L’impegno dello scrittore intellettuale

Alberto Moravia e la prima serie di « Nuovi Argomenti »

  • L’impegno dello scrittore intellettuale

Résumés

Alberto Moravia è invitato dall’avvocato fiorentino Alberto Carocci a dirigere con lui una rivista, « Nuovi Argomenti ». L’idea è di creare una rivista di sinistra che abbia un interesse per la realtà italiana e che tratti argomenti « giunti a maturazione » dalla fine della guerra in poi. Il primo numero appare il primo marzo del 1953 e si apre con un’inchiesta su arte e comunismo. L’articolo analizza i rapporti e il legame tra Alberto Moravia e la prima serie della rivista (1953-1964) nel tentativo di comprendere cosa spinga il romanziere a cercare luoghi d’espressione al di fuori della letteratura tout court; come Alberto Moravia definisca la sua attività intellettuale e come nasca nello scrittore la necessità di un impegno e di un intervento critico sulla realtà.

Alberto Moravia is invited by the Florentine lawyer Alberto Carocci to direct a magazine, « Nuovi Argomenti ». The idea is to create a left wing magazine that has an interest for the Italian political and cultural reality and deals with new arguments, since the end of the Second World War. The first volume appears in march 1953 and opens with an investigation on art and communism. This article analyses the relationship between Alberto Moravia and the first period of the magazine (1953-1964) to understand: first why the writer looks for places outside of literature to express his reflexions on reality, second how he defines the intellectual activity, and finally how he starts to be engaged.

Plan

Texte

1. Un impegno controvoglia

1.1. Lo scontro con la realtà storica: Alberto Moravia, il fascismo, la guerra.

Alberto Moravia pubblica il suo primo romanzo Gli indifferenti nel 1929, nel pieno del regime fascista. Fino a questo momento lo scrittore non si era occupato di politica, ciò che lo interessava era la letteratura. La grande rivelazione dell’adolescenza era stata la lettura di Rimbaud e Dostoevskij. La sua preoccupazione era rivolta alla malattia, che l’aveva colpito all’età di nove anni e che ancora lo tormentava a livello fisico e psicologico. Apparteneva a una famiglia della borghesia romana e in quel periodo, egli stesso ricorda, nell’Intervista allo scrittore scomodo1, quanto si sentisse solo un giovane borghese in un paese in cui la vita politica non esisteva. La critica alla società borghese, che emerge dal suo primo romanzo, nasce da un’esigenza intima dell’autore e non da una convinzione ideologica. Moravia, attraverso la sensibilità dell’artista, si ribella naturalmente alla sua classe di sociale attraverso la finzione narrativa. Ma il fascismo e la guerra stravolgono profondamente la vita dell’autore diventando esperienze fondamentali:

[…] le esperienze che contano sono spesso quelle che non avremmo mai voluto fare, non quelle che decidiamo noi di fare. Io non avrei mai voluto fare l’esperienza della malattia, dei totalitarismi, della guerra. E invece queste tre esperienze sono state per me fondamentali […]2.

Il fascismo lo colpisce personalmente: sul piano familiare con l’assassinio dei cugini di Moravia, i fratelli Rosselli, avvenuto nel 1937; nell’attività di scrittore, imponendo la censura ai romanzi Le ambizioni sbagliate, La mascherata e Agostino3; e infine come cittadino, a causa delle leggi razziali e dei suoi interventi su « Il Popolo di Roma », il giornale antifascista diretto da Corrado Alvaro, il che gli valse la condanna al confino e lo costrinse a fuggire a Fondi4. Il romanzo La mascherata5, nello specifico, aveva ricevuto il nulla osta da Mussolini ma la censura aveva bloccato la seconda edizione. Il romanzo è uno dei testi narrativi più politici di Moravia e rappresenta un’accusa diretta ai totalitarismi. Nella « Breve autobiografia letteraria », l’autore definisce La mascherata un racconto fantapolitico nato dalle sue esperienze personali: « È un romanzo, nel fondo, molto amaro, che rifletteva la mia amarissima esperienza del fascismo e in genere dei regimi totalitari dell’URSS, dell’Italia, della Germania, e della Spagna »6. Moravia consolida così il suo antifascismo e lo manifesta innanzitutto attraverso un’opera di finzione.

Nei documenti epistolari di quegli anni, pubblicati nel volume Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto7, emerge come lo scrittore sia preoccupato per i violenti interventi del fascismo nella cultura. In una lettera del luglio del 1933 indirizzata all’amico Umberto Morra8 si legge come « […] anche l’Italia letteraria sembra che stia per morire – c’è una grande offensiva del capo ufficio stampa on. Polverelli per fascistizzare totalitariamente anche la stampa letteraria »9. Il fascismo sta annichilendo, oltre che la cultura, anche l’animo dello scrittore: Roma, come afferma in una lettera a Lélo Fiaux10, è una città in putrefazione dov’è impossibile lavorare e dove il futuro è legato alle decisioni della censura fascista: l’unica via di fuga è rappresentata o dall’azione o dalla letteratura11.

Per questo motivo, Moravia in quegli anni viaggia molto e sicuramente le esperienze più importanti sono legate proprio al suo soggiorno a New York e al suo viaggio in Messico. Se Moravia ritrova la speranza viaggiando, i ritorni a Roma sono sempre altalenanti tra il desiderio di essere là dove le cose accadono12 per osservare e partecipare al corso degli eventi e la frustrazione di constatare la profonda crisi culturale dovuta al radicamento dei regimi totalitari: « […] en Europe de plus en plus l’art n’intéresse plus personne – la politique occupe tout le monde et peut-être c’est juste – il y a en tout cas une crise terrible dans le sens intellectuel, une des plus grandes depuis des siècles »13.

1.2. Gli esordi dell’attività intellettuale: dall’antifascismo a un nuovo umanesimo.

I saggi politici di Alberto Moravia sono raccolti nel volume Impegno controvoglia14. I primi scritti risalgono al periodo della guerra e il titolo che lo scrittore sceglie di dare a questa raccolta, pubblicata nel 1980, è molto emblematico. Per Moravia l’attività principale resta la letteratura ma in momenti drammatici sente il dovere morale di intervenire e prendere posizione mettendo in evidenza la sua attività intellettuale, come scrittore e come cittadino. Gli anni quaranta sanciscono, quindi, l’inizio di un impegno più concreto. Moravia vive la politica innanzitutto in modo soggettivo e le sue riflessioni sulle ideologie del Novecento, e gli eventi storici che le attraversano, hanno sempre una radice intima. Gli eventi politici sono commentati da Moravia sul piano esistenziale e solo successivamente su quello politico:

Ho cominciato a occuparmi attivamente di politica solo nel ’40. […] subivo la situazione; vedevo quel che accadeva, lo riconducevo alla mia esistenza di intellettuale. In me, e in tanti altri come me, c’era a quel tempo repugnanza per la politica, perché la politica significava fascismo e il fascismo era repugnante. Partecipavo di un antifascismo generico, anche se molto risentito15.

Il primo scritto significativo è « Folla e demagoghi »16 pubblicato nel 1943 sul giornale « Il Popolo di Roma », seguito da « Irrazionalismo e politica »17. Pur non facendo riferimento alle forze politiche in campo, Moravia accusa il regime di aver portato al deperimento della società italiana attraverso le adunate e la violenza. Le riflessioni di Moravia passano da un’analisi contingente della realtà a una dimensione più ampia sul ruolo della politica: è convinto che la classe dirigente debba essere una classe di professionisti, pronta a educare politicamente il popolo, attraverso la cultura e la consapevolezza morale. Se la politica non è guidata da un principio razionale, ma solo da entusiasmo e fanatismo, le forze irrazionali nascondono, in realtà, una « […] decadenza e una corruzione così individuale come collettiva »18.

Le riflessioni di Moravia assumono, in seguito, una dimensione universale e ontologica. Nel 1944 appare « La Speranza, ossia cristianesimo e comunismo »19 e nel 1946 « L’uomo come fine »20 che sarà pubblicato solo nel 1954 su « Nuovi Argomenti ». L’attenzione è ora volta ad indagare la condizione umana e a formulare la necessità di fondare un nuovo umanesimo, che veda l’uomo tornare al centro degli interessi politici, economici e culturali della società moderna. Moravia, in uno dei momenti più significativi della crisi dell’uomo moderno, prima della consapevolezza dell’esistenza dei campi di concentramento e della bomba atomica, già intuisce che nel futuro si dovrà tornare a parlare dell’uomo, della sua libertà e della sua condizione:

[…] è urgente […] che il mondo torni ad esser fatto alla misura dell’uomo. Soltanto in un mondo fatto secondo la sua misura, l’uomo potrà ritrovare, attraverso la contemplazione, un’idea adeguata di se stesso e riproporsi come fine e cessare di essere mezzo21.

Partendo da un antifascismo morale depone il seme di quella che diventa la sua concezione di un umanesimo moderno: riportare al centro del mondo l’uomo e agire per liberarlo.

2. « Nuovi Argomenti », il luogo dell’impegno

2.1. Alberto Moravia e le riviste

Alberto Moravia fin dai suoi esordi ha collaborato e scritto per numerose riviste. Negli anni che precedono la pubblicazione de Gli Indifferenti, collabora con le riviste « Il Quarto Stato », « La Fiera Letteraria » e « 900 »22 pubblicando saggi critici e racconti. Tra il 1939 e il 1942 collabora e dirige la rivista « Prospettive »23, diretta dall’amico Curzio Malaparte, sulla quale appaiono nove interventi critici, tre scritti letterari e alcuni disegni o firmati dall’autore stesso o con la scritta Pseudo quando la censura fascista impedisce allo scrittore di pubblicare su periodici e quotidiani. Lo sguardo di Moravia si rivolge anche alle riviste francesi come « Commerce » e « La Nouvelle Revue Française »24. Già nel 1929 c’è l’idea di fondare una prima rivista con Corrado Alvaro, « Caratteri », ma il progetto non va a buon fine a causa di un dissidio tra i due autori25. La rivista nasce poi nel 1934. I direttori sono Antonio Delfini e Mario Pannunzio, e Moravia, amico intimo di entrambi, partecipa attivamente alla sua fondazione26. L’esperienza di « Caratteri » si rivela per l’autore una vera e propria scuola di vita, attraverso la quale si disegnano i rapporti e le amicizie di quegli anni. « Caratteri » può considerarsi il laboratorio dove prendono vita le idee che torneranno al momento della fondazione di « Nuovi Argomenti »: nelle ragioni del titolo compare l’idea dell’indipendenza della letteratura da qualsiasi forma di coercizione politica e un invito alla partecipazione attiva da parte degli scrittori per costruire un « un luogo d’incontro di persone, di “caratteri” »27. Il desiderio e l’auspicio della rivista è sollecitare la critica e i nuovi scrittori, « invogliare i migliori alla riflessione e alla lettura, far conoscere meglio, alcune figure di artisti che crediamo i più degni della nuova arte italiana […] »28.

2.2. La nascita di « Nuovi Argomenti »

2.2.1. Il ruolo delle riviste letterarie nel dibattito intellettuale e politico

Il primo numero di « Nuovi Argomenti » appare nel marzo del 1953 ma per comprendere le complesse problematiche che essa offre ai suoi lettori è necessario risalire alla situazione politica e culturale dell’Italia all’indomani della liberazione. Il periodo storico che si apre con la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale è un periodo ricco e complesso e il nuovo assetto dello stato democratico influenza profondamente l’ambiente culturale. La lotta di liberazione ha coinvolto, per la prima volta nella storia d’Italia, forze molto diverse tra di loro provenienti dalla tradizione cattolica, liberale e socialista. Ognuna delle forze in campo si augurava che la fine della guerra fosse l’inizio di una nuova epoca nella quale si potessero realizzare gli ideali rivoluzionari che avevano alimentato la Liberazione. Tuttavia dal 1948 al 1956 si estingue l’entusiasmo auspicato dalla Resistenza, e la restaurazione « […] assume, nella società civile, gli aspetti politici, culturali e di costume del “clerico-fascismo” […] e in fabbrica quelli della stretta salariale, della disoccupazione, del feroce sfruttamento della forza-lavoro, dell’aperta repressione delle organizzazioni operaie »29. Alberto Moravia, nell’intervista ad Alain Elkann30 sintetizza in modo chiaro il clima e l’ambiente politico che si respirava:

Nel ’48 si era posta la questione di dove andasse l’Italia […]. Ora con la vittoria di De Gasperi cominciò una specie di regime […]. Così ebbe inizio, come ho detto, un regime che in fondo non era molto diverso, secondo me, dal regime fascista. Il fascismo era stato un regime totalitario, adesso c’era un regime parlamentare […]31.

Se questa è la situazione che si presenta sul piano politico tutt’altro effetto si manifesta negli ambienti culturali. La vivacità intellettuale di questo periodo è stata definita da Norberto Bobbio come « […] una delle più rigogliose stagioni culturali dell’Italia contemporanea »32. Le riviste si trovano ad avere un ruolo di mediazione tra le questioni culturali e le questioni politiche e diventano il luogo di espressione dell’impegno dell’intellettuale. La premessa per questo tipo di cultura è « […] necessariamente l’engagement, un impegno morale e civile unificante, capace di dare ad ogni attività umana […] un impulso costruttivo comune »33. Quando « Nuovi Argomenti » inizia le pubblicazioni, il panorama delle riviste italiane è molto vasto ed eterogeneo. Il primo dopoguerra aveva visto l’esperienza fondamentale del « Politecnico » di Elio Vittorini, nonché la militanza delle riviste politico-letterarie come « Rinascita » e « Società »34, espressione della strategia culturale di Palmiro Togliatti. Come osserva Norberto Bobbio, nel saggio « Intellettuali e vita politica in Italia »35, in questo decennio del dopoguerra molte riviste erano nascono e muoiono, ma esse esprimono una vivacità e un anticonformismo che le contrappone alla piattezza e allo squallore della politica di governo:

[…] Non so se vi sia altro paese in Europa, in cui, dopo la liberazione, siano nate così numerose riviste politiche e politico-letterarie, […], e continuano […] a nascere e rinascere, vivendo l’una accanto all’altra in buona salute, senza urtarsi, palleggiandosi cortesemente gli autori, moderne e spregiudicate, piene di serietà e di audacia, di impegno critico e morale. Enumeriamone alcune: « Il Ponte », « Belfagor », « Lo spettatore italiano », « Occidente », « Comunità », « Il Mulino », e ultima arrivata « Itinerari » e s’intende « Nuovi Argomenti »36.

L’articolo è pubblicato nel 1954 su « Nuovi Argomenti » e l’elenco si può completare con la nascita de « Il Contemporaneo » nello stesso anno, di « Officina » nel 1955, di « Ragionamenti » nel 1955, de « Il Verri » nel 1956, de « Il Menabò » nel 1959.

2.2.2. Una rivista al passo coi tempi

« Nuovi Argomenti » viene fondata da Alberto Moravia e da Alberto Carocci, che era già stato direttore di « Solaria », « Riforma letteraria » e « Argomenti ». Come ricorda lo scrittore:

Nel dopoguerra Alberto Carocci […] mi propose di dirigere con lui una rivista, appunto « Nuovi Argomenti ». […] L’idea era quella di creare una rivista di sinistra come « Les Temps Modernes » di Sartre, la quale avrebbe avuto un’attenzione per la realtà italiana di tipo oggettivo e non lirico, […] e al tempo stesso avrebbe cercato di rompere la crosta dogmatica del marxismo37.

La nascita di « Nuovi Argomenti » si colloca in un periodo storico fondamentale, tra la fine del dopoguerra e il boom economico degli anni sessanta. Nel 1953 muore Stalin e gli intellettuali italiani si trovano a dover fronteggiare l’opposizione dei due blocchi contrapposti, quello americano e quello sovietico. Nel 1956 si tiene il XX congresso del PCUS che denuncia i crimini di Stalin e nello stesso anno l’URSS invade l’Ungheria. Come afferma lo stesso Moravia nell’intervista con Ferdinando Camon, la prima serie della rivista « […] rispecchiava interessi di quegli anni: ospitava inchieste sociali, e molti saggi nati dall’area politica. […] Finché è durata la prima serie della mia rivista il marxismo era innegabilmente predominante nella cultura italiana […] »38. Questo elemento fondamentale è sottolineato anche nel saggio « Ideologia e realtà: Alberto Moravia e la prima serie di « Nuovi Argomenti » di Francesca Sanvitale: « […] è il tempo che produce una proposta e ottiene delle risposte. Gli anni Cinquanta “volevano” in primo piano il dibattito sul marxismo e sulla società. L’Italia guardava fatalmente all’America e alla Russia contrapposte »39. Nel 1964 a chiusura quasi simbolica della prima serie della rivista si chiude anche il periodo del miracolo economico40.

Come suggerisce il titolo stesso, la rivista nasce con l’intento di trattare argomenti nuovi o « giunti a maturazione »41 dalla fine della guerra in poi. Il termine « nuovi » rivela l’esigenza di cercare e di mettere in luce nuovi scrittori ovvero « nuovi modi di sensibilità »42 che abbiano qualcosa di concreto ed originale da esprimere e che siano testimoni di un’« esperienza autentica, sia culturale che spirituale »43. Questa premessa esprime la necessità di far emergere il dibattito intorno ai problemi che il comunismo solleva nella vita delle lettere e delle arti. Secondo l’editoriale l’inerzia critica coglie gli intellettuali anche in altri ambiti « dalla guerra e la pace, alla religione e la Chiesa » e più in generale si constata una « […] crisi di fondo che investe la nostra società ed il suo modo di valutare se stessa »44. La rivista, attenta a evitare le strumentalizzazioni politiche ma lungi dal cercare una neutralità, evidenzia il suo primario interesse per la letteratura e la cultura. Si difende l’autonomia del pensiero, della creatività, l’individuale presa di coscienza dei propri fini e delle proprie esigenze di scrittori:

Essa vorrà essere una rivista di letteratura e cultura anche se non distaccata dalla vita ed in particolare dalla vita politica, anzi echeggiante tutti i motivi per i quali gli uomini, nella vita di ogni giorno, lottano e soffrono. In altri termini si tratterà di filtrare i motivi extra culturali attraverso, appunto, prodotti culturali quali il saggio, la novella, l’articolo critico, la poesia45.

La rivista avrebbe assunto, inoltre, un ruolo di mediazione tra la cultura e la politica: « […] lo spirito con cui avevamo fondato « Nuovi Argomenti » era appunto quello di una mediazione tra la cultura tout court, il marxismo e – sul piano più direttamente politico – il PCI »46.

3. La prima serie di « Nuovi Argomenti »: un’agorà intellettuale

La prima serie di « Nuovi Argomenti » raccoglie i dibattiti più importanti e attuali della vita culturale e politica, italiana e internazionale. Ciò che attira l’attenzione è l’eterogeneità dei soggetti proposti e la capacità di raccontare il presente nella sua complessità. In questo senso la peculiarità di « Nuovi Argomenti » è saper organizzare ed esprimere le perplessità, i dubbi e le questioni che preoccupano gli intellettuali italiani e stranieri, diventando un vero laboratorio d’idee e di confronto. Lo stesso Moravia concretizza il suo impegno affidando a « Nuovi Argomenti » la possibilità di indagare le questioni che alimentavano il dibattito culturale di quegli anni, ideando le inchieste e i questionari e rispondendo in prima persona:

La rivista ebbe secondo me una certa importanza, anche se la tiratura era bassa. Eccezionalmente raggiunse le duemila copie con la pubblicazione di un testo di Palmiro Togliatti sulla rivelazione dei delitti di Stalin da parte di Chruščëv. Pubblicò anche sei numeri unici con delle inchieste ispirate a rigore documentario, come per esempio una sulla Fiat e una sulla Barbagia, nonché molti questionari sui diversi aspetti della letteratura e della vita sociale italiana e testi letterari di tutte le tendenze. Basterà ricordare che la prima poesia che abbiamo pubblicato fu Le ceneri di Gramsci di Pier Paolo Pasolini47.

Le inchieste che « Nuovi Argomenti » propone nel corso degli anni Cinquanta hanno un carattere politico e riguardano il comunismo nel suo rapporto con l’arte, l’ideologia e la realtà: nel 1953 « Inchiesta su arte e comunismo »48, nel 1954 « Comunismo e Occidente »49, nel 1956 « Nove domande sullo Stalinismo »50, nel 1957 « Otto domande sullo Stato Guida »51 e nel 1962 « Otto domande sul XXII congresso del PCUS »52. Accanto a queste inchieste emerge l’attenzione alla realtà sociale e civile dell’Italia in particolare con l’« Inchiesta su Orgosolo »53 e l’« Inchiesta alla Fiat »54. L’apertura della rivista verso le questioni mondiali e internazionali appare nella collaborazione di molti scrittori e intellettuali stranieri specializzati in una o più discipline, ne sono un esempio gli interventi di Tibor Mende55 sull’Asia, sull’Islam, sulla decolonizzazione. Si propongono anche questioni legate all’Europa come l’inchiesta sul colonialismo in Algeria56, « L’occidente di fronte all’Islam »57, « Appunti sulle due Germanie »58, « Appunti sulla destra tedesca »59. Dal 1959 al 1964 le inchieste iniziano a occuparsi più direttamente di letteratura, in particolare con questioni inerenti la crisi del romanzo, la critica e la poesia: « 9 domande sul romanzo »60, « 10 domande su Neocapitalismo e letteratura »61, le « 8 domande sulla critica in Italia »62; le « 8 domande sull’erotismo in letteratura »63 e infine « 7 domande sulla poesia »64 che chiudono le inchieste della prima serie.

La ricchezza dei contenuti è data dalla pluralità delle voci che in essa si esprimono. Scorrendo i sommari emerge il continuo confronto d’idee portato da interventi di intellettuali, letterati, storici, antropologi che dibattono varie questioni nel corso dei diversi numeri:

[…] Collaboravano antropologi come Ernesto De Martino, pittori scrittori come Carlo Levi e scrittori come Italo Calvino, Carlo Cassola, Paolo Volponi, Mario La Cava, Pier Paolo Pasolini. […] Insomma pubblicammo tutta quella nuova letteratura che ha costituito il terreno di cultura del romanzo italiano del dopoguerra65.

3.1. Alla prova del dibattito: l’inchiesta arte e comunismo, neocapitalismo e letteratura e l’engagement intellettuale.

Il primo intervento di Moravia è « Il comunismo al potere e i problemi dell’arte »66 al quale seguono l’intervento di Sergio Solmi « Nota sul comunismo e la pittura »67 e quello di Nicola Chiaromonte « Arte e comunismo »68. Questi articoli inaugurano la prima inchiesta promossa da « Nuovi Argomenti », « Inchiesta su arte e comunismo », nel tentativo di chiarire come l’intellettuale e lo scrittore debbano rapportarsi, più che all’ideologia comunista, al socialismo reale rappresentato dall’Unione Sovietica. L’ideologia non ha mai influenzato il sentimento poetico dello scrittore: Moravia descrive ciò che ha vissuto e ciò che lo circonda, il marxismo è, per lui, una chiave di comprensione del reale. Ciò che più tormenta lo scrittore riguarda la sua attività intellettuale.

« Il comunismo al potere e i problemi dell’arte » non ha una struttura organica e definita ma è piuttosto una raccolta di pensieri e riflessioni il cui aspetto centrale è quello di distinguere il campo dell’arte da quello economico e sociale, al contrario del marxismo che definisce l’arte come sovrastruttura. Questo concetto è rifiutato da Moravia, che accusa l’ortodossia comunista di interessarsi, più che all’arte, alla sua utilità a scopi politici. Questo comporta che il realismo socialista sia « realista su tutto fuorché sul socialismo »69 poiché manca la libertà d’espressione e il distacco che permette una vera analisi della realtà. Questo punto di vista permette di avanzare una riflessione più generale sui rapporti tra l’artista e il potere. Infatti il problema riguarda soprattutto il comunismo al potere e non il comunismo tout court. Il potere cambia l’aspetto delle ideologie, e Moravia afferma che l’artista nei confronti di ogni società che è al potere rappresenta una negazione del potere stesso: « La rappresentazione artistica, infatti, mostra il potere, cioè lo annulla »70. L’unico momento in cui la politica e l’arte possono trovarsi vicine è il momento rivoluzionario perché esso è l’unico momento « lirico, estetico, artistico della politica »71. Al contrario della politica, « […] l’arte è sempre rivoluzionaria. La politica lo è soltanto nel momento rivoluzionario cioè eversivo della rivoluzione »72. Per questo motivi lo scrittore rifiuta l’idea di una letteratura engagée: « Per me un romanzo “impegnato” è un cattivo romanzo come un’opera d’arte è una cattiva propaganda come opera politica »73. Reduce dal fascismo, Moravia accetta malvolentieri il termine « impegno »: « E poi la sola parola impegno mi suscita un moto di diffidenza: il fascismo non faceva altro che chiedere impegno a proprio favore, in parte con le stesse ragioni adottate poi dalle sinistre »74.

Non credo per esempio – non ci ho mai creduto – all’impegno nel romanzo. […]. Per chi vuole partecipare in prima persona alla vita e alla lotta politico-sociale ci sono altri strumenti: l’articolo, il comizio, la conferenza. E, infatti, io mi occupo molto di politica, ma nella vita, non nella letteratura75.

Moravia, quindi, non crede che lo scrittore debba sottrarsi alla sua responsabilità perché egli è innanzitutto un cittadino: « […] per me lo scrittore è un cittadino come tutti gli altri, e […] deve difendere la sua libertà e la libertà del popolo in mezzo al quale si è trovato a nascere, magari a fucilate »76. Allo stesso modo lo scrittore non deve adeguarsi alle norme che la società gli impone, come nel caso del realismo socialista, perché così facendo rinuncerebbe alla sua vocazione che consiste nell’espressione di un represso collettivo che egli può filtrare solo attraverso la sua soggettività.

Per l’artista, l’unico vero impegno è l’impegno artistico che è quanto di più politico egli possa fare. Per queste ragioni l’intellettuale moraviano non assomiglia all’idea dell’intellettuale organico, né dell’intellettuale sartriano. L’azione presuppone che l’intellettuale debba cambiare il mondo partendo da idee che possono evolversi con il passare del tempo, come nel caso delle ideologie dominanti, commettendo quindi degli errori. A quest’azione Moravia preferisce l’intellettuale « […] che deve dire la verità o ciò che lui considera in quel momento la verità » e, partendo da questo presupposto, si aprono anche le vie per cambiare la realtà e il mondo in cui si vive, tuttavia « si può, ma non si deve »77. Moravia difende l’autonomia dell’arte dalla politica e la sua possibilità di esprimersi liberamente, in un incontro pari tra artista e società dove non c’è né sopraffazione, come nell’arte di propaganda, né orgoglio o elitismo come nell’art pour l’art:

L’arte per l’arte, dai critici comunisti, è contrapposta di solito all’arte partitica. In realtà questo contrasto non esiste e né l’una né l’altra possono dirsi espressioni sane e dirette di una data società. L’arte sana e diretta nasce dall’incontro a pari termini tra la società e l’artista. […] L’arte per l’arte e l’arte di propaganda invece evitano quest’incontro […]. Esse estraggono, insomma, dalla realtà che vuole invece studio, pazienza umiltà, sincerità, senso della verità, disinteresse78.

Con questo saggio emerge come in « Nuovi Argomenti » le questioni politiche e letterarie siano fortemente legate e difficilmente scindibili. Nel ricostruire la discussione del rapporto tra la letteratura e la politica, un passaggio fondamentale è rappresentato dall’inchiesta « Neocapitalismo e letteratura ». Qui, la riflessione non riguarda più il regime sovietico ma la società occidentale. Se nel saggio « L’uomo come fine » Moravia aveva posto l’accento sui meccanismi della società moderna che alienano l’uomo, trasformandolo in un mezzo diverso e lontano da sé, nell’intervento « Eternità naturale e eternità industriale »79, che risponde all’inchiesta su « Neocapitalismo e letteratura », Moravia approfondisce il ruolo dell’uomo nel ciclo produzione-consumo-produzione che caratterizza la società industriale operando una vera e propria analisi sulle conseguenze del capitalismo sulla vita dell’uomo e sulla società. La corruzione del mondo moderno risiede nella civiltà industriale che soppianta l’umanesimo, ovvero un sistema di valori che aveva al suo centro l’uomo. Se nel regime sovietico è necessario che la libertà individuale venga dopo la realizzazione dell’ideale collettivo, nelle società occidentali la questione della libertà è ancora più problematica perché essa è considerata un valore assoluto garantito dai diritti fondamentali alla base degli stati democratici. Moravia esprime la sua profonda preoccupazione nei riguardi di un mondo occidentale che si dice umanistico ma che, di fatto, ha eliminato ogni possibile forma di umanismo considerandola noiosa, irritante, ripugnante, irreale, superflua e inutile80. « Eternità naturale e eternità industriale » si apre con una riflessione nata dalla visione di un documentario sulla riproduzione delle sardine che Moravia paragona al processo di produzione di una fabbrica. La natura, come le fabbriche, produce in serie un numero elevato di oggetti destinati alla consumazione:

Mi interessarono semmai due cose: prima di tutto il fatto che la natura operasse come le moderne fabbriche di manufatti in serie, ossia producesse oggetti, nel caso delle sardine, tutti uguali e in quantità sterminata; e in secondo luogo il fatto che questi oggetti venissero distrutti, ossia consumati in rapidissimo ciclo affinché fosse possibile produrre al più presto altri oggetti simili anch’essi destinati a vita brevissima81.

C’è quindi strettissima somiglianza fra la natura, dove si alternano nascita e morte, e la civiltà industriale, dove l’eternità è rappresentata dal ciclo di produzione e consumo. Riprendendo una riflessione già avanzata ne « L’uomo come fine », Moravia analizza la trasformazione che la civiltà industriale ha operato sull’uomo:

Così la storia era fatta dall’uomo per l’uomo e aveva come scopo l’uomo, ciò lo aiutava a vivere e a credere nel proprio destino. Ma l’eternità industriale, ricalcata, come abbiamo visto, sull’eternità naturale, non ha per scopo l’uomo, bensì sé stessa, e perciò toglie all’uomo il desiderio della vita e gli ispira il desiderio della morte82.

All’origine di questo antiumanesimo, che è stato alimentato dalla rivoluzione industriale, c’è lo spartiacque che modificò irrimediabilmente le sorti della storia europea prima e durante la Seconda Guerra Mondiale:

In realtà l’antiumanesimo moderno è nella vita prim’ancora che nell’arte. Si potrebbe far risalire alla rivoluzione industriale e al conseguente fenomeno della produzione in serie dell’antiumanesimo contemporaneo. Ma la rivoluzione industriale non può spiegare che l’aspetto, diciamo così, orizzontale, ossia estensivo, del fenomeno. Verticalmente, ossia in profondità, la svalutazione dell’umanesimo sembra che si debba attribuire in prevalenza in questa prima metà del secolo alle tendenze distruttive e mortuarie su quelle creative e vitali83.

Per riprende le parole di Moravia, l’attività della rivista è la risposta vitale e creativa che si oppone al degrado distruttivo prodotto dall’antiumanesimo moderno. Lo scrittore cerca di risolvere la questione del ruolo dell’intellettuale nella società e di concepire una nuova idea dell’uomo, un nuovo umanesimo. L’engagement di Moravia è quindi riflesso nel lavoro svolto all’interno di « Nuovi Argomenti »: l’impegno politico e civile dello scrittore è una conseguenza della concezione che Moravia ha dell’intellettuale che, come uomo e cittadino, deve intervenire nella realtà attraverso uno sguardo critico, che esplora e interroga il reale. Come afferma Raffaele Manica, a proposito di « L’uomo come fine », questa tensione culturale e intellettuale

[…] era […] uno degli ultimi respiri […] della civiltà delle riviste, ovvero di quel modo di fare cultura discutendo […]. « L’uomo come fine » fu un modo di porsi tra il primo e il secondo terzo del Novecento, un modo di riaggiornare la questione dello stare nel mondo e dello sguardo letterario: cambiando il pensiero sul mondo e sulla letteratura, come gli intellettuali facevano o si illudevano di fare84.

Note de fin

1 Alberto Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, a cura di N. Ajello, Bari, Laterza, 2008. Prima edizione del 1978.

2 A. Moravia, Opere 1927-1947, a cura di G. Pampaloni con l’Autobiografia letteraria dell’autore, Milano, Bompiani, 1986, p. XV.

3 Ibidem, p. XIV.

4 Questa esperienza darà vita nel 1957 al romanzo La Ciociara.

5 A. Moravia, La mascherata, Milano, Bompiani, 1941. Ripubblicato come testo teatrale nel volume di marzo-aprile del 1954 su « Nuovi Argomenti ».

6 A. Moravia, Opere 1927-1947, op. cit., p. XV.

7 A. Moravia, Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere 1926-1940 a cura di Alessandra Grandelis, Milano, Bompiani, 2015.

8 Nota biografica a cura di A. Grandelis: « Umberto Morra di Lavriano (1897-1981) antifascista di origine piemontese […], intellettuale gobettiano e collaboratore, fra le altre, delle riviste “La Rivoluzione Liberale” e “Il Baretti”. Alberto Moravia, […] conosce Morra nell’autunno 1926 a Perugia […] e da subito rimane impressionato dalla cultura eclettica e cosmopolita di quest’uomo, destinato a rappresentare una figura determinante nella sua formazione intellettuale […] » A. Moravia, Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere 1926-1940, op. cit., p. 3n

9 Ibidem, p. 177-178.

10 Nota biografica a cura di Alessandra Grandelis: « Lélo Fiaux: Hélène Fiaux (1909-1964) […] è la giovane pittrice che Moravia conosce a Roma all’età di ventisei anni e con la quale ha una relazione di sei mesi […] tanto intensa quanto dolorosa […] ». A. Moravia, Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere 1926-1940, op. cit., p. 209n.

11 « Ma vie dépend du mois prochain – c’est-à-dire que si mon livre est défendu beaucoup de choses peuvent arriver, parmi lesquelles que je laisse l’Italie […] ici à Rome toute chose semble être en état de putréfaction – il m’arrive quelquefois de douter de la réalité du monde qui m’entoure […] j’ai donc plusieurs idées: elles pourront devenir soit de l’action, soit de la littérature » A. Moravia, Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere 1926-1940, op. cit., p. 223-224. Tutte le lettere che Alberto Moravia scrive a Hélène Fiaux sono redatte in francese dallo stesso scrittore.

12 « Il va sûrement y avoir de grands changements en Italie et partout en Europe – c’est pour cela que je me hâte de rentrer – je ne crains pas grand-chose et je veux être là où les choses arrivent […] ». A. Moravia, Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere 1926-1940, op. cit., p. 312.

13 Ibidem, p. 340.

14 A. Moravia, Impegno controvoglia. Saggi, articoli e interviste: trentacinque anni di scritti politici, a cura di R. Paris, Milano, Bompiani, 1980.

15 Enzo Siciliano, Alberto Moravia, Milano, Longanesi, 1971, p. 63.

16 A. Moravia, « Folla e demagoghi », in A. Moravia, Impegno controvoglia, op. cit., p. 3-6.

17 A. Moravia, « Irrazionalismo e politica », in Impegno controvoglia, op. cit., p. 7-10.

18 Ibidem, p. 7.

19 A. Moravia, « La Speranza ossia cristianesimo e comunismo » in A. Moravia Impegno controvoglia, op. cit., p. 11-29.

20 A. Moravia, « L’uomo come fine » in A. Moravia, L’uomo come fine e altri saggi, Milano, Bompiani, 1964.

21 A. Moravia, « L’uomo come fine » in A. Moravia, L’uomo come fine e altri saggi, op. cit., p. 248.

22 A. Moravia, Se questa è la giovinezza vorrei che passasse presto. Lettere 1926-1940, op. cit., p. 5-10. La numerazione delle lettere citate in seguito fa riferimento alla numerazione di questo volume.

23 Ibidem, p. 367.

24 Ibidem, p. 85.

25 Sulle ragioni del dissidio si vedano le lettere 34 e 35.

26 Ibidem, p. 84n. Moravia ricorda questo momento anche nell’intervista a Alain Elkann parlando della sua amicizia con Pannunzio: « Eravamo inseparabili. Finimmo per fondare una rivista, anzi due: prima Caratteri e poi Oggi » A. Moravia, Alain Elkann, Vita di Moravia, op. cit., p. 121.

27 « Presentazione », Caratteri, I, marzo 1935.

28 Ivi.

29 Romano Luperini, Il Novecento, II, Torino, Loescher Editore, 1981, p. 393-394.

30 A. Moravia, A. Elkann, Vita di Moravia, Milano, Bompiani, 2007.

31 Ibidem, p. 168-169.

32 Norberto Bobbio, Profilo ideologico del Novecento italiano, Torino, Einaudi, 1986.

33 R. Luperini, Gli intellettuali di sinistra e l’ideologia della ricostruzione nel dopoguerra, Roma, Edizioni di Ideologie, 1971, p. 46.

34 Cfr. Nello Ajello, Intellettuali e PCI 1944/1958, Bari, Laterza, 1979.

35 N. Bobbio, « Intellettuali e vita politica in Italia », Nuovi Argomenti, 7, marzo-aprile 1954, p.103-119. Ora in N. Bobbio, Politica e Cultura, a cura di F. Sbarberi, Torino, Einaudi, 2005 [prima edizione 1955], p. 97-112.

36 N. Bobbio, « Intellettuali e vita politica in Italia », in N. Bobbio, Politica e Cultura, op. cit., p. 97.

37 A. Moravia, A. Elkann, Vita di Moravia, op. cit., p. 159.

38 Ferdinando Camon, Il mestiere dello scrittore, Milano, Garzanti, 1973, p. 23.

39 Francesca Sanvitale, « Ideologia e realtà: Alberto Moravia e la prima serie di Nuovi Argomenti » in Nuovi Argomenti, IV, 37, gennaio-marzo 1991, p. 42.

40 Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 2006, p. 286-293.

41 « Presentazione », Nuovi Argomenti, 1, marzo-aprile, 1953, p. 1.

42 Ibidem, p. 2.

43 Ivi.

44 Ibidem, p. 1.

45 « Presentazione », Nuovi Argomenti, op.cit., p. 2.

46 A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, op. cit., p. 41-42. Di questo elemento è testimone la lunga intervista a Palmiro Togliatti nel 1956, sulle dichiarazioni del XX congresso del PCUS.

47 A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, op. cit., p. 159-160.

48 « Inchiesta su arte e comunismo », Nuovi Argomenti, 1, marzo-aprile, 1953.

49 « Comunismo e Occidente », Nuovi Argomenti, 6, gennaio-febbraio, 1954.

50 « Nove domande sullo Stalinismo », Nuovi Argomenti, 20, maggio-giugno, 1956.

51 « Otto domande sullo Stato Guida », Nuovi Argomenti, 25, marzo-aprile, 1957.

52 « Otto domande sul XXII congresso del PCUS », Nuovi Argomenti, 57-58, luglio-ottobre, 1962.

53 « Inchiesta su Orgosolo », Nuovi Argomenti, 10, settembre-ottobre, 1954

54 « Inchiesta alla Fiat », Nuovi Argomenti, 31-32, marzo-giugno, 1958.

55 Tibor Mende (Budapest, 1915 - Montréal, 1984) è stato giornalista e saggista francese di origini ungheresi, specialista del Terzo Mondo.

56 « Appunti sul colonialismo in Algeria », Nuovi Argomenti, 19, marzo-aprile, 1956.

57 « L’Occidente di fronte all’Islam contemporaneo », Nuovi Argomenti, 23-24, novembre 1956-febbraio 1957.

58 « Appunti sulle due Germanie », Nuovi Argomenti, 34, settembre-ottobre, 1958.

59 « Appunti sulla destra tedesca », Nuovi Argomenti, 47-48, novembre 1960-febbraio 1961.

60 « 9 domande sul romanzo », Nuovi Argomenti, 38-39 maggio-agosto, 1959.

61 « 10 domande su Neocapitalismo e letteratura », Nuovi Argomenti, 67-68, marzo-giugno, 1964.

62 « 8 domande sulla critica in Italia », Nuovi Argomenti, 44-45, maggio-agosto, 1960.

63 « 8 domande sull’erotismo in letteratura », Nuovi Argomenti, 51-52, luglio-ottobre, 1961.

64 « 7 domande sulla poesia », Nuovi Argomenti, 55-56, marzo-giugno, 1962.

65 A. Moravia, A. Elkann, Vita di Moravia, op. cit., p. 161-162.

66 A. Moravia, « Il comunismo al potere e i problemi dell’arte », Nuovi Argomenti, 1, marzo-aprile 1953, p. 3-29.

67 Sergio Solmi, « Nota sul comunismo e la pittura », Nuovi Argomenti, 1, marzo-aprile 1953, p. 61-78.

68 Nicola Chiaromonte, « Arte e comunismo », Nuovi Argomenti, 1, marzo-aprile 1953, p. 79-88.

69 A. Moravia, « Il comunismo al potere e i problemi dell’arte », op. cit., p. 7.

70 A. Moravia, « Impegno e Integrazione », Nuovi Argomenti, 10, aprile-giugno 1968, p. 16.

71 Ibidem, p. 12.

72 Ivi.

73 A. Moravia, Intervista sullo scrittore scomodo, op. cit., p. 33.

74 Ivi. A questo proposito si veda l’analisi di Romano Luperini in R. Luperini, Il Novecento, II, Torino, Loescher Editore, 1981, p. 375. « Se poi noi andassimo a studiare più da vicino gli anni della conversione a sinistra di molti intellettuali fra il 1938 e il 1945 […] probabilmente ci accorgeremmo che le stesse motivazioni culturali che spingono all’antifascismo sono piuttosto d’ordine morale e culturale che d’ordine teorico-politico e affidano le loro radici in un’ideologia dell’impegno culturale […] che rimanda all’età vocina o a quella del fascismo di sinistra […] ».

75 N. Ajello, Lo scrittore e il potere, Bari, Saggi Tascabili Laterza, 1974, p. 257.

76 A. Moravia, « Il comunismo al potere e i problemi dell’arte », op. cit., p. 17.

77 A. Moravia, R. Paris, « Sedici domande » in A. Moravia, Impegno controvoglia, op. cit., p. XIX.

78 Ibidem, p. 29.

79 A. Moravia, « Eternità naturale e eternità industriale », Nuovi Argomenti, 67-68, maggio-giugno 1964, p. 63-71.

80 Alberto Moravia, Elemire Zolla, I moralisti moderni, Milano, Garzanti, 1960, p. 5.

81 A. Moravia, « Eternità naturale e eternità industriale », op.cit., p. 64.

82 Ibidem, p. 67.

83 A. Moravia, E. Zolla, I moralisti moderni, op.cit., p. 5-6.

84 Raffaele Manica, « L’uomo come fine nell’opera di Moravia », in Quaderni, 2, Roma, Edizioni Fondo Moravia, 2000, p. 128.

Citer cet article

Référence électronique

Viola Ottino, « L’impegno dello scrittore intellettuale », Line@editoriale [En ligne], 8 | 2016, mis en ligne le 19 juin 2017, consulté le 03 mai 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/784

Auteur

Viola Ottino

Università degli Studi di Torino

viola.ottino@edu.unito.it

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