Una cinquecentina palermitana persa : presentazione delle Rime in morte della signora Laura Serra et Frias del 1572

Résumés

L’articolo propone una presentazione generale della raccolta palermitana delle Rime in morte della signora Laura Serra et Frias, pubblicata nel 1572. Lo studio delle caratteristiche tipografiche singolari dell’unica copia conservata in Italia permette di evidenziare il ruolo dell’editoria palermitana nelle vicende politiche e culturali siciliane sotto gli Asburgo. In quanto testimonianza dell’orientamento ideologico e letterario dell’Accademia dei Risoluti di Palermo, l’opera allarga più particolarmente l’orizzonte del movimento accademico cinquecentesco siciliano, controllato in maggior parte dai vicerè.

The article is a general presentation of the anthology named Rime in morte della signora Laura Serra et Frias, published in Palermo in 1572. The typographical study of the unique copy kept in Italy illustrates the role of the Mayda book industry in the Sicilian political and cultural events under the Habsburg regime. As testimony of the ideological and literary positions of the Academy of Risoluti of Palermo, the book broadens more particularly our view of the Sicilian academies, controlled by the viceroys, in the sixteenth century.

Plan

Texte

Una cinquecentina palermitana persa : presentazione delle Rime in morte della signora Laura Serra et Frias del 1572

Fig.01

Fig.01

Frontispizio del libro

(image en grand format en annexe)

[Frontespizio]1

Segnata dalla presenza della corona asburgica spagnola, la cultura siciliana del XVI secolo venne promossa tramite l’apertura di più accademie letterarie nella capitale del viceregno, Palermo2. Le loro vicende sono essenzialmente legate alle diverse testimonianze letterarie, tra cui l’opuscolo intitolato Rime di diversi belli spiriti della città di Palermo in morte della signora Laura Serra et Frias3. In quanto testimonianza letteraria, il volume costituisce una delle poche antologie di poesie petrarchiste della fine del Cinquecento siciliano. Venne stampato nel 1572, tra le altre due raccolte collettive dell’Accademia degli Accesi di Palermo, pubblicate nel 1571 e nel 15734.

Fu Antonino Mongitore, nella sua Bibliotheca sicula, ad influenzare gli studiosi posteriori nel diffondere erroneamente la paternità Accesa delle Rime del 15725. Egli alluse infatti alla partecipazione di Argisto Giuffredi al volume, dopo aver indicato che era stato il fondatore dell’Accademia degli Accesi nonché il Principe dell’Accademia dei Risoluti6 : con la mancanza d’informazioni materiali su questa seconda accademia, queste Rime vennero così attribuite all’Accademia degli Accesi, anche perché illustravano una certa continuità nella loro produzione poetica.

Ritenuto perso fino alla fine del Novecento7, quest’opuscolo venne ridotto a un titolo nei registri di cinquecentine. La leggenda della Laura palermitana risulta ormai più concreta grazie ad una copia conservata presso la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano, l’unica inventariata in Italia secondo le catalogazioni nazionali8 : quest’esemplare sarà il punto di partenza del nostro studio9.

Prima di analizzare la struttura fisica dell’opuscolo a nostra disposizione, ricorderemo la vicenda giudiziaria che ne giustificò la stampa straordinaria ; potremo allora evidenziare in che misura quest’opera sia un’illustrazione dell’attività poetica dell’Accademia dei Risoluti, e ci permetta di approfondire le nostre conoscenze sull’ambiente accademico palermitano della fine del Cinquecento.

L’origine delle Rime

Le motivazioni di stesura di questa raccolta palermitana sono singolari, per questo va distinta dalle altre due pubblicate dagli accademici Accesi, a cominciare dallo stesso titolo, Rime di diversi belli spiriti della città di Palermo in morte della signora Laura Serra et Frias che ci indica che si tratta dell’elogio funebre di una donna nobile, fatto da « diversi belli spiriti » palermitani. Nessun’allusione ad un’accademia : anzi, il termine « diversi » non definisce un gruppo omogeneo ma accenna alla gran varietà di personaggi interessati dalla vicenda, non per forza palermitani ma attivi nella capitale, ovvero alle diverse funzioni dell’aristocrazia palermitana, letterarie come politiche10. In questo senso il volume del 1572 si allontana anche dalle raccolte accademiche degli Accesi.

Era Donna Laura Serra e Frias, la signora ricordata e onorata dai nobili della città di Palermo, non era palermitana ma oriunda di Piazza Armerina, nel Val di Noto11. La storia12 ci trasmette che fu decapitata il 16 giugno 1572 per aver premeditato, alcuni giorni prima, l’assassinio del marito infedele, il cavaliere don Lodovico Serra, con l’aiuto del cugino don Alonso Frias, sergente negli archibugeri13. Non esistono documenti ufficiali che testimoniano quest’esecuzione, solo alcune note tratte dai registri della Compagnia dei Bianchi14, che il saggista e romanziere Luigi Natoli riprese per scrivere un racconto narrativo con dialoghi15. Egli situa la sua presenza a Palermo qualche anno prima poiché « […] a ogni spettacolo pubblico o privato ella fu vista sempre ; così alle esequie del principe don Carlo, come alla rappresentazione della tragedia di Santa Caterina, alla luminaria per le nozze del re Filippo II, come all’Atto della Pinta »16. Anche se il rinvio narrativo a questi eventi storici e culturali accaduti realmente va inteso con gran cautela, va comunque ritenuto il carattere cronologico dalla morte del figlio di re Filippo II avvenuta nel 1568.

Fu una vicenda che colpì la comunità intellettuale palermitana poiché vennero composte numerose poesie pubblicate per la maggior parte nella raccolta a nostra disposizione, il primo luglio, ossia quindici giorni soltanto dopo l’esecuzione.

La rapidità con la quale venne stampato l’opuscolo conferma il suo carattere eccezionale, se si ricorda che il volume accademico Acceso del 1571 ha aspettato più di sei mesi tra la richiesta di autorizzazione di stampa17 e le censure civile18 e religiosa19 per essere pubblicato. L’assenza di paratesto pubblico invece nelle Rime del 1572 ci invita ad esaminare da più vicino l’intera struttura del volume prima di andare avanti nella nostra analisi.

L’esemplare della Braidense di Milano

L’esemplare disponibile alla Biblioteca Braidense è di fattura posteriore al Cinquecento. Viene tratto dal Fondo Melzi che raggruppa libri collezionati da Gaetano dei conti Melzi nel Settecento20. La legatura esterna è di cuoio verde scuro e i piatti interni vengono rivestiti con una carta di un certo pregio, molto diffusa ma non prerogativa di qualche tipografo o privato possessore ; gli orli dorati delle carte sono stati tagliati su tutti i lati, al punto di cancellare a volte un pezzo delle segnature21 ; i fascicoli sono stati rilegati da nove cuciture con un alternarsi di fili bianchi e azzurri.

Questa rilegatura sembra indicare il cattivo stato di conservazione del volume originale22 oppure una mania da collezionista23, il che basta comunque a giustificare l’apparente disordine della fascicolazione : più indizi ci portano infatti a riconsiderare il posto di alcuni componimenti, in cui pone allora problema l’identificazione degli autori dei sonetti firmati « Del Medesimo ».

Le Rime sono state stampate in ottavo : il volume comporta quindi trentadue carte divise in quattro fascicoli distinti dalle lettere A, B, C, e D, numerate solo nelle prime quattro carte del fascicolo con la lettera maiuscola e i numeri romani significati in questo modo : I, II, III, o IIII (solo la carta CIIII non risulta segnata). Da ora in poi, per rendere più facile il nostro ragionamento, sostituiremo queste lettere minuscole con i numeri arabi 1, 2, 3 e 4. Le quattro carte successive non comportano nessuna segnatura, per questo le indicheremo in un primo tempo tra parentesi quadrate.

1° fascicolo : A1 A2 A3 A4 [A5] [A6] [A7] [A8]

2° fascicolo : B1 B2 B3 B4 [B5] [B6] [B7] [B8]

3° fascicolo : [C5] [C6] [C7] [C8] C1 C2 C3 C4

4° fascicolo : [D5] [D6] [D7] [D8] D1 D2 D3 D4

La carta A1 è legata alla carta [A8] ; A2 con [A7] ; A3 con [A6] e A4 con [A5], e così via per gli altri fascicoli che vengono inseriti l’uno nell’altro, il che ci dà la numerazione seguente :

A1-A4 [D5-D8] B1-B4 [C5-C8] C1-C4 [B5-B8] D1-D4 [A5-A8]24

Siccome la cerniera centrale del libro non è visibile, possiamo anche supporre che i fascicoli siano stati rilegati l’uno dopo l’altro, il che poteva succedere nel formato in ottavo, e in tal caso abbiamo invece lo schema seguente :

A1-A4 [A5-A8] B1-B4 [B5-B8] C1-C4 [C5-C8] D1-D4 [D5-D8]

Per evidenziare una rimessa in ordine della fascicolazione, indicheremo ormai un numero fittizio per le ultime quattro carte dei fascicoli :

A1-A4 [5-8] B1-B4 [13-16] C1-C4 [21-24] D1-D4 [29-32]

Il volume delle nostre Rime si presenta invece nell’ordine seguente :

A1-A4 [5-8] B1-B4 [13-16] D1-D4 [21-24] C1-C4 [29-32]

I fascicoli C e D sono stati infatti invertiti, il che modifica anche il posto delle carte [5-8] e [13-16] che ne fanno parte. Possiamo affermare che non si tratta di un errore di numerazione, visto il carattere politico dei dedicatari politici dei sonetti del fascicolo D che, se si trovassero in posizione penultima come dovrebbero, si adeguerebbero alle ultime quattro carte. L’inversione di C e D costituisce un problema maggiore nella ricostituzione della fascicolazione giusta, a seconda che tutti i fascicoli siano stati rilegati l’uno dopo l’altro o l’uno dentro l’altro. Quindi, se i fascicoli sono stati legati l’uno dentro l’altro, [A5], [A6], [A7] e [A8] corrispondono alle carte 29, 30, 31 e 32. Se invece sono stati legati l’uno dopo l’altro, corrispondono alle carte 5, 6, 7 e 8.

L’inversione dei fascicoli C e D pone dunque un problema strutturale a cui va però aggiunto il fatto che ci sono cinque carte dopo le carte A e solo tre alla fine : la carta 32 che comprende al verso l’indicazione « IL FINE. Con Licentia de’ Superiori » sembra essere stata infatti introdotta tra le carte [5-8], il che ci dà in realtà il volume seguente :

A1-A4 [5-32-6-7-8] B1-B4 [13-16] D1-D4 [21-24] C1-C4 [29-31]

Possiamo emettere molte ipotesi sulla fascicolazione per ritrovare la struttura originale del libro, ma se la carta 32 indica la fine del volume, va avvicinata a carte che comportano sonetti simili a quello conclusivo di Pietro d’Agostino, Maestro Razionale del Regno25, ossia il personaggio politico presente nell’opuscolo quanto il poeta e dedicatario Argisto Giuffredi : partiamo dunque dal presupposto che le ultime tre carte del volume appartengono al fascicolo A, che i fascicoli sono dunque stati messi l’uno nell’altro con un’inversione di C e D, e che la carta 32 ([A8]) era volante ed è stata aggiunta dentro al caso, il che darebbe l’ordine giusto seguente26 :

A1r : Frontespizio

A1v bianco

A2r : Dedica di Giovan Matteo Mayda « Al molto Magnifico27 Signor mio Osservandissimo il Signor Argisto Giuffredi »

A2v : « Di Argisto Giuffredi sonetto »*

A3r : « Sonetto del Medesimo »*

A3v : « Sonetto del Medesimo »*

A4r : « Sonetto del Medesimo »*

A4v : « Sonetto* del Medesimo a Paolo Benci28 »

13r : « Sonetto di Cola Blasco29 »*

13v : « Madrigale del Medesimo »*, « Canzone del Medesimo »*

14r : fine della canzone e « Madrigale del Medesimo »

14v : « Madrigale del Medesimo »*

15r : « Sonetto di Francesco Bisso30 »*

15v : « Sonetto* di Gio. lo Campo31 »

16r : « Sonetto* di Don Attilio Opezzinghi32 »

16v : « Sonetto* di Bastiano d’Ansalone33 »

B1r : « Sonetto* di Bartolomeo Di Buon’Anno34 »

B1v : « Sonetto del Medesimo »*

B2r : « Stanze* d’una gentil Donna Palermitana35 »

B2v : continuano le stanze

B3r : continuano le stanze

B3v : continuano le stanze

B4r : stanza conclusiva e « Stanza* di Astolfo Benfatto36 »

B4v : « Sonetto di Cesare Ragosa37 »*

5r : « Sonetto del Medesimo »*

5v : « Sonetto* del Medesimo ad Angelo di Costanzo38 »

6r : « Sonetto* di D. Mariano di Bologna Tesoriere del Regno39 »

6v : « Sonetto* Di Marco della Rovere40 »

7r : « Sonetto* Di Antonio Venetiani41 »

7v : « Sonetto d’Antonino Sciarrabba42 »*

8r : « Del Medesimo Epitafio »*

8v : « Sonetto* di Geronimo Le Rape43 »

C1r : « Stanza* di Geronimo Branci44 »

C1v : « Madrigale* di Don Gasparre Vintimiglia45 »e « Stanza del Medesimo »*

C2r : « Sonetto* Di Girolamo Pavano46 »

C2v : « Sonetto* Di Don Gio. di Basili e Cardona47 »

C3r : « Sonetto* D’una Gentil Donna Palermitana »

C3v : « Sonetto* Di Don Ippolito da Ippolito48 »

C4r : Sonetto* Di Don Leonardo Orlandini dal Greco49 »

C4v : « Del Medesimo »*

21r : « Stanza* di Simeon Valguarnera Minore50 »e « Madrigale del Medesimo »*

21v : « Stanza* di Simeon Valguarnera Barone del Gudurano51 »e « Sonetto* Di Don Stefano d’Anna52 »

22r : « Sonetto di Santoro Vitale53 »*

22v : « Sonetto del Medesimo »*

23r : « Sonetto* Di Scipion Lembo54 ad Argisto Giuffredi »

23v : « Sonetto* Di Vincenzo del Bosco Conte di Vicari55 »e « Del Medesimo Epitafio »*

24r : « Sonetto d’Antonino Alfano56 »*

24v : « Sonetto* Di Ascanio Valguarnera57 »

D1r : « Sonetto del Medesimo »*

D1v : « Sonetto* Di Don Ottavio Spinola Maestro Portolano del Regno58 »

D2r : « Sonetto* Di Don Ottavio di Bologna59 »

D2v : « Sonetto del Medesimo »*

D3r : « Del Medesimo Epitafio »*

D3v : « Sonetto* Di Pietro d’Agostino Mastro Ratióal del Regno »

D4r : « Sonetto Di Pietro d’Agostino60 Mastro Rationale »

D4v : « Sonetto* Di Pietro di Ricca61. Al Padre Confessore della Signora Laura »62

29r : « Del Medesimo »*

29v : « Sonetto* Di Don Lionardo Cammarata63 ad Argisto Giuffredi »

30r : « Sonetto* Di Mariano Migliazzo Baró di Monte Maggiore64 »

30v : « Stanza del Medesimo »*

31r : « Sonetto* Di Mariano buono Scontro65 a Pietro d’Agostino Mastro Rationale »

31v : « Risposta di Pietro d’Agostino »*

32r : « Sonetto* Di Don Verardo di Ferro il Giovene66 »

32v : « Sonetto* Di Pietro di Agostino Mastro Rationale del Regno al Principe dela Academia de Risoluti. [...] IL FINE. Con Licentia de’ Superiori »

Anche se sembra comunque poco probabile che la carta 32 sia stata aggiunta a caso nel volume, il fatto che sia ora nel fascicolo A indica che il rilegatore pensava forse che i fascicoli andassero legati l’uno dopo l’altro.

La carta 32 occupa comunque un posto rilevante nell’opera perché l’indicazione « con Licentia de’ Superiori » fa parte del raro paratesto, anzi rimedia all’assenza della menzione obbligatoria del privilegio attribuita allo stampatore, come a quella di una qualunque licenza, civile o religiosa ; per di più, paradossalmente, nonostante l’esito giudiziario che ispirò la raccolta, membri del governo palermitano che non erano noti per essere accademici né intellettuali vi parteciparono : la pubblicazione di quest’opera merita quindi ora un approfondimento più contestualizzato

Un’opera petrarchista e politica

Come si sa bene, un’officina tipografica doveva avere un’autorizzazione per pubblicare opere, che veniva chiamata privilegio. Il governo concedeva una licenza67 come le autorità ecclesiastiche68, le quali procedevano a un controllo intellettuale più stretto dal Concilio di Trento in poi69 : qualsiasi volume andava quindi completato da almeno questi tre elementi paratestuali, a cui veniva aggiunta una dedica al committente il cui « carattere formulare [...] [era] il segnale [...] di un bisogno collettivo e individuale di definire il rapporto che il dono dell’opera stabilisce tra l’autore che la offre e il dedicatario che la riceve »70.

La singolarità delle Rime a nostra disposizione consiste nell’assenza dei testi ufficiali che ne autorizzavano la stampa e nella presenza di una dedica introduttiva dell’editore ad un parente di Laura Serra e Frias, ossia il Principe dei Risoluti, Argisto Giuffredi, protagonista del volume :

Al molto Magnifico71 Signor mio Osservandissimo il Signor Argisto Giuffredi

Volendo io mandare in luce (Molto Magnifico Signor mio) questi bellissimi componimenti che da tanti Illustri et pellegrini ingegni sono stati fatti in morte della Signora Laura Serra (alla quale con dolore universale di tutta questa Città fù l’altr’hieri dalla Giustizia mozzo il capo) hò giudicato mio debito lo indirizzargli a V.S. non solo per essere ella oggi degnissimo Prencipe dell’onorata Academia de’ Risoluti (nella quale son nati o tutti o la maggior parte) Ma per essere stata V.S. il primo che pigliasse la penna per piangere così dolcemente (com’ella ha fatto) l’acerbo caso di questa bellissima Signora & haver dato occasione a tant’altri Cavalieri & Signori d’imitarla. Ricevagli V. S. volentieri come per un pegno della mia molta osservanza verso di lei, & sia certa che sempre ch’io potrò havere occasione di publicar le sue molte virtù non mancherò di farlo & a V. S. bacio le mani in Palermo il primo di Luglio. MDLXXII

D. V. S. Servitore.

Giovan Matteo Mayda72.

L’editore Giovan Matteo Mayda sembra essere stato all’origine della pubblicazione delle Rime avvenuta « il primo di Luglio. MDLXXII », cioè solo quindici giorni dopo l’esecuzione di Laura Serra e Frias : vanno ritenuti, da un lato, la dimensione collettiva dell’opuscolo, per questo l’assenza di un nome d’autore sul frontespizio e il posto rilevante del suo emblema che prende la metà della carta, e, dall’altro, il committente dell’opera che avanzava le spese necessarie alla pubblicazione73. Se si pensa all’assenza di censure, il che non fu però un ostacolo all’attività del Mayda poiché l’anno successivo, nel 1573, pubblicò il secondo volume delle Rime degli Accesi, ci si può quindi chiedere se quest’elogio della Frias fosse davvero destinato ad essere venduto.

Il Mayda è una figura importante del volume perché costituisce non solo l’autore dell’unico elemento paratestuale ma anche l’editore della maggior parte delle opere degli autori delle Rime del 1572 nonché quelle della Compagnia dei Bianchi, illustrata nel nostro opuscolo dalla dedica di Pietro di Ricca al Confessore di Laura Serra e Frias a c. D4v e dalla rilevante presenza di un suo membro, Pietro d’Agostino.

Mayda aveva chiaramente un rapporto particolare con gli intellettuali palermitani e con le autorità cui non giustificò questa stampa. Nella dedica ad Argisto Giuffredi, con la ripetizione della formula di ossequio « Molto Magnifico Signor mio » all’inizio del testo, va inteso che cercò di giustificare la propria iniziativa nei suoi confronti, ma va anche sottinteso che potrebbe essere stato un mezzo per proteggere l’accademico da eventuali malintesi visto il rapporto stretto che manteneva con la condannata74.

La dedica, che costituisce « […] il documento che stabilisce i termini di uno scambio di beni materiali o immateriali, tra una parte in causa e l’altra, [...] una sorta di contratto, il cui valore giuridico non si fonda certo su un articolo di codice, ma su un diritto consuetudinario, una giurisprudenza che, benché non scritta, ha una sua codificazione e che, nella pratica, non ha meno valore di un articolo di legge »75, apparve dunque alquanto necessaria per legittimare la stampa del volume e l’omaggio di Argisto Giuffredi a Laura Serra e Frias.

La preponderanza della figura di Argisto Giuffredi viene illustrata dall’indice proposto in cui è sia poeta che dedicatario di alcune poesie. In quanto Principe dei Risoluti, illustra anche implicitamente il contesto politico e culturale palermitano della fine del Cinquecento.

Le Rime vengono così introdotte e chiuse da due dediche al Principe Giuffredi : Mayda annuncia e legittima la vicenda di Laura Serra e Frias così come l’elogio poetico mentre la figura politica di Pietro D’Agostino la chiude. Due sono i protagonisti di questo volume storico : Argisto e Laura che rappresentano in un certo modo la coppia siciliana della poesia petrarchista alla fine del Cinquecento ma in un contesto più politicizzato76.

Prima di questi componimenti funebri, Argisto Giuffredi, aveva già pubblicato nella raccolta accademica degli Accesi del 1571 un canzoniere che raggruppava ottanta testi divisi in due parti che accennavano ciascuna ad un’avventura amorosa diversa : il primo momento (c. 29-41v) descriveva la vita e la morte della prima donna amata, con numerose digressioni elegiache tra l’altro ; la seconda parte (c. 42-52v) evidenziava un secondo amore, con un lungo epilogo costituito da sonetti di correspondanza e da una chiusa spirituale. Nelle Rime in onore di Laura Serra e Frias, il primo dei suoi sonetti annuncia chiaramente il suo orientamento petrarchista :

Voi, che del verde e trionfale Alloro

Bramaste ornarvi l’onorate fronti,

(Spirti leggiadri) e Voi che fidi e pronti

Seguiste Amor, cui già tant’anni adoro ;

Poi ch’empia e cruda man d’infame Moro

(Ahi che’n dirlo fan gli occhi amante fonti)

Del un fè privi, e Colli, e Selve e Monti,

Del altro tutto ’l bel Donnesco coro.

Ditemi ond’è, che gli occhi asciutti havete ?

Mute le lingue ? e le man tarde ? a farne

Pianto, Poemi, e chiara aspra vendetta ?

Cagliavi più di loro : ah non vedete

Che spento Amore, e tronco il Lauro, à darne

Vita & onor null’altro ben s’aspetta ?

L’apostrofe iniziale richiama il sonetto introduttivo del Canzoniere di Petrarca Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono. La ripresa sin dal primo verso dell’isotopia del lauro, simbolo della gloria poetica ispirata alla donna inaccessibile dal nome di Laura, conferma la partecipazione della raccolta, del Principe Giuffredi e dunque dell’Accademia dei Risoluti, alla corrente petrarchista siciliana in lingua volgare.

Questo evento colpì tuttavia una gran parte della comunità intellettuale palermitana ; per questo, oltre alla raccolta delle Rime oggi studiata, alcuni componimenti « pellegrini » rimasero misconosciuti fino all’Ottocento, tra i quali una « Noenia acrostica » latina di Antonio Veneziano, un’ode latina di Carlo Del Campo, e una canzone di Filippo Paruta il quale frequentò le accademie palermitane degli Accesi e dei Risoluti, il cenacolo di Francesco II Moncada, e le accademie secentesche del Butera e dei Riaccesi77.

In quanto rappresentanti dell’élite, gli accademici illustravano l’introduzione, l’evoluzione e la diffusione di un’alta cultura. Sebbene non venga precisata nelle Rime l’appartenenza dei poeti ad una o più accademie, l’opuscolo illustra il contesto culturale delle accademie palermitane la cui attività principale era la celebrazione poetica e teatrale di qualsiasi avvenimento. All’assenza dei soprannomi accademici rimedia la dedica di Mayda il quale indica che nell’« Accademia dei Risoluti [...] son nati o tutti o la maggior parte » dei « tanti Illustri et pellegrini ingegni » del volume : possiamo quindi supporre che gli autori delle Rime che non erano ascritti all’Accademia degli Accesi fondata nel 1568 fossero dei Risoluti la cui accademia venne aperta poco dopo, nel 1570.

Argisto Giuffredi frequentava entrambe le accademie e fungeva da legame tra le due istituzioni la cui coetaneità lasciava intendere differenze percettibili nella loro attività. La libertà editoriale del Mayda non era per esempio permessa dagli statuti dell’Accademia degli Accesi : « Il Principe né altro Academico non debba dare né offerire né dedicare l’opera dell’Academia senza il consentimento del corpo della Academia, sotto la pena di essere privato del principato o del numero degli Academici ; e, dedicate che saranno le opere, non si possano spargere innanzi di haversi presentato alla persona dedicata »78.

La « forma » era più importante del contenuto per l’accademia degli Accesi che non poteva parlare di politica, ossia rimettere in discussione il potere qualunque fosse stato79 : oltre alle censure obbligatorie, le loro pubblicazioni comportavano una dedica alle autorità civili80 e alcuni canzonieri composti secondo un un tópos formale che consisteva in un sonetto introduttivo in lode del potere vicereale, e in sonetti conclusivi spirituali : queste pubblicazioni confermavano paradossalmente il carattere formale, più che culturale, della produzione accademica Accesa. Accadeva il contrario per l’Accademia Risoluta che si era ispirata ad una vicenda giudiziaria vera e propria, esposta poeticamente senza autorizzazioni.

Questa libertà dei Risoluti allargava l’orizzonte esclusivo di un’istituzione accademica, per di più controllata dal potere che la sosteneva, e veniva anche illustrata nelle prerogative organizzative del cenacolo. Così, se tra gli Accesi « […] non potrà entrar Academico chi non giunga alla età d’anni ventidue, e di questa età ne porterà informatione con fede »81, tra i Risoluti venivano invece accettati membri senza condizioni di età poiché « […] vi fu lasciato entrare don Simone Valguarnera il figlio, innanzi l’età »82, ossia a quindici anni.

Inoltre, l’assenza di soprannomi accademici o di indicazione nei titoli dei componimenti poetici o nei nomi degli autori che vi si riferiscono distinse chiaramente le Rime del 1572 da quelle Accese del 1571 e del 1573 : così non può essere l’Accademia degli Accesi ad essere stata il committente dell’opera, in quanto « […] i principi che regolano l’uso del nome accademico riguardano non solo l’immagine esterna dell’accademia in sede editoriale, ma investono la logica interna e i significati stessi che il nome designa nella filosofia dell’accademia »83.

Elementi conclusivi

La celebrazione poetica della morte di Laura Serra e Frias costituisce un aneddotto editoriale a prima vista insignificante, visto che la corrente petrarchista in volgare del Cinquecento era pervenuta pure in Sicilia. Il contesto politico e culturale che motivò la stampa « libera » delle Rime ne fa tuttavia un’opera fondamentale : ci dà una prova oggettiva ‒ per quanto lo possa essere un’edizione non autorizzata ‒ dell’esistenza dell’Accademia dei Risoluti di Palermo, fondata due anni dopo quella letteraria degli Accesi, la prima con quella dei Cavalieri sotto il regno degli Asburgo.

Interessante nel paratesto come nei componimenti poetici, il volume illustra l’attività accademica dei Risoluti e il microcosmo delle accademie palermitane della fine del Cinquecento. La dedica dell’editore presenta gli autori delle poesie come possibili accademici, finora ignoti dalla critica per alcuni ; l’appartenenza di Argisto Giuffredi, protagonista della vicenda di Laura, alle due accademie84 modera l’esclusività caratteristica delle accademie, dimostrando così che quelle palermitane non erano chiuse tra di loro, nonostante differenze organiche di cui la raccolta, più di una pubblicazione accademica o di un’antologia poetica, sembra essere l’impresa della « risolutezza » degli eruditi che desideravano uscire dal sistema delle accademie vicereali per esistere, per cui l’apertura di questa seconda accademia letteraria a Palermo così presto, in quanto alternativa intellettuale in grado di dare una certa autonomia a quei nuovi accademici siciliani.

Note de fin

1 Questo frontespizio è una riproduzione « Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali » dell’opera originale delle Rime di diversi belli spiriti della città di Palermo in morte della signora Laura Serra et Frias, Palermo, Giovanni Matteo Mayda, 1572. Questa cinquecentina viene conservata presso la Biblioteca Nazionale Braidense di Milano. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

2 In Sicilia, sotto la dominazione asburgica (1559-1701), ci sono state circa novanta accademie tra cui una quindicina nel Cinquecento. La prima accademia siciliana fu quella duecentesca dell’imperatore Federico II. Nel primo Cinquecento, ci saranno essenzialmente quella del Parnaso di Canicattì (1535), quella Messinese di Messina (1540-1560), quella dei Solitari di Palermo (1549-1554) e quella dei Solleciti di Palermo (1554-1564). Poi, sotto la corona asburgica spagnola, comincia un nuovo periodo accademico in Sicilia, comunque in ritardo rispetto a Napoli la cui prima accademia importante aprì nel Quattrocento. In realtà le accademie cinquecentesche siciliane furono segnate dalle vicende di quelle napoletane che furono chiuse tra il 1543 e il 1547 perché gli intellettuali erano stati sospettati di aver fomentato i moti popolari contro il governo. Da allora, i vicerè spagnoli tennero d’occhio gli accademici : le accademie siciliane furono dunque, per la maggior parte, fondate per celebrare il potere vicereale. Ci furono l’Accademia Modicana di Modica (1558-?), l’Accademia dei Cavalieri di Palermo (1566-1636), l’Accademia degli Accesi di Palermo (1568-1579), l’Accademia dei Risoluti di Palermo (1570-1581), l’Accademia degli Opportuni di Palermo (1570-1607), l’Accademia Medica di Nicosia (verso il 1570-?), l’Accademia dei Curiosi di Gangi (verso il 1570-?), l’Accademia degli Sregolati di Palermo (verso il 1588-?), il cenacolo di Francesco II Moncada (1588-1592), l’Accademia della Stella di Messina (1595-1678), l’Accademia dei Curiosi di Castelbuono (fine XVI secolo-?), l’Accademia dei Virtuosi e Comici di Collesano (1600-?) e l’Accademia degli Infocati di Scicli (?-?).

Sulle accademie siciliane del Cinquecento, si veda Delphine Montoliu, Les académies sous le règne des Habsbourg (1559-1701), thèse de doctorat sous la direction du Prof. Jean-Luc Nardone et du Prof. Salvatore Silvano Nigro, Université Toulouse II-Le Mirail / Scuola Normale Superiore di Pisa, 2012.

3 Rime di diversi belli spiriti della città di Palermo in morte della signora Laura Serra et Frias, Palermo, Giovanni Matteo Mayda, 1572.

4 L’Accademia degli Accesi di Palermo fu fondata nel 1568. Durante la sua attività che durò fino al 1579, pubblicò due volumi collettivi : Rime della Accademia de gli Accesi di Palermo, Palermo, Giovan Mattheo Mayda, 1571 ; Delle rime de gli Academici Accesi di Palermo. Libro secondo, Palermo, Gio. Matteo Maida, 1573. Queste due raccolte sono state analizzate da Raffaele Girardi nell’articolo « Figure e misure del petrarchismo siciliano : l’esperienza degli Accesi », in Filologia e critica, 1988, anno XIII, vol. I, p. 27-78.

5 Filippo Evola (Storia tipografico-letteraria del secolo XVI in Sicilia, Palermo, Lao, 1878) riferì che fu l’Accademia degli Accesi ad essere stata il committente delle Rime e il tipografo Giovanni Antonio De Francisci (1588-1610) ad averle stampate.

6 Antonino Mongitore, Bibliotheca sicula, Palermo, ex typographia Didaci Bua ; ex typographia Angeli Felicella, 1707-1714, T. I, p. 84 : « ARGISTRUS JUFFREDUS Nobilis Panormitanus vir amænioribus literis abundè instructus, Poeta non vulgaris, in Panormitana Academia Accensorum recensitus effulsit. Academicus etiam fuit Academiæ Panormitanæ, quam vulgò degli Inrisoluti dicebant, cui praefuit Princeps, ut legere est in epist. : nuncup. carminum, quæ nonnulli Panormitani edidere in obitu D. Lauræ Serra Argistro dicata ».

Argisto Giuffredi (1535-1593) occupò molte cariche nel governo palermitano, tra cui quelle di Reggitore della Tavola, di Collettore della cassa dei panni, di Credenziere dei cantari e Messo della segrezia, di Maestro notaro della Corte Pretoriana e del R. Portulano di Palermo, di Segretario dell’Inquisitore generale del regno di Sicilia, mons. Bartolomeo Sebastian vescovo di Patti, e di Segretario del Senato Palermitano. Fondatore degli Accesi tra i quali veniva chiamato Il Contemplativo, fu anche Principe dei Risoluti. Scrisse gli Avvertimenti Cristiani, pubblicati da Luigi Natoli nel 1896 ; pubblicò Il primo dei dialoghi del licenziato Pietro di Luscian da Siviglia, nel quale tratta di molte cose appartenenti allo stato matrimoniale, tradotto dal castigliano in toscano, Palermo, Gio. Ant. Maida, 1575 ; l’Orazione delle Azioni di Marco Antonio Colonna, Roma, 1586 ; il Trattato della gloria humana, Roma, 1588 ; il Compendio del signor Massimo Troiano, tratto dalle osservazioni della lingua castigliana del signor Gio. Miranda, nel quale in dialogo si ragiona della differenza e convenienza dell’alfabeto spagnuolo e italiano, col quale si può imparare a leggere, intendere, parlare e proferire la detta lingua castigliana, con le annotazioni del sig. A. G. utilissime non solo per sapere la lingua spagnuola ; ma per sapere molte cose della Toscana, Firenze, Bartolomeo Sermartello, 1601. Su Argisto Giuffredi, si vedano Luigi Natoli, Avvertimenti cristiani di Argisto Giuffredi per la prima volta pubblicati con note e documenti e un saggio su la vita e le opere dell'autore, Palermo, Lo Statuto, 1896 ; Salvatore Salomone-Marino, « Argisto Giuffredi », in Archivio Storico Siciliano, 1898, XXIII, p. 294-302 ; Bernardo Piciché, Argisto Giuffredi : gentiluomo borghese nel vicereame di Sicilia, Roma, Euroma, 2006.

7 R. Girardi, Incipitario della lirica meridionale e repertorio generale degli autori di lirica nati nel mezzogiorno d’Italia : (secolo XVI), Firenze, Olschki, 1996.

8 Luigi Natoli, quando propose alla fine dell’Ottocento una finzione della vicenda all’origine del volume nelle sue Storie e leggende di Sicilia (Palermo, Flaccovio, 1982-1985, vol. II, p. 329-346), accennò all’assenza di copie nelle biblioteche italiane alla sua epoca : « Nessuna biblioteca d’Italia, per quante ricerche siano state fatte fino a oggi, conserva il volumetto » (p. 344-345). Solo dal 2004 viene catalogato il volume sul sito dell’Edit16 che inventoria le cinquecentine italiane.

9 Siccome la legatura posteriore al Cinquecento ci indusse a constatare un certo disordine nella fascicolazione, lasciamo aperti ulteriori studi su altri eventuali esemplari europei.

10 Siccome gli accademici provenivano dal ceto aristocratico che partecipava al potere cittadino, la vicenda culturale delle accademie nel Cinquecento è dunque legata ai vicerè, soprattutto per quanto riguarda Palermo, sede dell’amministrazione spagnola. Non significa pertanto che un nobile fosse un intellettuale perché gran parte della nobiltà era acculturata e si preoccupava solo dell’acquistare privilegi e sempre più feudi : l’identificazione dei poeti del volume appare quindi essenziale.

11 Non siamo stati in grado di trovare documenti relativi alla sua anagrafe, né a Palermo né a Piazza Armerina.

12 Filippo Paruta e Niccolò Palmerino, « Diario della città di Palermo da’ mss. di Filippo Paruta e di Niccolò Palmerino », in Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX pubblicati sui manoscritti della Biblioteca Comunale preceduti da una introduzione e corredati di note per cura di Gioacchino di Marzo, I, Palermo, Luigi Pedone Lauriel, 1869, I.

13 L. Natoli, Storie e leggende di Sicilia, Palermo, Flaccovio, 1982-1985, vol. II, p. 333 : « Don Alonso Frias aveva militato con don Giovanni d’Austria a Lepanto, ed era venuto in Palermo allo sciogliersi della lega ».

14 Purtroppo, gli archivi criminali della città sono stati dispersi in manomissioni ed in incendi, e i registri della Compagnia dei Bianchi non sono aperti al pubblico. Cf. infra, nota 62.

15 L. Natoli, Storie e leggende di Sicilia, Palermo, Flaccovio, 1982-1985, vol. II, p. 329-346.

16 Idem, p. 329.

17 Rime della Accademia de gli Accesi di Palermo, Palermo, Giovan Mattheo Mayda, 1571 : « Illustrissimi et Reverendissimi Signori. Perché gli Accademici Accesi di Questa Città hanno deliberato di mandare in luce un raccolto di alcuni lor componimenti. Et è cosa debita il domandar le licentie necessarie da’ superiori, Per tanto con ogni riverenza supplicano le Signorie vostre, Reverendissime restino servite fargli rivedere e trovandogli Cattolica (come e stata la mente degli autori de farli) dar loro licentia di potergli liberamente stampare. Panormi die 15 Novemb. XIII Ind. 1569 ».

18 Idem : « Philippus & Vicerex In Regno Sicilie, Magnificis Academicis Academię accesorum Felicis Urbis Panori Regiis fidelibus dilectis salutem, Havendo la vostra Accademia messo insieme alcune cópositioni della lingua Italiana reviste prima dalli molto Reverendi Inquisitori di questo Regno, desiderando quelle fare in primere, ne possendo farlo senza nostra expressa licentia, ni haveti fatto supplicatione ni dignassimo tale licentia concedervi. Noi attendendo alla giusta, & onesta petitione, & all’utilità, che di dette cópositioni ne poria resultare simo restati contenti donarvi detta licentia pur che dette compositioni inanti che se Imprimano siano state reviste da essi molto Reverendi Inquisitori. Et per cio in virtu della presente vi damo, & concedimo licentia faculta, & privilegio di possere fare Imprimere da qual si voglia Stampatore in questo Regno dette compositioni della lingua Italiana in uno, o piu volumi secondo meglio ve parera espediente Dando similmente licentia a’ detti Stãpatori che libere possiano quelli Imprimere. Pur che tali cópositioni inanzi che se Imprimano si revedano, o siano state reviste dalli detti molto Reverendi Inquisitori di questo Regno, & non altrimente ve sia concessa tale licentia, Comandando per la presente à tutti, & singuli offitiali & persone del Regno maggiori & minori presenti & futuri che la presente nostra licētia vi debbiano esequire & observare ad unguē & fare da ogn’uno esequire & observare, & prestare circa il predetto ogni agiuto & favore necessario quãte volte ce lo requedireti, se la gratia di sua Magesta tenino cara, & in la pena di florini mille applicati al Regio sisco desiderano non incorrere. Dat. Panormi II Iunij XIII Ind. MD L XX. Il Marchese di Pescara ».

19 Idem : « Panhormi die XVI Iunij MD L XX. / Stante la Revisione fatta per li Reve. Patri Theologi li Reverendissimi Signori Inquisitori concedino licentia che lo presente Libro si stampi. Et ordinamo, e comandamo allo Stampatore debbia portare a sue Signorie, & in lo santo offitio della Inquisitione lo primo libro di questi ch’uscira della Stampa. / Franciscus de Alpuches Secreta ».

20 Don Gaetano dei conti Melzi (1783-1851) fondò la Biblioteca Melziana sita nell’ultimo piano del suo palazzo in Corso di Porta Nuova, ora via Manzoni a Milano. Le opere disperse durante la Seconda Guerra Mondiale furono ricuperate dalle Biblioteche Nazionali di Milano e di Torino.

21 Giuliano Vigini, Glossario di biblioteconomia e scienza dell'informazione, Milano, Ed. Bibliografica, 1985, p. 93 : « Numero o lettera stampata sulla prima pagina di ciascun foglio di macchina (quartino, ottavo, sedicesimo, ecc) per indicare l’ordine progressivo in cui i fogli vanno disposti e pregiati ».

22 In mancanza di menzione di reedizione, la copia viene ritenuta originale.

23 Franca Petrucci Nardelli, « Legature e lettura nel Cinquecento », in Accademie e Biblioteche d’Italia, anno LIX, 1991, N.S., n. 4, ottobre-dicembre, p. 6-7 : « I grandi collezionisti [...] non disgiunsero l’interesse per il testo (e per la lettura) dall’amore per belle ed eleganti legature [...] La rilegatura non era la protezione di un libro che conteneva un testo da leggere e rileggere, ma piuttosto riffleteva la bellezza e l’accuratezza di fattura dell’interno, completandone l’eleganza di accessorio da godere nella sua materialità oggettuale, da esibire alla stregua di altrettanto eleganti accessori, come cinture, guanti, gioelli, ecc. ».

24 Giuseppina Zappella, Il libro antico a stampa : struttura, tecniche, tipologie, evoluzione. Parte prima, Milano, Ed. Bibliografica, 2001, p. 387-389 : « Nel codice il fascicolo è costituito da un certo numero di fogli (membranacei o cartacei) plicati al centro, inseriti l’uno nell’altro e cuciti lungo la linea di plicatura centrale. [...] Anche nei primi libri a stampa, infatti, i fascicoli erano formati da fogli piegati in due e inseriti l’uno dentro l’altro a formare quaterni, quinterni ecc. ».

25 Pietro D’Agostino fu Pretore nel 1550-51, Maestro Razionale del Real Patrimonio e Governatore della nobile Compagnia dei Bianchi in Palermo negli anni 1541, 1542, 1543 e 1557-58. Sulla carica di Maestro Razionale, cf. Domenico Ligresti, Sicilia aperta : mobilità di uomini e idee nella Sicilia spagnola (secoli 15-17), Catania, [s.n.], 2005, cap. IV « I togati », p. 167 : « La Curia Magistri rationum o Tribunale del Real Patrimonio era un ufficio collegiale, avente funzioni di controllo, di registrazione e di giurisdizione in materia finanziaria, composto da quattro maestri razionali di nomina regia che avevano la supervisione di tutti gli affari finanziari e di tutta la contabilità degli altri ufficiali pecuniari, partecipavano alle sedute del Sacro Regio Consiglio con parere vincolante sulla loro materia, e spesso corrispondevano direttamente con il sovrano senza passare attraverso il viceré. Sino alle riforme del 1569 e del 1582 furono quattro, di nomina regia, affiancati da giudice, maestro notaro con quattro notai, archiviario, adiutor computorum, più vari portieri e cursori. Si vendeva, nonostante i divieti, in alcuni casi, anche creandosi dei soprannumerari ».

26 Le carte in grassetto fanno parte dei fascicoli spostati. Le parole o i titoli scritti in maiuscole nel volume verranno segnalate da un asterisco « * ».

27 Inizio del titolo in maiuscole nel volume.

28 Poeta che, nel volume delle Rime degli Accesi del 1571, fu il dedicatario di Argisto Giuffredi a c. 48r a cui rispose con un sonetto, e di Leonardo Orlandini (cf. infra nota 49) a c. 156r. Paolo Benci fu anche l’autore del terzo intermezzo dell’Hortensia, commedia di Alessandro Piccolomini recitata dall’Accademia degli Intronati a Siena nel 1560, e rappresentata a Palermo nel 1574 per il matrimonio di Giovanni Ventimiglia marchese di Gerace (nel 1595 egli divenne principe di Castelbuono, Presidente del Regno e fondò l’Accademia della Stella di Messina) con Anna D’Aragona, figlia di Carlo D’Aragona, principe di Castelvetrano, duca di Terranova, Presidente e Capitan Generale del Regno di Sicilia (1571-1577), ed accademico Acceso e Generale degli accademici Cavalieri di Palermo nel 1571.

29 Nicolò Blasco era un grammatico e un poeta originario di Chiusa, che pubblicò un De verborum constructione compositum, Panormi, Jo. Antoni De Francisci, 1600 e 1605 ; La navigationi per li muntagni di Sicilia. Composta per Gioseppe Gambacurta, o Cola Blascu, Palermo, Angelo Orlando, 1610, ripubblicato a Palermo, Rosselli, 1639 ; La littra di Cola Blascu. Ad una donna curtixana di Napuli. Operetta dilettusa, e piacevuli, Messina, 1612 e ristampata in Palermo, Antonio Gramignani, 1616 ; Contrasto di un vecchio ed una vecchia in ottava rima, Messina, Gio. Francesco Bianco, 1621 ; Trofei dell’asino in terza rima, Palermo, Rossello, 1641 ; Testamento di Don Porco in terza rima, Palermo, Rossello, 1641 ; Il vecchio innamorato in terza rima siciliana, Messina, Eredi di Pietro Brea, 1646.

30 Francesco Bisso (1520-1598) fu l’apologista del vicerè Francesco Ferdinando Avalos d’Aquino Marchese di Pescara (1568-1577) e fu nominato Protomedico di Sicilia nel 1580 dal vicerè Marcantonio Colonna (1577-1585) e confermato da re Filippo II, succedendo così a Gian Filippo Ingrassia. Era anche poeta e veniva chiamato Il Sopito nell’Accademia degli Accesi. Pubblicò un’Oratione nell’esequie celebrate dalla illustris. congregatione de’ cavalieri di Palermo per la morte dell’eccellentis. marchese di Pescara vicere di Sicilia, Palermo, Gio. Mattheo Maida, 1571 ; Apologia in curatione aegritudinis ill. Francisci Ferdinandi Avolos Piscariae marchionis, et Siciliae Proregis munifecentissimi, Panormi, Ioannem Mattheum Maydam, 1571 ; « Epistula medica Paulo Restifae de Erysipelate », in Paolo Crinò, Responsiones apologeticae in apologiam Gerardi Columbae, Messina, Faustum Bufalinum, 1589.

31 Giovanni Del Campo fu un poeta che, nel volume delle Rime degli Accesi del 1571, fu il dedicatario di Argisto Giuffredi a c. 38r : gli dedicò anche lui un sonetto a c. 51r a cui rispose a c. 51v ; a c. 77r, dedicò un sonetto a Bartolomeo Bonanno (cf. infra, nota 34) che gli rispose a c. 77v.

32 Attilio Opezzinghi (o Opizinga o Opezzinga o Opizzinchi) fu un accademico Acceso che pubblicò l’opera intitolata Della vita di s. Giosafat, convertito da s. Barlaam eremita, canti cinque, con alcune rime spirituali al fine, Palermo, Giovanni Antonio Carrara, 1584.

33 Il filosofo, astronomo e poeta Sebastiano Ansalone (?-1599) fu il dedicatario di Argisto Giuffredi nelle Rime degli Accesi del 1571 a c. 46v. Frequentò il cenacolo di Francesco II Moncada e pubblicò con lo pseudonimo Rutilio Benincasa l’opera intitolata l’Almanacco perpetuo di Rutilio Benincasa, Napoli, 1593, più volte ripubblicata nella penisola.

34 Bartolomeo Bonanno (?-1582) veniva chiamato Il Travagliato tra gli Accesi ; appartenne poi al cenacolo di Francesco II Moncada. Pubblicò le proprie Rime del signor Bartolomeo Bonanno gentil’huomo Palermitano Accademico de gli Accesi, Palermo, Eredi di Maida e Gian Pietro Sartoia, 1580.

35 Si noti che i due componimenti di una « Gentil Donna Palermitana » (cf. anche c. 3r) non ci permettono di individuare una delle sorelle Bonanno (Laura, Marta o Onofria), uniche donne a far parte dell’Accademia degli Accesi : nel primo volume dell’accademia, pubblicato l’anno prima, non erano rimaste anonime.

36 Astolfo Benfatto fu un notaio originario di Chiusa.

37 Purtroppo non siamo stati in grado di trovare informazioni su quest’autore.

38 Angelo Di Costanzo (1507-1591) fu un accademico napoletano che fece parte delle accademie degli Eubolei, degli Incogniti e dei Sereni.

39 Mariano Di Bologna fu Giurato di Palermo nel 1567, e fece parte dell’Accademia dei Solitari di Palermo in cui venne chiamato Il Solingo.

40 Marco Della Rovere veniva chiamato Lo Sdegnoso tra gli Accesi.

41 Antonio Veneziano fu un celebre poeta chiamato « Il Petrarca siciliano », noto per aver trascorso una vita controversa, dai palazzi ai carceri : imprigionato ad Algeri incontrò Cervantès, e morì nel 1593 nell’esplosione del carcere di Castellammare Del Golfo. Appartenne alle accademie degli Accesi e degli Opportuni di Palermo e al cenacolo del Moncada. Su quest’autore, si vedano, tra l’altro, Giuseppe Modica, « Ricerche critiche sulla vita e sulle opere di Antonio Veneziano », in Opere di Antonio Veneziano poeta monrealese raccolte dal fu dottor Giuseppe Modica, riordinate accresciute e pubblicate dal sacerdote Salvatore Arceri, Palermo, Francesco Giliberti, 1859 ; Isidoro La Lumia, « Antonio Veneziano o un cinquecentista di Sicilia », in Nuova Antologia di scienze, lettere ed arti, 1879, XV, p. 181-199 ; Ugo Antonio Amico, Per la solennità centenaria di Antonio Veneziano, Firenze, G. Barbera, 1894 ; Giuseppe Pitrè, « Antonio Veneziano nella leggenda popolare siciliana », in Archivio Storico Siciliano, 1894, 19, p. 3-17 ; Gaetano Millunzi, « Antonio Veneziano », in Archivio Storico Siciliano, 1894, 19, p. 18-198 ; G. Pollaci Nuccio, « Dell’ufficio di segretario comunale nei secoli scorsi in Palermo e di Antonio Veneziano », in Archivio Storico Siciliano, 1894, 19, p. 199-276 ; Vincenzo Epifanio, La Celia di Antonio Veneziano, Palermo, Lo Statuto, 1901 ; L. Natoli, « Antonio Veneziano », in Prosa e prosatori siciliani del sec. XVI, Milano-Palermo-Napoli, Remo Sandron, 1904, p. 85-102 ; Giuseppe Di Gesù, Sulla poesia di Antonio Veneziano, Palermo, Nocera, 1905 ; Sebastiano Vento, Petrarchismo e concettismo in Antonio Veneziano, Roma, P. Maglione e C. Strini, 1917 ; F. Biondolillo, « Manoscritti ignoti di Antonio Veneziano », in Saggi e ricerche, Catania, 1926, p. 99 e segg ; Luigi Sorrento, La poesia dialettale e il Parnaso siciliano, Napoli, Perrella, 1927 ; S. Vento, Il culto del Petrarca in Sicilia dal Veneziano al Meli, Firenze, Tipocalcografia classica, 1931 ; Leonardo Sciascia, « Introduzione », in Ottave di Antonio Veneziano ; testo e traduzione a cura di Aurelio Rigoli, Torino, G. Einaudi, 1967, p. 5-29 ; Caterina Sulli, Antonio Veneziano : dal mistero di Celia al puttanesimo, Palermo, Kefa - Lo Giudice, 1982 ; Gaetano Millunzi e Aldo Gerbino, Del sole, della luna, dello sguardo : vita di Antonio Veneziano, Palermo, Novecento, 1994 ; Salvatore Di Marco, Antonio Veneziano : atti del convegno, Palermo, Provincia regionale, 2000.

42 Purtroppo non siamo stati in grado di trovare informazioni su quest’autore.

43 Girolamo Rapis o Le Rape fu Lo Smarrito tra gli Accesi.

44 Geronimo Branci o Branchi (?-1587), Cavaliere di Santo Stefano, fu sindaco di Palermo nel 1585. Veniva chiamato L’Offuscato tra gli Accesi ; pubblicò l’Orazione fatta per la liberazione di sua patria Palermo della peste con alcune rime in fine, Palermo, [s.n.], 1576 ; il Discorso intorno alla difesa di alcuni privilegi di Palermo, Palermo, Gio. F. Carrara, 1586.

45 Gaspare Ventimiglia fu uno dei fondatori dell’Accademia dei Cavalieri di Palermo nel 1566 e venne chiamato Il Disperato fra gli Accesi. Pugnò a Lepanto.

46 Purtroppo non siamo stati in grado di trovare informazioni su quest’autore.

47 Purtroppo non siamo stati in grado di sapere se quest’autore fosse Giovanni Di Cardona, Capitan Generale delle Galere del Regno di Sicilia dal 1570 al 1578 e uno dei fondatori dell’Accademia dei Cavalieri di Palermo nel 1566.

48 Originario di Mazara Del Vallo, Ippolito D’Ippolito (?-1579) fu Il Candido tra gli Accesi. Pubblicò gli Emblematon propylaion ad Joannem Austriacum, Panormi, Maydam, 1574.

49 Originario di Trapani, Leonardo Orlandini Dal Greco (1552-1618) fu il primo Principe degli Accesi e venne chiamato Il Sereno. Occupò molte cariche religiose a Palermo. Pubblicò i Variarum imaginum libri tres, Panormi, Jo. Ant. De Francisci, 1595 ; Discorso in lode di S. Giorgio, poema di Matteo Donia palermitano, Palermo, Gio. Battista Maringo, 1600 ; Trapani in una breve descrizione, Palermo, Giov. Ant. De Francisci, 1605 ; La descrizione latina del sito di Mongibello di Antonio Filoteo degli Omodei siciliano, tradotta in lingua Italica dal R. Dottor D. Leonardo Orlandini e Greco Canonico Reale del Domo di Palermo, Palermo, Giov. Ant. De Franceschi, 1611.

50 Simone Valguarnera minore (1555-1578), nonostante la sua giovane età appartenne all’Accademia dei Risoluti di Palermo e scrisse un canzoniere, conservato alla Biblioteca comunale di Palermo (2Qq D 16) e pubblicato da Dina Genduso (Il canzoniere di Simone Valguarnera, Palermo, Tip. Matematica, G. Senatore, 1921).

51 Anche se Michele Maylender, nella sua Storia delle accademie d’Italia (Bologna, Arnaldo Forni, 1926-1930, vol. V, p. 17), indicò che nell’Accademia dei Risoluti di Palermo ci fu un Simone Valguarnera maggiore del precedente, l’unico barone del Godrano con questo nome fu, secondo i nobiliari di Sicilia, Capitano di Giustizia in Palermo nell’anno 1546-47, il che gli conferirebbe un’età magari troppo grande.

52 Stefano D’Anna (?-1590), originario di Cefalù, fu prete della parocchia di Santa Croce di Palermo, e venne chiamato L’Impedito tra gli Accesi.

53 Filosofo, letterato e anche medico, Santoro Vitale fece parte dell’Accademia degli Accesi. Prima di partecipare al volume delle Rime del 1572, pubblicò il De medicamento solvente non exhibendo sexto die, Panormi, Io. Mattheum Maydam, 1570.

54 Non siamo stati in grado di trovare notizie biografiche su Scipione Lembo, noto per aver pubblicato i Trionfi dela Santissima Lega et Impresa de Levante dal magnifico Scipion Lembo ridotti in rima, Palermo, Giovan Mattheo Mayda, 1572.

55 Vincenzo Del Bosco (?-1583), barone di Misilmeri, fu Pretore di Palermo nel 1555 e nel 1556-1557 divenne il primo conte di Vicari e anche Luogotenente del Maestro Giustiziere della Sicilia. Fece parte dell’Accademia dei Solitari di Palermo (1549-1554) in cui venne chiamato Il Resoluto, e anche di quella degli Accesi. Fu il dedicatario di Bartolomeo Bonanno nelle Rime degli Accesi del 1571, a c. 66v.

56 Antonino Alfano (?-1578) fu poeta, filosofo e teologo, e venne chiamato Il Solingo nell’Accademia degli Accesi. Pubblicò La battaglia celeste tra Michele e Lucifero, Palermo, Giovanni Mattheo Mayda, 1568. Cf. Ugo Antonio Amico, « La battaglia celeste tra Michele e Lucifero », in Studi letterari, 1881, p. 103-147. Su quest’accademico, si veda Alberto Asor Rosa, « Alfano, Antonio », in Dizionario Biografico degli Italiani-Enciclopedia Treccani on line (http://www.treccani.it/enciclopedia/).

57 Ascanio Valguarnera fu una accademico Cavaliere di Palermo che pugnò a Lepanto.

58 Ottavio Spinola era meno conosciuto per le sue doti letterarie che per la sua partecipazione al governo palermitano. Cf. Francesco Maria Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Della Sicilia nobile, Palermo, Pietro Bencivenga, 1754-1759. Sulla carica di Maestro Portulano, cf. D. Ligresti, Op. cit., p. 167 : « I portulani derivavano da quei funzionari che nel 1239 furono addetti alla custodia dei porti ed all’esazione ed amministrazione dello ius exiturae (diritti di esportazione, ma avevano competenza anche sui trasporti via mare infra Regnum). Un organo superiore, chiamato maestro portulano, aveva il compito di nominare i singoli portulani, di raccogliere tutti i dati riguardanti gli uffici locali, di regolare il commercio granario attraverso le tratte concesse dalla R. C., e di redigere registri complessivi con nominativi, tipo di merci, naviglio utilizzato, permessi di estrazione, cautele. L’ufficio era concesso a titolo oneroso (per acquisto) a personalità di grandi capacità finanziarie, di solito creditori della Regia Corte, in garanzia dei loro crediti ».

59 Ottavio Di Bologna fu Giurato di Palermo nel 1570.

60 Inizio del titolo in maiuscole nel volume.

61 Pietro Di Ricca era un notaio della Conceria. Svolgeva la propria attività nel quartiere della chiesa parrocchiale di S. Jacobo La Marina.

62 Erano i padri della confraternita laicale chiamata Compagnia dei Bianchi di Palermo a dover assistere i condannati a morte. Cf. Capitoli et constitutioni della Confraternita et devota Compagnia dei Bianchi, Palermo, [s.n.], 15 gennaio 1542 ; Capitoli della Compagnia del Crocefisso, detta dei Bianchi della felice città di Palermo. Riformati nell’anno MDLXXII, Palermo, Giovanni Matteo Maida, 1572, seconda edizione del 1579. Luigi Natoli, riferendosi ai registri della Compagnia senza purtroppo darci il riferimento, diede i nomi dei padri che prepararono Laura Serra e Frias alla sua esecuzione : « Donna Laura fu condotta in cappella e affidata ai Bianchi, per prepararsi a morire bene. L’assistettero i confrati : don Pietro d’Agostino e don Lodovico La Caprosa, e i sacerdoti don Antonino Occhipinti e don Giacomo Grasso » (Storie e leggende di Sicilia, Palermo, Flaccovio, 1982-1985, vol. II, p. 343). Il primo è uno dei poeti maggiori delle nostre Rime, quindi si può immaginare che uno dei tre successivi fosse il « Padre Confessore » a cui è indirizzato il sonetto. Inoltre, la riforma dei Bianchi avvenuta l’anno in cui successe la vicenda, secondo la ristampa citata, costituirebbe un elemento supplementare nella ricerca di documenti autentici per approfondire l’argomento, ma questi archivi rimangono chiusi agli studiosi.

63 Purtroppo non siamo stati in grado di trovare informazioni su quest’autore.

64 Mariano Migliaccio (?-1610), primo marchese di Monte Maggiore, fu accademico Cavaliere e Acceso di Palermo. Fu anche Pretore di Palermo nel 1602-1603 e Maestro Razionale nel 1603. Pubblicò il Discorso sopra l’arco fatto in Palermo al duca di Feria vicerè di Sicilia, Palermo, Giambattista Maringo, 1602.

65 Mariano Bonincontro, Buonincontro, Bonascontro o Bonoscontro (c. 1520-c. 1590) veniva chiamato Il Severo tra gli Accesi ma non partecipò al primo volume di Rime degli Accesi del 1571. Claudio Mutini, nel Dizionario Biografico degli Italiani (1971, Vol. XII) giustifica la sua assenza con la fama del fratello Gian Guglielmo, accusato di eresia : « Mariano altri non era che un fratello del Bonincontro, e per di più laureato in diritto a Ferrara non molto tempo dopo Gian Guglielmo (25 luglio 1547) : “Il fatto che i due fratelli a distanza di due anni si laurearono a Ferrara - concludeva il Garufi - rende attendibilissimo il sospetto che il Giraldi Cintio e, dietro lui, tutti gli eruditi siciliani sian caduti in equivoco attribuendo a Mariano le doti poetiche spiccatissime di Gian Guglielmo; ma è anche probabilissimo che entrambi abbiano coltivato le Muse e che i posteri abbiano attribuito a Mariano anche tutto ciò che uscì dalla penna del luterano condannato dall'Inquisizione”. Comunque sarebbe stata proprio la forte personalità del B. come eretico ad escludere il suo nome dalla raccolta di Rime degli Accesi [...] ».

66 Verardo Ferro il Giovane fu Il Tranquillo tra gli Accesi.

67 Si veda il « De libris non imprimendis sine licentia Proregis » stabilito da don Juan de la Cerda a Palermo il 29 gennaio 1561 (Cf. Pragmaticarum Regni Siciliae novissima collectio, I, Palermo, A. Orlandi, 1636, p. 442).

68 Due istituzioni si occupavano del controllo religioso nell’isola : il Tribunale della Regia Monarchia e l’Inquisizione spagnola. Il primo viene legittimato dalla bolla del 1098 di papa Urbino II, la quale attribuiva al conte normanno Ruggero I il privilegio dell’Apostolica Legazia, ovvero l’autorità ecclesiastica dell’isola : poteri civile e religioso erano allora nelle mani del sovrano. L’Inquisizione spagnola fu introdotta nell’isola nel 1487 dal frate Domenico La Pegna, mandato da Torquemada, ma autorizzata dalla bolla del 1478 di papa Sisto IV, intitolata Exigit sincerae devotionis affectus : essa concedeva a Ferdinando d’Aragona e a sua moglie Isabella di Castiglia d’introdurre sui loro territori un tribunale permanente del Sant’Uffizio della Suprema Inquisizione, da allora strumento regio di controllo politico e sociale. Cf. Francesco Scaduto, Stato e Chiesa nelle Due Sicilie, Palermo, Ed. della Regione Siciliana, 1969 ; Vito La Mantia, Origine e vicende dell’Inquisizione in Sicilia, Palermo, Sellerio, 1977 ; Carlo Alberto Garufi, Fatti e personaggi dell’Inquisizione in Sicilia, Palermo, Sellerio, 1978 ; Francesco Renda, L’inquisizione in Sicilia. I fatti, le persone, Palermo, Sellerio, 1997 ; Lina Scalisi, Il controllo del sacro : poteri e istituzioni concorrenti nella Palermo del Cinque e Seicento, Roma, Viella, 2004.

69 Le prassi delle autorità religiose, confermate dalle disposizioni sinodali (Constitutiones Synodi diocesane ab Ill. et Rev. domino D. Simeone Carafa archiepiscopo messanensi etc. celebratae, Messina, Eredi P. Brea, 1663), imponevano che « Sciant postraemo nostri librorum revisores non solum impressionem librorum regularibus esse vetitam, nisi praecedente nostra et suorum superiorum regularium licentia, verum etiam nomine librorum venire lectiones, annotationes, disputationes, conciones et alia similia, nec non tractatus pertinentes tum ad devotionem, tum ad quietationem conscientiarum, stimulationes seu exortationes fratrum et coetera huiusmodi » (p. 19).

70 Alessandra Villa, « Tipologia e funzionamento del sistema della dedica nell’Italia del Rinascimento », in line@editoriale, rivista on line, Toulouse, PUM, 2010.

71 Inizio del titolo in maiuscole nel volume.

72 Giovanni Matteo Mayda o Maida esercitò l’attività di tipografo dal 1542 fino al 1578 (anno in cui morì) a Palermo. Sui tipografi palermitani del Cinquecento, si veda Carlo Pàstena, Libri, editori e tipografi a Palermo nei secoli XV e XVI : saggio biobibliografico, Palermo, Biblioteca centrale della Regione siciliana, 1995.

73 La pubblicazione di un’opera necessitava capitali per i caratteri tipografici, la stampa e la carta, anticipati dal tipografo-editore che li ricuperava con la vendita degli esemplari stampati. Il mecenatismo appare allora importante come la rete di distribuzione in Italia come in Europa : i tipografi-editori erano spesso anche librai ; il pilastro dell’editoria siciliana era la committenza pubblica ossia il Senato. Cf. Raffaele Starrabba, « Di Giovanni Naso e della introduzione della stampa in Sicilia », in Nuove effemeridi siciliane, 1870, p. 470-484.

74 A. Villa, Art. cit : « l’editore si incarica della dedica [perché] l’autore rifiuta di pubblicare la sua opera, che però merita di essere conosciuta da tutti. L’atto di pirateria dell’editore viene quindi presentato come un gesto di altruismo nei confronti della comunità letteraria ».

75 A. Villa, Art. cit.

76 Il loro legame viene anche illustrato nell’epigramma latino di Filippo Paruta, che viene conservato alla Biblioteca comunale di Palermo (2Qq C 21 n. 36), e fu pubblicato da Luigi Natoli in Avvertimenti cristiani di Argisto Giuffredi per la prima volta pubblicati con note e documenti e un saggio su la vita e le opere dell'autore, Palermo, Lo Statuto, 1896, p. 41 : « Laurae dat parvo tumulo Venus alba ligustra / et Veneris pharetram fractaque tela puer ; / Phoebus odoratam violam, sacra lilia Musae, / narcissos Charites, purpureasque rosas ; / Argistrus carmen ; docto pro Carmine sed nos / pro flore, heu ! lacrimas, munera nostra, damus ».

77 Cf. L. Natoli, Avvertimenti cristiani di Argisto Giuffredi per la prima volta pubblicati con note e documenti e un saggio su la vita e le opere dell'autore, Palermo, Lo Statuto, 1896, p. 41-46. Vi pubblicò anche il sonetto di Antonio Veneziano contenuto nel volume del 1572.

78 Capitoli dell’Accademia degli Accesi di Palermo, Cap. VIII senza titolo, c. 8v. Il manoscritto originale viene conservato alla Biblioteca comunale di Palermo (2Qq D 18 n. 1 : « Poesie e prose (diverse) antiche e moderne di diverse persone di Palermo ») e venne pubblicato la prima volta da Vincenzo Di Giovanni negli annessi dell’articolo « Le origini delle accademie degli Accesi, dei Riaccesi e del Buon Gusto (1568, 1622, 1718) », in Per il centenario del trasferimento della Accademia del Buon Gusto : oggi R. Accademia di scienze, lettere e belle arti nel Palazzo municipale : 5 luglio 1891, Palermo, F. Barravecchia, 1891, p. 20-24.

79 Capitoli dell’Accademia degli Accesi di Palermo, Cap. III « Della entrata del Nuovo Academico » : « Si guarderanno gli Academici di trattare cose in pregiudicio del compagno, ne meno cose malediche contro alcuno e tanto più contro Principi, Prelati, o altri Officiali preminenti ».

80 Il primo volume degli Accesi venne dedicato al vicerè Francesco Ferdinando Avalos D’Aquino, marchese di Pescara, e il secondo al Presidente del Regno Carlo D’Aragona.

81 Capitoli dell’Accademia degli Accesi di Palermo, Cap. IX (senza titolo), c. 8v.

82 F. Paruta, « Lettera Al Dottore Bartolo Sirillo » (26/02/1593), in V. Di Giovanni, « Lettere critiche di Filippo Paruta e di Bartolomeo Sirillo eruditi siciliani del sec. XVI », in Nuove effemeridi Siciliane, 1877, serie III, vol. VI, p. 206.

83 R. Girardi, « Letteratura e apparati festivi : l’accademia cinquecentesca degli Accesi di Palermo », in Lavoro critico, 1984, vol. 33, p. 146.

84 Si noti che Argisto Giuffredi partecipò anche al volume delle Rime degli Accesi del 1573.

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Référence électronique

Delphine Montoliu, « Una cinquecentina palermitana persa : presentazione delle Rime in morte della signora Laura Serra et Frias del 1572 », Line@editoriale [En ligne], 3 | 2011, mis en ligne le 09 février 2017, consulté le 05 mai 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/277

Auteur

Delphine Montoliu

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