETO., [Sonetti della vita]: Donne; Uomini e donne, in ACGV, loc. cit., Or.4.35.8-9 come fonti originali, attribuibili al medesimo autore. Si tratta di documenti autografi, prodotti durante il periodo delle deportazioni, quando Angiolo Orvieto era nascosto alle persecuzioni, presso il ricovero per anziani di padre Massimo, nel Mugello. I documenti contengono prevalentemente testi poetici.

6 Laura Orvieto ricorda di aver visto, per la prima volta, il cugino a Firenze e poi, in sua presenza, di aver discusso la poesia di Giovanni Pascoli, superando la difficoltà di esporsi in un pranzo di famiglia. Racconta, di conseguenza, di aver chiesto direttamente « lei mi sposerebbe? », introducendo il tema della propria vita e l’argomento di discussione romantica. Altrove descrive il contenuto dei primi incontri, tramite lo scavo della memoria e i significati del linguaggio amoroso. Si veda: Lettera di Laura Cantoni ad Angiolo Orvieto, s.l., 18 giugno 1900, in ACGV, loc. cit., Or. 4. 103. Si consideri anche: Claudia GORI, Crisalidi. Emancipazioniste liberali in età giolittiana, Milano, Angeli, 2003, pp. 51-82; Ead., Sentimenti. Quattro carteggi d’amore, tra dimensione personale e sfera pubblica, nell’Italia dell’Ottocento e del primo Novecento, (Firenze), 2010, p. 268 e 271 e, in particolare, si veda: Laura ORVIETO, Storia vera di Angiolo e Laura, in ACGV, loc. cit., Or.5.6.3, poi pubblicata come Laura ORVIETO, Storia di Angiolo e Laura, a cura di Caterina DEL VIVO, Firenze, Olschki, 2001.

7 Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or. 4.35.2.

8 Ivi.

9 La presenza di Pirandello tra i collaboratori della « Vita Nuova » rappresenta di fatto un’informazione diretta sull’ambiente culturale del giovane Orvieto e sull’introduzione dei temi letterari che lo riguardano (Cfr. Caterina DEL VIVO, Marco ASSIRELLI, op. cit., ad vocem). Per quanto riguarda il rapporto stretto tra teatro e poesia, si consideri, invece, quanto già sostenuto da Ettore BONORA, Poetica, poesia e teatro del Seicento. Anno Accademico 1972-’73, (Torino), 1973. Per il tema della « visione » o della « visione d’amore » nella letteratura italiana, si noti: Natalino SAPEGNO, Storia letteraria del Trecento, Milano-Napoli, Ricciardi, 1963; Riccardo AMBROSINI, « Visione », in Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1976, p. 1071; Mario MARTI, Storia dello Stil Novo, Lecce, Milella, 1973.

10 Per alcune indicazioni in questo senso, si consideri la vasta bibliografia sul mondo ebraico, che ha variamente notato questi aspetti. Tra gli altri: Franco DELLA PERUTA, Le interdizioni israelitiche e l’emancipazione degli ebrei nel Risorgimento, in « Società e Storia », 19, 1983, pp., 77-108; Id., Gli ebrei nel Risorgimento fra interdizioni ed emancipazione, in Storia d’Italia. Gli ebrei in Italia, tomo II, Dall’emancipazione a oggi, a cura di Corrado VIVANTI, Torino, Einaudi, 1997, pp. 1135- 1167; Tullia CATALAN, L’organizzazione delle comunità ebraiche italiane dall’Unità alla prima guerra mondiale, in ibidem, pp. 1243-1290; Ead., I Morpugno a Trieste. Una famiglia ebraica fra emancipazione e integrazione (1848-1915), in Percorsi e modelli familiari in Italia tra ‘700 e ‘900, a cura di Filippo MAZZONIS, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 165-186; Mario TOSCANO, Introduzione, in Francesca SOFIA, Mario TOSCANO (a cura di), Stato nazionale ed emancipazione ebraica, Roma, Bonacci, 1992, pp. 7-18; Monica MINIATI, Les « émancipées »: les femmes juives italiennes aux XIXe et XXe siècles (1848- 1924), Paris, H.Champion, 2003; Annarita BUTTAFUOCO, Una « filantropa politica ». Profilo di Nina Rignano Sullam, in « Il Risorgimento », 2, 1989, pp. 143- 159. Per argomenti di tipo metodologico, si consideri comunque: Lucien FEBVRE, Comment reconstituer la vie affective d’autrefois? La sensibilité et l’histoire, in « Annales d’histoire sociale », 3, 1941, pp. 5-20.

11 Sul tema della cognizione della propria esperienza e della sua narrazione, si considerino i contributi relativi agli studi sulle fonti autobiografiche: Angela GROPPI, I sentimenti e i loro storici, in « Memoria », 1, 1981, pp. 53-64; Annarita BUTTAFUOCO, Il sentimento della politica, in Percorsi del femminismo e storia delle donne. Atti del Convegno di Modena, Modena, 2-4 Aprile 1982, in « Nuova Dwf », 22, 1983, pp. 49-60; Roger CHARTIER (éd.), La correspondance: le usage de la lettre au XIXe siècle, Paris, Fayard, 1991. Si considerino ancora: Cécile DAUPHIN, Pierrette LEBRUN-PÉZERAT, Danièle POUBLAN, Ces bonnes lettres. Une correspondance familiale au XIXe siècle, Paris, Albin Michel, 1995; Marie-Claire GRASSI, Friends and Lovers (or the Codification of Intimacy), in « Yale/French Studies », 71, 1986, pp. 77-92; Mireille BOSSIS, Methodological Journeis Through Correspondences, in « Yale/French Studies », 71, 1986, pp. 63-75: Ead., La lettre entre mythe et realités: quelle lecture? Pour une bibliographie sur l’« épistolaire », in « Igitur », 1, 1991, pp. 7-26; Rebecca EARLE (ed.), Epistolary Selves: Letters and Letter-Writers 1600-1945, Aldershot, Ashgate, 1999; Filippo MAZZONIS, Di padre in figlio. Corrispondenze familiari dei conti di Campello nel corso dell’Ottocento (e prima e dopo), in Dolce dono graditissimo. La lettera privata dal Settecento al Novecento, a cura di Maria Luisa BETRI e Daniela MALDINI CHIARITO, Milano, Angeli, 2000, pp. 94-137.

12 L’emergenza della vita interiore è un tema inerente la poesia del Tasso, nel momento in cui la « favola » rivela le difficoltà e i passaggi dell’esperienza e del suo svolgimento. Per questi aspetti della poesia lirica, rimando quindi a Giovanni GETTO, Interpretazioni del Tasso, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1967, pp. 53-55. Sulla « favola »: Giovanni FALASCHI, La favola di Rinaldo. Il codice fiabesco e la « Gerusalemme liberata », Firenze, Le Lettere, 1994. Per ulteriori indicazioni nel contesto della storia della letteratura, anche in momenti successivi, rimando ancora a Ettore BONORA, op. cit.

13 L’argomento della « memoria » ha ricevuto successive analisi nel contesto della storiografia e ha rappresentato un importante settore degli studi. Si considerino: Genere e soggetto, in « Memoria », 1, 1989; Annarita BUTTAFUOCO, Vuoti di memoria. Sulla storiografia politica in Italia, in « Memoria », 31, 1991, pp. 61-72. Per il contesto internazionale, utile per i significati inerenti la pratica e la riflessione storiografica: Anthony MOLHO, Gordon S. WOOD, Imagined Histories. American Historians Interpret the Past, Princeton, Princeton University Press, 1998.

14 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Il rifugio.

15 Angiolo. ORVIETO, Diari del viaggio intorno al mondo (21 agosto 1898- 5 febbraio 1899), in ACGV, loc.cit., Or. 4.11.2-3.

16 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Il filo.

17 Ivi.

18 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Il rifugio.

19 Questi temi della letteratura compaiono con significati pregnanti nella tradizione italiana e ne rappresentano un percorso autonomo, segnato dalla riflessione sugli aspetti morali e sui « significati dell’anima »: Tasso, T., in Dizionario critico della letteratura italiana, a cura di Giovanni Getto, Torino, Utet, 1987, ad vocem; Lanfranco CARETTI, Ariosto e Tasso, Torino, Einaudi, 1967; Giorgio PETROCCHI, I fantasmi di Tancredi, Caltanisetta-Roma, Sciascia, 1972. Temi particolari quali l’esplorazione della natura, degli aspetti notturni legati alle asperità della vita e alle difficoltà opposte dall’ « attraversamento », nella certezza del tema d’amore e del suo scopo morale, compaiono separatamente nella poesia del Tasso. Si veda ancora: Giovanni GETTO, Interpretazioni del Tasso, cit.

20 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., [Versi sparsi].

21 Ivi.

22 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., L’eremo.

23 Per il tema della « visione » dantesca, si veda più direttamente: Natalino SAPEGNO, op. cit., pp. 46-49 e 55-57.

24 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Gemme.

25 Il tema della biografia ha incontrato recenti sviluppi e rinnovati motivi d’interesse: Sabina LORIGA, Le petit X. De la biographie à l’histoire, Paris, Seuil, 2010. L’argomento, che ha comportato la valutazione e la discussione critica dei contenuti che la storiografia ha svolto relativamente alla « scoperta » delle emozioni e ai nuovi interessi sulla soggettività (Luisa PASSERINI, Storie d’amore e d’Europa, Napoli-Roma, L’Ancora, 2008) si è rivolto all’analisi della tradizione critica ottocentesca e dei suoi contenuti di indirizzo. Si veda: Bonnie G. SMITH, The Gender of History. Men, Women and the Historical Practice, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 2000.

26 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Prima primavera.

27 Per i temi che ho menzionato, mi riferisco alla cultura del tardo- Settecento e al pre-romanticismo. Si veda, per esempio: Martha C. NUSSBAUM, Equality and Love at the end of the marriage of Figaro: Forging Democratic Emotion, in « Collegium », 9, 2010, pp. 6-34; Elena PULCINI, L’individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita del legame sociale, Torino, Bollati Boringhieri, 2001; Lynn HUNT, Inventing Human Rights. A History, New York- London, W.W. Norton & Company, 2007. Risulta, d’altra parte, utile il confronto con la cultura inglese e, più in generale, con i contenuti del Romanticismo europeo. Si veda, anche per l’introduzione allo studio sulla biografia e per le indagini sui significati della poesia, in rapporto all’espressione del sentimento: Peter SPRATLEY, Wordsworth’s sensibility inheritance: the Evening Sonnets and the “Miscellaneous Sonnets”, in « European Romantic Review », 1, 2009, pp. 95-115.

28 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Prima primavera.

29 Il tema appare significativo nella letteratura ebraica. Cesare Pavese, nella difficoltà di confrontarsi con un tessuto culturale esterno, quanto affascinante indicava, per esempio – negli anni della seconda guerra mondiale – che le origini testuali, nonché narrate rappresentavano un aspetto riconoscibile della cultura ebraica ( « Mann il ripetersi mitico dei fatti », Cesare PAVESE, Il mestiere di vivere. Diario 1935-1950, a cura di Marziano GUGLIELMINETTI e Laura NAY, Torino, Einaudi, 2000, p. 330). L’indicazione riguardava, quindi, Le storie di Giacobbe di Thomas Mann (1933) ( « Prima ancora di rileggere Thomas Mann Giacobbe (dic. ’42) », ibidem, p.269), nelle quali Mann si confrontava direttamente con il tema ebraico e dove, quindi, secondo Pavese, era riconoscibile un argomento distintivo di quella cultura (« […] una volontà costante di Dio che un certo progetto si realizzi », ibidem, p. 298). Concludeva, a suo modo: « […] Di qui potrebbe dedursi che il mondo, la vita in generale si valorizzano unicamente avendo l’animo a un’altra realtà, oltremondana. Diciamo, avendo l’animo a Dio. Possibile? - (6 apr.) Affermi così l’esistenza di Dio in quanto permetti e postuli il valore del mondo e della vita. Ma è appunto questo valore che va dimostrato. Questo valore esiste. Tant’è vero che lo senti, e che cos’è un valore altro che una qualità che si sente? Che cosa significherebbe un valore oggettivo ma non sentito?) (ibidem, p. 300). Per i temi della cultura ebraica, si veda quindi: Thomas MANN, Le storie di Giacobbe, Milano, Mondadori, 1980 (ed. or. Thomas MANN, Die Geschinchten Jaakobs, Frankfurt am Main, Fischer Verlag GmbH, 1974).

30 L’argomento può rappresentare il tema di una trattazione indipendente. Notava Laura Orvieto, a proposito di Dante e della considerazione che Angiolo attribuiva al poeta: « cosicché il Poeta suo e nostro e di quanti lo hanno in cuore con ardente affetto divenne compagno fido, dal quale né allora né mai allontanarsi poteva né volle » (ACGV, loc. cit., Or. 5.8.8, Memorie in forma di racconto, del soggiorno al ricovero di S. Francesco).

31 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Neve.

32 Sul tema d’amore come tema filosofico della letteratura italiana dalle origini, rimando, per esempio, a: Mario MARTI, Storia dello Stil Novo, cit., pp. 387-403; quindi, anche al commento della canzone di Guido Guinizzelli (« Al cor gentile reimpaira sempre amore »), come testo poetico di carattere filosofico (ibidem, pp. 162-165).

33 Scrive, per esempio, Angiolo Orvieto: « Colei alla quale parlo mi comprende, palpita con me, trema e arde con me: anime immense, capaci di accogliere tutto l’universo dello spazio e del tempo, vanirono senza questa gioia: il Leopardi non l’ebbe e non l’ebbe Dante » (Lettera di Angiolo Orvieto a Laura Cantoni, Venezia, 14 giugno 1899, in ACGV, loc. cit., Or.5.2.2.1). La posizione di Orvieto nella tradizione italiana può non apparire priva di significato, almeno in relazione al « tema d’amore ». Orvieto esprime, infatti, in questo tema, i significati della poesia romantica, che interpreta la tradizione ottocentesca e la rappresenta. Il tema d’amore sembra, d’altra parte, anche collegare Orvieto alla tradizione poetica italiana, per la quale il poeta esprime profonda identità e sicura partecipazione. A proposito del suo libro Il Gonfalon Selvaggio (Milano, Mondadori, 1934), scriveva, per esempio, in anni tardi: « Si voleva dimostrare coi fatti la possibilità d’una poesia, che pur mantenendosi dentro le linee maestre della grande tradizione italiana fosse moderna di spiriti e accogliesse novità ragionevoli » (Angiolo ORVIETO, Appunti sparsi di argomento ebraico [dal 1918? Al 1950?], in ACGV, loc. cit., Or.4.44.6). Per la discussione storiografica sull’Ottocento romantico, rimando a: Alberto Mario BANTI, Paul GINSBORG (a cura di), Il Risorgimento, in Storia d’Italia. Annali, 22, Torino 2007.

34 Ancora sul rapporto tra teatro e poesia, scrive Cesare Segre: « Questo elemento teatrale non è assente nella poesia, ma vi si configura molto diversamente. È raro, specie nella lirica, che il poeta dia voce a vari personaggi e ne rappresenti la visione della vita. […] Molte volte s’intravvede un dialogo: ma esso non deve dar forma a due posizioni contrapposte, bensì sovrapporre la seconda alla prima » (Cesare SEGRE, Teatro e romanzo, Torino, Einaudi, 1984, pp. 113-114).

35 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., Il filo.

36 Angiolo ORVIETO, Pagine di prosa: « spunti e appunti », in ACGV, loc.cit., Or.4.42.18.

37 Ivi.

38 Angiolo ORVIETO, Poesie: « I preludi e l’amore », cit., La quercina.

39 Si veda anche: Caterina DEL VIVO, Il Fondo Orvieto presso l’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux, in « Rassegna Mensile di Israel », 2, 1981, pp. 167-175. Gli Orvieto rappresentavano una presenza interessante, nell’ambito del tessuto ebraico, più legato o partecipe della vita unitaria. Sulla partecipazione e sui legami degli ebrei col Risorgimento, si veda: Franco DELLA PERUTA, Le interdizioni israelitiche e l’emancipazione degli ebrei nel Risorgimento, cit., p. 93; Corrado VIVANTI, « Storia degli ebrei in Italia e storia d’Italia », in Studi Storici, 31, 1980, pp. 349-351; Bruno DI PORTO, « Gli ebrei nel Risorgimento », in Nuova Antologia, 115, 1980, pp. 256-272.

40 Questi aspetti non vanno separati da una più attenta considerazione della poesia come documento e carta d’archivio. Questa considerazione valuta i significati di una stagione di studi, che ha trovato nella riflessione sulle scritture documentarie importanti argomenti di analisi: Attilio BARTOLI LANGELI, Armando PETRUCCI (a cura di), Alfabetismo e cultura scritta, Bologna, Il Mulino, 1978; Armando PETRUCCI, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Torino, Einaudi, 1986; Id. Scrivere e no: politiche della scrittura e analfabetismo nel mondo d’oggi, Roma, Editori Riuniti, 1987. Più direttamente: Christa HAMMERLE (ed.), Plurality and Individuality. Autobiographical Cultures in Europe. International Research Workshop (Vienna, 21-22 Ottobre 1994), Wien, Internationales Forschungszentrum 1995; Roger CHARTIER, Inscrire et effacer. Culture écrite et littérature (XIe- XVIIIe siècle), Paris, Seuil-Gallimard, 2005.

41 « se non m’avesse a miglior corso indotto/ la poesia dond’è l’anima esperta » (Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or.4.35.5. Il riferimento è alla vita mondana).

42 « […] ma senza poesia, e senza versi no, non posso e non ho potuto mai vivere » (ACGV, loc. cit., Or. 4.43.11, Angiolo Orvieto. Testo per conferenza sulla sua attività poetica (soprattutto la più remota) circa 1925-30?).

43 Tra le opere pubblicate di Angiolo Orvieto, si considerino successivamente a quelle già citate: Verso l’Oriente: poesie, Milano, Treves, 1902; Le sette leggende, Milano, Treves, 1912; Poesie d’amore e d’incanto, Firenze, Le Monnier, 1923; Il vento di Sion: canzoniere d’un ebreo fiorentino del Cinquecento, Firenze, Casa editr. Israel, 1928.

44 Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or.4.35.5.

45 Il significato della « poesia intimista » – secondo la definizione che è stata attribuita a questa corrente – si apre, in questo caso, a maggiori chiarimenti e a nuove considerazioni degli aspetti coinvolti. Per gli studi su Angiolo Orvieto, si considerino: Angiolo ORVIETO, Poesie scelte, a cura di Carlo PELLEGRINI, Firenze, Olschki, 1979, pp. 5-13; Alberto ASOR ROSA, La trama biografica dei fenomeni letterari, in Letteratura italiana, Gli Autori. Dizionario bio-bibliografico e Indici, Torino, Einaudi, 1990, pp. XI-XVI; Gianni OLIVA, I nobili spiriti. Pascoli, D’Annunzio e le riviste dell’estetismo fiorentino, Venezia, Marsilio, 2002.

46 Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or.4.35.4. La grafia, in questo documento, sembra attribuibile a Laura Orvieto, moglie del poeta, che infatti si trovava nascosta, insieme a lui, nel ricovero per anziani, durante la seconda guerra mondiale e, probabilmente, trascorreva con lui il pomeriggio. La poesia, viceversa, è di Angiolo.

47 Angiolo ORVIETO, Pagine di prosa: “spunti e appunti”, cit.

48 Ivi.

49 « Un anno fa sapevamo che si sarebbe vissuta assieme tutta la nostra vita: e così sarà » (Lettera di Laura Cantoni ad Angiolo Orvieto, s.l., 18 giugno 1900, in ACGV, loc.cit., Or.4.103).

50 Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or. 4.35.5.

51 Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or.4.35.3.

52 « La vista de’ deserti, e l’orrore e la rigidezza de le alpi ci piace, dopo l’amenità de’ laghi e de’ giardini » (Giovanni GETTO, Interpretazioni del Tasso, cit., p. 53, citazione del poeta). Orvieto svolge il tema della tradizione ebraica: « Fragranza d’abeti viene sulla fragranza del mare […] Viene e la recano le vostre parole, o lontana! Ed ecco le vostre parole aprono abissi di luce in due anime già tutte inondate di luce le due anime assorte si sono protese sul mare: hanno veduto le tenere vele bianche del sogno ondeggiare sul mare dalle onde frementi e piene di paura; hanno veduto i flutti della speranza che tocca le rive dell’Universo. […] E noi preghiamo il Dio che Leonfrancesco conosce, fatti puri e freschi come l’onda del mare. […] E io vorrei che il Dio, con le resine immortali delle sue foreste, desse a te le resine più pure […], che tu hai fatto vibrare, ed esse fossero gioia per te. » (Angiolo ORVIETO, Pagine di prosa: “spunti e appunti”, cit.). Il passo è rivolto alla moglie, forse poco dopo la nascita del primo figlio Leonfrancesco.

53 Angiolo ORVIETO, Poesie 1943-1945 (circa), cit., Or.4.35.4.

54 Il tema pastorale – strutturale della letteratura italiana – svolge la poetica seicentesca e arcadica. Significativa l’intuizione di Bonora che collega l’esperienza lirica al tema d’amore e ne sottolinea la capacità di esprimere i caratteri di spontaneità e trasporto (cfr. Ettore Bonora, Poetica, poesia e teatro del Seicento, cit.). Angiolo Orvieto, riprendendo il tema pastorale, indica le linee della tradizione italiana, di cui conosce i contenuti. Si consideri, del resto, che il poeta, il quale aveva conseguito studi regolari nel liceo classico « Dante » di Firenze e al « Cesare Alfieri », dove si era laureato in Filosofia, si considerava partecipe, nonché “voce” autonoma della letteratura italiana. Sull’ambiente letterario della Toscana a fine Ottocento, in relazione al contesto culturale e al dibattito letterario, si consideri la ricostruzione di: Giorgio LUTI, Firenze e la Toscana, in Letteratura italiana. Storia e geografia, vol. IV, L’età contemporanea, Torino, Einaudi, 1989, pp. 463-564.

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Référence électronique

Claudia Gori, « Angiolo Orvieto: biografema d’amore », Line@editoriale [En ligne], 8 | 2016, mis en ligne le 14 mars 2023, consulté le 03 mai 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/864

Auteur

Claudia Gori

European University Institute San Domenico di Fiesole

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