L’eredità culturale: collezioni private e pubbliche di manoscritti greci

Résumés

Negli anni seguenti il ritorno dall’esilio veneziano, dopo il 1434, Cosimo de’ Medici progetta, in uno spirito di emulazione con Palla Strozzi, la creazione di una biblioteca che sia una radunanza di manoscritti greci e latini offerti alla pubblica consultazione. Con l’aiuto dell’amico Nicolò Niccoli, che allestisce le sue preziosi collezioni di volumi antichi, e quello del libraio Giannozzo Manetti e del camaldolese Ambrogio Traversari che traducono i testi classici per conto del Medici, Cosimo dà impulso alla diffusione della cultura classicheggiante e orientale che si svilupperà a Firenze lungo tutto il Quattrocento.

In the years that followed his return from exile in Venice, from 1434 onwards, Cosimo de Medici, willing to get the better of Palla Strozzi, planned to create a library that would gather his Greek and Latin manuscripts available for the public. With the help of his friend Nicolo Niccoli, who manages his invaluable collections of antique volumes, of the bookseller Giannozzo Manetti and of the camaldolese Ambrogio Traversari who both translate the classics for the Medici, Cosimo paves the way for the further development of classic and Eastern culture in Florence throughout the 15th century.

Texte

Una delle principali entità che permette una permeabilità della cultura orientale nel pensiero fiorentino è sicuramente l’istituto che diventerà, sotto il mecenatismo di Cosimo, la biblioteca pubblica del convento di San Marco. Presentandosi in un primo momento come un luogo pubblico di studio, diventerà progressivamente un esempio di apertura sul bacino del Mediterraneo.i

Sin dall’inizio del 1430, Palla Strozzi progetta di stabilire a Santa Trìnita una biblioteca che riunisce tutti i manoscritti greci e latini, che avrebbe potuto acquistare. Tale biblioteca doveva essere pubblica, situata nel centro della città, affinché tutti i cittadini vi avessero facilmente accesso:

Sendo affezionatissimo alle lettere, sempre tenne iscrittori in casa e fuori di casa, de’ più begli che fussino in Firenze, così in latino come in greco ; e quanti libri poteva avere, tutti gli comperava in ogni facultà, con intenzione di fare una degnissima librarìa in Santa Trinita, e murarvi uno bellissimo sito ; e voleva ch’ella fussi publica, che ognuno ne potessi avere comodità, e faceva in Santa Trinita, perché era nel mezzo di Firenze, luogo molto accomodato a ognuno ; e in questa librarìa sarebbono istati libri d’ogni facultà, così sacri come gentili, e non solo in latino, ma in greco.ii

Se gli eventi del 1434 e l’esilio del mecenate fanno fallire il suo progetto, Cosimo vi si ispira probabilmente cinque anni più tardi per ideare la biblioteca di San Marco. La bolla del Papa Eugenio IV, emanata il 21 gennaio 1436, aveva concesso l’assegnazione del convento fiorentino dei Silvestrini ai Domenicani di Fiesole. All’incrocio, infatti, delle due correnti di pensiero del XV secolo, questi rappresentano allo stesso tempo la riforma morale iniziata da un’indagine del pontefice Martino V nel 1409 dopo il lassismo e gli scandali suscitati dai Silvestrini e il rinascimento umanista degli studi letterari propri dei frati predicatori. Il trasferimento dei Domenicani a San Marco aveva trovato un riscontro favorevole tra i cittadini di Firenze e inoltre la decisione di affidare loro il convento per farne un’oasi di pace, in cui sviluppare l’ascesi rigorosa di studi, sembrava accordarsi perfettamente con le correnti ideologiche dell’epoca. Lo studio dei manoscritti latini permetteva infatti un ritorno in questo passato così tanto stimato e una migliore conoscenza delle origini dei testi.

Nel 1437, Cosimo decide, grazie ai fondi elargiti dall’umanista Nicolò Niccoli, di diventare il mecenate di questo nuovo orientamento umanista e fonda la biblioteca di San Marco:

[...] nel suo testamento gli legò a quaranta cittadini, che ordinassino che se ne facesse una librarìa publica, a fine che ognuno ne potesse avere, chi n’avesse bisogno. Furono il numero de’ libri volumi ottocento, tra latini e greci, in ogni facultà. Ordinorono questi quaranta cittadini, che questi libri si dessino a Cosimo de’ Medici, che li mettesse in Santo Marco, per edempire la voluntà del testatore, che fussino in luogo publico, con questa condizione, che fussino comuni a tutti quelli che n’avessino bisogno. [...] Furono questi libri di valuta di fiorini sei mila. [...] E dice che più che Platone, Aristotele e Teofrasto ; che ne’ testamenti che fece Platone e Aristotele fanno menzione di certi beni che lasciano chi a’ figliuoli, chi ad altri, e non fanno menzione ignuna de’ libri loro. Teofrasto gli lascia in privato a uno suo amico. Solo Nicolao è quello che vuole che i sua libri siano in publico, a comune utilità di ognuno, che ne meritò grandissima commendazione.iii

Paragonato ai più grandi filosofi del mondo greco, l’umanista – secondo Bisticci che scrive queste righe – li sorpassa quindi in generosità. È dunque la nuova epoca d’oro del greco e del latino, che inizia a Firenze. Destinata all’uso di tutti e non solo a una cerchia ristretta, la sua biblioteca è la prima dei tempi moderni ad essere pubblica. Lo spazio creato da Michelozzo Michelozzi è ugualmente condiviso tra manoscritti religiosi e profani, nello spirito proprio di un ritorno al mondo classico. L’umanista Flavio Biondoiv si stupisce di fronte all’opera di Cosimo a Firenze: « Nec supprimenda sunt maxima, quæ Cosmus Florentiæ urbi addidit, ornamenta. Monasterium celebre sancti Marci, in quo quum superbæ sunt, et ut aiunt, insanæ extructiones cæteræ ; tum maxime bibliotheca alias superat omnes quas nunc habet Italia ».v La biblioteca è ben presto arricchita con gli acquisti personali di Cosimo a Lucca e Siena. Si conosce una lettera che indica chiaramente che a partire dal 1420, il Signore della famiglia Medici fa commercio di manoscritti:

Io hebbi Hier sera al tardi una cedola dell’Aurispa che sara inchiusa in questa, per la quale narra che ‘l frater di Sicilia che comperò l’epistole tue, s’e ripensato che vuole qual tuo Boetio, e a mandato un suo ministro con fior. XX per prezo d’esso: e pero se ti pare di sarlo mandamelo, veduta questa, che io faro n’arai i danari. Ell’è cosa da farlo a chiusi occhi, che se ne scriverebbono due di lettere all’antiqua per questi danari. Priedoti non t’indugi a mandarlo, et com’io l’aro, ne cavero le mani, che Chripsto ti benedica. I’o parlato con Ser Antonio di Mari del transcrivere le parole di Seneca, et in quanto li piaccia, egli le scrivera di quella medesima forma di lettere che l’altre opere in minor volume. I’o trovato le charte belle, et riuscirà bello. Non abbaiamo seguito di congiungnerle coll’altro volume, pero che quello è 34 quinterni et non vuole essere maggiore. Se tu deliberi si faccia altrimenti, che io ti scrivo, fa ch’io ne sia avisato. – Che Cripsto ti guardi. – Di XX di marzo 1425. – N. tuo Sat. – Cosmo di Johanni de Medici, fratri karissimo.vi

Il fondo è in seguito organizzato secondo un canone bibliografico istituito da Tommaso Parentucellivii e mira a costituire la biblioteca ideale.

Et per questo Cosimo de’ Medici avendo a ordinare la libreria di Sancto Marco, iscrisse a maestro Tomaso [Parentucelli], gli piacesse di fargli una nota come aveva a stare una libreria.

Non è casuale la dedica a San Marco, santo patrono della repubblica di Venezia, dove era stato accolto durante il suo esilio da Firenze. il potere veneziano infatti appare in qualità di sostenitore e garante dell’ascesa di Cosimo sin dal suo esilio del 1433: si tratta già dell’evidente manifestazione del potere mediceo e del controllo della cultura da parte dell’uomo politico. Cosimo sa infatti come agire con finezza psicologica e abilità diplomatica: se Sant’Antonino, arcivescovo domenicano di Firenze, s’interessa da vicino alla questione dell’importanza delle finanze nei mestieri d’arte (soprattutto nella sua Summa), il clero rappresenta soltanto una minima parte delle committenze artistiche. Quest’ultime, infatti, sono effettuate dal Consiglio di Fabbrica costituito da laici e in certi casi estremi, come ad esempio a Pisa, il Consiglio esclude completamente il clero dalle sue decisioni. Anche quando si tratta di opere d’arte destinate a una chiesa, le scelte delle istanze laiche possono prevalere su quelle dei monaci della città, ma anche su quelle dell’arcivescovo. Quest’organizzazione di committenze, perfettamente legale, può tuttavia originare delle tensioni all’interno della città tra religiosi e laici.

Dunque, per la realizzazione del tabernacolo del Santissimo Sacramento per la cattedrale di Firenze, i mercanti eludono i rimproveri per insistere solltanto su ciò che si può esigere da loro in cambio di un riconoscimento ufficiale. È esattamente il tipo di comportamento che disgusterà più tardi il Savonarola.viii Quest’atteggiamento sconvolge il clero per la poca considerazione che ha della spiritualità a beneficio degli interessi profani. Per contro, quando nel 1440 Cosimo domanda a Fra’ Angelico di realizzare gli affreschi delle celle dei monaci nel convento di San Marco, questi coincidono perfettamente con l’ideologia di un Antonino che conosce personalmente il pittore: uno stile epurato, concentrato sul soggetto religioso, senza alcuna fioritura né decorazioni superflue. Il fatto di rispettare l’atmosfera ascetica del luogo associandovi il nome dei Medici è un riscontro della profonda intelligenza di Cosimo: pur andando completamente nella direzione voluta dai monaci, impone – malgrado tutto – la sua autorità su uno dei conventi importanti della città e assicura i propri appoggi. È un modo fine di collocarsi al di sopra di ogni sospetto: nessuno può infatti rimproverargli di accaparrarsi il potere, benché legittimo, che potrebbe rivendicare su questa committenza.

Il Signore della famiglia Strozzi, Palla di Noferi, è anch’egli uno dei primi promotori della cultura greca importata a Firenze: appena sorge la questione dell’arrivo in Italia del Crisolora, lo si trova tra i suoi più ferventi fautori. Vespasiano da Bisticci precisa che, dopo aver pagato le spese necessarie al suo viaggio, Palla impiega le sue elargizioni dotando la città di libri indispensabili allo studio del greco:

Essendo in Firenze buonissima notizia delle lettere latine ma non delle greche, diterminò che, avendo notizia delle lettere latine, l’avessi ancora delle greche ; e per questo fece ogni cos ache potè, che Manuello Grisolora, greco, passassi in Italia ; e adoperossi a farne ogni cosa col favore suo, e con pagando buona parte della ispesa, perché egli passassi in Italia, come passò, per la sua diligenzia. Venuto Manuello in Italia, nel modo detto, col favore di messer Palla, mancavano i libri ; chè sanza libri non si poteva far nulla. Messer Palla mandò in Grecia per infiniti volumi, tutti alle sua ispese ; la Cosmografia di Tolomeo colla pittura, fece venire infino da Gostantinopoli ; le Vite di Plutarco, l’opere di Platone, e infiniti libri degli altri. La Politica d’Aristotele non era in Italia, se messer Palla non l’avessi fatta venire lui da Gostantinopoli. [...] il quale meritò grandissima lode e commendazione di tutte l’opere sua, per la generosità dell’opera suo.ix

Nel racconto del Bisticci si constata che l’agiatezza economica di cui gode la famiglia Strozzi – ed è anche il caso dei Medici – favorisce lo sviluppo della cultura greca; così il potere si intellettualizza creando, tra i casati più doviziosi della città, un’emulazione culturale rivolta verso l’Oriente. Cosimo sembra ben cosciente della volontà degli Strozzi di incoraggiare le ricerche sulla conoscenza orientale: appena si avvera un’avanzata maggiore grazie alle elargizioni degli Strozzi (come fu il caso con l’avvento del Crisolora 1396), egli replica con le stesse armi: sono infatti i Medici, dice Bisticci, ad accogliere Argiropulo e a fornirgli tutto ciò che gli occorre. Sin dal suo ritorno dall’esilio avvenuto nel 1434, non manca di far bandire il Palla che minaccia anche la sua manomessa sulla cultura orientale (ciò permette a Padova, che lo accoglie, di sviluppare la sua scuola di greco grazie a lui).

La forza di persuasione di Cosimo, corroborata dal suo mecenatismo, autorizza un primo impulso all’introduzione del greco a Firenze. Così Ambrogio Traversari, monaco camaldolese, traduttore dei documenti durante le sessioni del Concilio del 1439, impiega tutto il suo sapere a servizio di Cosimo. Sviluppa le traduzioni dal greco al latino, collocandosi ben presto sotto la protezione di Cosimo, che provvede ai suoi bisogni. Il mecenate mira, tramite le proprie elargizioni, ad estendere le frontiere della conoscenza e, secondo Vespasiano da Bisticci, approfitta della propria capacità economica nei riguardi del suo protetto per estorcergli traduzioni di opere greche che questi si era ripromesso di non mettere mai per iscritto: i libri sacri sono ancora i soli a introdurre la lingua greca in Europa e Traversari deve fare deroga ai suoi principi per tradurre in latino le opere profane:

E’ non volle mai tradurre se non opere sacre, se non fusse stato molto obligato a Cosimo de’ Medici, per infiniti beneficii ricevuti da lui, in questi sua istudi, d’averlo aiutato di denari e d’ogni cosa, delle quali l’aveva richiesto. E puossi dire che Nicolao Nicoli e Cosimo de’ Medici fuccino in gran parte cagione, che frate Ambrogio venisse dove venne. Nicolao l’aiutò assai, con prestargli libri greci e latini, ed essere mezzo che Cosimo de’ Medici e Lorenzo suo fratello lo sostenessino ne’ sua bisogni ; [...] Ora, sendo frate Ambrogio in queste condizioni, di tradurre cose sacre, e avendo tradotti più libri e mandati a Cosimo i Sermoni di santo Efrem, Cosimo desiderava d’avere Laerzio Diogene, De vita et moribus philosophorum, ch’era in greco, e volevalo in latino. Fecene richiedere frate Ambrogio, da Nicolao, che lo traducesse, sappiendo che non voleva tradurre se non opere sacre. Richiestolo, fu contento con grandissima difficultà ; parendogli ch’ella fusse opera non conveniente a lui. Traducendola (che la fece in brevissimo tempo), mi disse uno suo discepolo, ch’egli si doleva assai d’avere a fare una simile opera.x

Per l’uomo di Chiesa, si vede che il greco profano è ancora assimilato ad una certa forma di paganesimo ; non risulta quindi opportuno tradurne le opere. È questo il rimprovero di cui si servirà a fine secolo il Savonarola per attaccare il movimento umanista.

Ma per Cosimo, si tratta di una riscoperta di testi essenziali e, attraverso i suoi straordinari mezzi economici, riesce a intrapprendere reali scambi con la cultura orientale, senza limitarsi alla produzione dei Padri della Chiesa, soli autori di cui all’epoca si conoscesse il pensiero. L’elenco dei titoli greci tradotti in latino dal Traversari per i Medici annovera infatti ben pochi testi profani: vi si trovano il De integritate virginitatis di San Basilio, il De providentia Dei, ad Stagirium monachum arreptitium di San Giovanni Crisostomo, un commento alla lettera di San Paolo a Timoteo, a Filemone e a Tito, una vita di San Giovanni Crisostomo, il Contra gentiles di Sant’Atanasio ed altri titoli che riguardano soltanto autori cristiani. Vespasiano fa tuttavia mensione di un volume intitolato Della immortalità dell’anima, « dialogo d’Enea sofista ».xi

A partire dal concilio di Firenze tuttavia, anche i testi sacri sembrano essenziali per costituire un primo esame delle dottrine del mondo greco che affascina e talvolta spaventa. Rieccheggiando l’interesse filologico che l’Abate di Cluny, Pietro il Venerabile, ascriveva ai testi sacri dei mussulmani per meglio criticarli, Bessarione, durante il Concilio del 1439, nonostante la sua prima adesione al sentimento antiunionista, si lamento del fatto che i Greci, non possedendo la cultura latina sufficente alla confutazione degli insegnamenti della Chiesa Romana, non sanno che rispondere a loro difesa. Il patriarca di Nicea sottolinea infatti che i Greci non hanno saputo che replicare agli attacchi dei Latini che, attraverso argomentazioni insufficenti e incomplete, la cui principale consisteva nell’accusa di corruzione dei testi delle autorità ecclesiastiche, soprattutto dei Padri della Chiesa, senza tuttavia addurne la prova:

Cum autem successerit in sermone optimus ille vir <et mirabilis, Latinorumque generis ornamentum decusque nature>, Iulianus, sacrosante Romane ecclesie cardinalis dignissimusxii, multa et quidem potissima, in medium adduxit, quibus propositam quesionem ita clare et sufficienter probavit – demonstrando licere veritatem semper addere fidei symbolo, presertim cum necessitas cogat et auctoritas summi pontificis accedat –, ut nihil nos,quamquam diu multumque cogitaverimus, contradicere potuerimus. [...] Attulerunt vero non solum Occidentalium, verum etiam Orientalium patrum testimonia ; [...] Ad que nos nihil repondere habebamus, nisi quod corrupta sint, et a Latinis corrupta fuerint. [...] Produxerunt nostrum Epiphanium, multis in locis ex patre et filio clare dicentem esse spiritum sanctum. – Corruptum fuisse dicebamus. <Legerunt predictam magni Basilii sententiam in libris adversus Eunomium. – Fraude scripta nobis videbatur>. Allegarunt Cyrilli nonnulla, et aliorum. – Idem aiebamus. Adduxerunt Occidentalium doctorum auctoritates. – Omnis nostra responsio eadem: <« corrupte sunt »>, et nulla alia erat.xiii

Un altro grande esperto del XV secolo di testi stranieri, Giannozzo Manetti, compagno di Ambrogio Traversari, conferisce all’esercizio della traduzione lo statuto di argomento supremo nella confutazione delle eresiexiv : impara l’ebraico, ci dice Vespasiano da Bisticci, nella sola prospettiva di conoscere meglio le Sacre Scritture e contraddire la dottrina ebraica:

Imparò la lingua ebrea, come è detto, per avere perizia della Scrittura santa, e per confusione degli Ebrei, contro a’ quali egli voleva iscrivere ; e compose una opera, come si vedrà, contro a loro, in dieci libri [...] Era veementissimo disputatore, e volentieri disputava co’ giudei, co’ quali non può disputare chi non ha perizia della lingua loro, per la forza de’ vocaboli. Aveva questa condizione, quando egli disputava con uno giudeo, ch’egli diceva loro ; mettetevi in punto, e trovate l’arme vostre, ch’io non vi voglio offendere, se non con l’arme vostre medesime.xv

Famoso per le sue traduzioni dal greco e dall’ebraico, e dopo aver ricevuto un insegnamento nel monastero di Santo Spirito sotto la direzione dello stesso Traversi, Manetti lavora a una biografia di Socrate e di Seneca, e alla traduzione del Nuovo Testamento, dell’Etica a Nicomachea e dell’Etica ad Eudemum di Aristotele, e al De memoria e De remeniscentia.

Lo slancio dei Fiorentini verso l’Oriente è ancora esitante, ma procede nonostante tutto nel senso di un approfondimento della conoscenza del mondo bizantino. L’elenco delle opere possedute da Cosimo e ordinate dal suo bibliotecario Vespasiano da Bisticci è infatti rivelatore dell’ordine delle preoccupazioni letterarie dei traduttori. Si citano infatti dapprima le opere e l’esegesi dei Padri, quali Origene, Sant’Ignazio, San Basilio, Gregorio di Nazianzio « tutte l’opere dei dottori greci », poi i dottori latini, quelle moderne con Tommaso d’Aquino, poi i testi e i commenti di Aristotele e dei filosofi e gli storiografi antichi (tra cui non appare nessun Greco).xvi Tra i volumi inizialmente posseduti da Niccoli, si trovano soltanto sessantuno volumi greci contro centottantuno testi latini.xvii

Si può infine notare la presenza di tre manoscritti di grande interesse dal momento che si tratta di una raccolta di inni in protoslavoxviii, di una Regola domenicana in armenoxix e di un dizionario araboxx. Con l’invio di un emissario in cerca di libri greci a Creta, nelle isole del Mar Egeo e a Rodi, nella persona di Cristoforo Buondelmonti, partito tra il 1410 e il 1420, Niccoli ha considerevolmente rifornito la sua biblioteca. Giovanni Aurispa riporta da un viaggio a Costantinopoli un manoscritto delle Enneadi di Plotino (il Laurentianus 873), che introduce in Occidente l’autore fino a quel momento sconosciuto. Soltanto un altro manoscritto con lo stesso titolo, offerto a Palla Strozzi da Manuele Crisolora (il Parisinus graecus 1976), attesta l’introduzione delle sue opere a Firenzexxi. Niccoli aveva dunque già raccolto un numero importante di opere, rivendendo persino le sue terre, ci dice Bisticci, trasformando così la somma riunita in collezioni di manoscritti:

Attese a ragunare grandissima quantità di libri, e non riguardò a spesa ; e quelli che sapeva che fussino in luogo ignuno, usava ogni mezzo che poteva avergli ; e tutti gli comperò delle sua sustanze che gli aveva lasciato il padre, e lasciossi tanto, quanto credeva che gli bastasse per la sua vita ; e alcuni poderi che aveva gli vendè, e tutti mise in libri. [...] Se di Firenze si partiva persona che andasse o in Grecia o in Francia o altrove, gli dava note di libri che non fussino in Firenze ; e col mezzo di Cosimo de’ Medici, ch’era tutto suo, ne trasse di più luoghi. E quando interveniva che si potessino avere le copie de’ libri, e non i libri, le scriveva di sua mano o di lettera corsiva o formata, che dell’una e dell’altra era bellissimo scrittore ; come si vede in Santo Marco di più libri che vi sono di sua mano, dell’una e dell’altra. E l’opere di Tertulliano e di più scrittori, che non erano in Italia, tutte le fece venire Nicolao alle sua spese.xxii

Niccolò Niccoli desidera che il suo deposito di circa quattrocento testi, alla sua morte, sia affidato a coloro che egli considera gli uomini più fidati di Firenze, afinché questi creino a partire da questo nucleo, una biblioteca pubblica, accessibile a tutti coloro che desidereranno consultarne i manoscritti. Tra questi, si conta ormai un certo numero di autori greci, nel testo o tradotti in latino, per esempio varie opere di Aristotele (come la Metafisica) di Dionigi l’Aeropagita (in greco) e di Tolomeo, accanto ad Averroe. Il Domenicano Giorgio Antonio Vespuccixxiii fornisce nove manoscritti greci all’inventarioxxiv. I termini di questa ultima volontà ci sono noti attraverso i protocolli notarili di Firenze che abbiamo potuto consultarexxv. Niccolò Niccoli rimette a coloro che egli ha designato tutti i suoi libri, evidenziandone il carattere universale grazie a una collocazione per categoria che mostra che i libri orientali sono ancora considerati, alla stregua delle terre da cui provvengono, come ben lungi dal mondo romano:

Ad hec omnes libros suos tam sacros quam gentiles et tam grecos quam latinos aut barbaros, quos undique magna industria, diligentia, studio ab adulescentia nullum laborem subterfugiendo, nullis impensis parcendo coegit, reliquit et legavit [...] ; 1. Reverendo viro in Christo patri fratri Ambrosio venerando generali Cama<l>dulensis, 2. Eloquentissimo viro domino Leonardo Francisci Bruni de Aretio civi ac cancellario et ad[o]vocato Florentino, [...] 5. Prudenti et sapienti viro ser Filippo ser Ugolini Pieruzi civi et notario Florentino, notario reformationum communis Florentini, [...] 7. Sapienti et eloquentissimo viro Carulo domini Gregorii de Marsupinis de Aretio civi Florentino, 8. Nobilibus et prudentissimis viris Cosmo, 9 ; et Laurentio olim bone memorie Iohannis olim Averardi dicto Biccii de Medicis de Florentia, 10. Sapientissimo viro Giannozo olim Bernardi de Manectis de Florentia [...].xxvi

La consegna dei manoscritti a Cosimo avviene quattro anni più tardi, e precisamente il 6 luglio 1441:

Suprascriptus ser Filippus suprascriptis modis et nominibus constitutus in presentia dicti Cosmi et testium suprascriptorum et mei notarii iam dicti et infrascripti dedit et consignavit suprascripto Cosmo suprascriptos libros et volumina librorum de quibus supra fit mentio, ibidem presenti et recipiendi ob rem et causas de quibus in suprascripto instrumento constitutionis fit mentio.xxvii

I quattrocento volumi della biblioteca di San Marco si rivelano presto essere un numero troppo esiguo agli occhi di Cosimo ; nel 1445, domanda a Vespasiano da Bisticci di acquistare dei manoscritti presso i Francescani di Lucca per la somma di duecentocinquanta fiorini. Questo mecenatismo è ancora più evidente in quanto nello stesso tempo, Cosimo prenderà a suo carico tutte le spese della fondazione della biblioteca della Badia di Fiesole. I suoi acquisti, che riguardano essenzialmente il Diritto canonico e i Padri della Chiesa riflettano gli interessi degli umanisti. I manoscritti greci e orientali sono, significativamente, meno numerosi perché decisamente più difficile da riperire.

Cosimo de’ Medici fa costruire la biblioteca di San Marco come si sarebbe innalzato un tempio alla cultura, con la stessa devozione, il medesimo rispetto, il medesimo culto che si tribuisce a una divinità. Tuttavia, a questo stadio della costruzione della biblioteca, Cosimo non immagina ancora la costituzione di una sezione greca. Soltanto dopo il terremoto della notte del 29 settembre 1453 e la ricostruzione dei palazzi danneggiati che ne derivò e che terminò nel 1457, un nuovo luogo è riservato alla cultura greca. Questa sezione ospiterà i tesori della cultura classica, ma questo termine « greco » è per Cosimo un’accezione ancora vaga, dal momento che si tratta soprattutto di cultura orientaleggiante. Sembra che il concetto di alterità, in questa prima metà del XV secolo, si definisca in opposizione a quello che « non è latino ». Così questa sezione « greca » della biblioteca del convento di San Marco, detta parva o minor in rapporto a quell’altra, molto più estesa e decisamente meglio valorizzata (che è la sezione « latina »), comprende i volumi « quorum etsi aliqui Indica, Arabica, Chaldaica Hebraicaque litterasscripta, maior tamen pars Graeci hebentur ».xxviii

Quest’abbozzo di collezione di libri « esotici » era iniziato nel 1443 con il fondo donato da Poggio Bracciolini, grande scopritore di manoscritti, amico di Cosimo e Niccoli, fondo costituito da alcuni volumi greci e da opere di Sant’Agostino. Probabilmente questa « pars orientalis » della biblioteca costituiva una sorta di angolo delle curiosità. Nella commemorazione di Cosimo dedicata a suo fratello Lorenzo, leggiamo:

Bibliotheca uero tum marciana, tum fesulana: quas tanto studio curaque instituit, tot uel urbe inferis ipsis reuocatis auctoribus, atque ex omnibus gentibus ubicumque latitarent, luci redditis in eamque collatis uoluminibus necque latinae modo atque graecae linguae: sed & hebraicae: arabicae. Chaldaicae, Indice: nullis quidem ex antiquis debent uidere inferiores [...] Legit, audivit, vidit omnia.xxix

Questo passo è particolarmente significativo dal momento che rivela la volontà di considerare le culture antiche equivalenti, sia che si tratti della saggezza greco-latina o di quella orientale (ebraica, araba, caldaica) che si impone a Firenze. L’atteggiamento di Cosimo anticipa ed incoraggia lo sviluppo dell’apporto orientale che si sviluppa più tardi sotto l’egida degli altri Medici, ad esempio con la creazione dell’Accademia platonica. Il salvataggio della cultura greco-latina di fronte alla minacia ottomana, unitamente alla volontà di coltivare le vestigia di un passato comune alle sponde settentrionali del Mediterraneo, procedono di un’intenzione di preservare un patrimonio altrattanto capitale quanto i tentativi di unità del Concilio. Quanto all’Oriente ottomano, se dapprima costituisce una minaccia per questa cultura in via d’estinzione, diventa in realtà fonte di un interesse nuovo e di una riscoperta della civiltà greco-latina. Si può immaginare che paradossalmente, senza la minaccia ottomana, non ci sarebbe stata, probabilmente, la rinascita della Classicità che conosciamo.

Note de fin

i Cfr. Berthold ULLMANN and Philip STADTER, The public library of Renaissance Florence, Niccolò Niccoli, Cosimo de’ Medici and the library of San Marco, Padova, Antenore, 1972, p. 3-32.

ii Vespasiano DA BISTICCI, Vite di uomini illustri del secolo XV, raccolta nazionale dei classici dalla società editrice Rinascimento del libro, Firenze, 1938 - XVI, p. 296.

iii Ibid., p. 503.

iv Flavio BIONDO DA FORLÌ (1388-1453) fu il segretario di vari papi e grande specialista di archeologia. L’Italia illustrata, pubblicata nel 1474, resta la sua opera più maggiore.

v « Non devono essere distrutti soprattutto gli abbellimenti che Cosimo aggiunse alla città di Firenze. Il celebre monastero di San Marco, in cui questi sono considerevoli, e – come dicono – altri stravaganti edifici; la biblioteca supera di gran lunga tutte le altre costruzioni che ora l’Italia possiede ». Flavio BIONDO, Italia illustrata, éd. Froben traduite et commentée par Catherine J. Castner, Global Academic Publishing, 2005, p. 304-305.

vi Fondo Strozzi, Filza 133, n. 127. Cfr. Eugène MÜNTZ, Les collections des Médicis au quinzième siècle, Bibliothèque Internationale de l’Art, Librairie de l’Art, Paris-Londres, 1888, p. 5.

vii Vespasiano DA BISTICCI, Vite, op. cit. Tommaso Parentucelli (1397-1455), originario da Sarzana nella Repubblica di Genova, è incaricato durante il concilio del 1438-1439 di capeggiare le sessioni con gli Orientali copti e armeni. Eletto papa il 6 marzo 1447, appassionato di cultura classica, crea il primo nucleo della Biblioteca Vaticana.

viii Gilbert CREIGHTON, « Saint Antonin de Florence et l’art. Théologie pastorale, administration et commande d'œuvres », Revue de l’Art, Année 1990, Volume 90, Numéro 90, p. 13.

ix Vespasiano DA BISTICCI, Vite, op. cit., p. 293-294.

x Ibidem, p. 260.

xi Ibid., p. 263.

xii Bessarione si riferisce al cardinale Giuliano Cesarini (1399-1444), che durante il concilio di Firenze fu un sostenitore moderato dell’unione. Ebbe l’onore di leggere in latino la bolla Laetentur cæli che sanciva la riunione delle Chiese nella cattedrale Santa Maria del Fiore il 6 luglio 1439, mentre Giovanni Bessarione fu incaricato della sua proclamazione in greco.

xiii « Essendo intervenuto nel discorso quel famoso e mirabile uomo, ornamento e decoro della stirpe della natura dei Latini, Giuliano, degnissimo cardinale di Santa Romana Chiesa, a metà aggiunse molte cose e certamente preziose, con cui dimostrò la domanda proposta in un modo così chiaro ed esauriente – con la dimostrazione che è lecito ascrivere sempre verità al simbolo di fede, quando la necessità lo richiedae l’autorità del Sommo Pontefice si presenta – afinché nulla noi, benché abbiamo lavorato a lungo e molto, avremmo potuto contraddire. [...] Aggiunsero in verità non solo le testimonianze dei Padri occidentali, ma anche quelle dei Padri orientali, per le quali noi non avevamo nulla da rispondere, se non che sono corrotte, e sono state corrotte dai Latini. [...] Produssero il nostro Epifanio, che dice chiaramente in molti passi che lo Spirito Santo è [procede] dal Padre e dal Figlio. – Dicevamo che era stato interpolato. – Lessero la sentenza predetta del grande Basilio nei libri contro Eunomio. – A noi ci sembra che queste cose siano state scritte in modo fraudolente. – Ricorsero ad alcune citazioni di Cirillo e di altri. – Noi dicevamo la stessa cosa. Aggiunsero le autorità dei dotti occidentali. Ogni nostra risposta è sempre la medesima e mai diversa: sono interpolate ». Bessarion Nicaenus, S. R. E. Cardinalis, De Spiritu Sancto processione ad Alexium Lascaris Philanthropinum, ex eius rogatu, in Concilium Florentinium, series B, vol. VII, fasc. II, a cura di E. Candal, Roma, 1961, p. 23 et 38.

xiv Soprattutto nell’Adversus Iudœos et gentes e nel De hebraica veritate.

xv Vespasiano DA BISTICCI, Vite, op. cit., p. 467.

xvi Ibid., p. 276-277.

xvii Cfr. Berthold ULLMANN and Philip STADTER, The public library of Renaissance Florence, Niccolò Niccoli, Cosimo de’ Medici and the library of San Marco, Padova, Antenore, 1972, p. 72.

xviii Biblioteca Mediceo-Laurenziana, San Marco, 742.

xix Biblioteca Mediceo-Laurenziana, San Marco, 780, probabilmente ottenuto nel monastero San Basilio di Firenze. Verranno poi in seguito due manoscritti armeni ormai collocati nella Biblioteca Laurenziana, un liber pastoralis (SM 775) e un breviario (SM 790), forse acquisiti anch’essi dal Niccoli.

xx Biblioteca Riccardiana, 217.

xxi Cfr. H.D. SAFFREY, « Florence 1492: réapparaît Plotin », in Le Néo-platonisme après Plotin, Paris, 2000, p. 277-293.

xxii Vespasiano DA BISTICCI, Vite, op. cit., p. 497-498.

xxiii Marsilio Ficino dedica infatti nel 1480 a Giorgio Vespucci, canonico di Firenze, il primo libro del suo De vita. Botticelli lo rappresenta sull’affresco di Sant’Agostino nella chiesa di Ognissanti.

xxiv Cfr. Berthold ULLMANN and Philip STADTER, The public library of Renaissance Florence, Niccolò Niccoli, Cosimo de’ Medici and the library of San Marco, op. cit., p. 43.

xxv Archivio di Stato, Protocolli notarili (Angiolo di Pietro), A 673, ff. 147 r-149 r (22 janvier 1437) ; A 681, ff. 25 r-27v (6-24 avril 1441) ; A 681, ff. 28r-29r (6 juillet 1441) et A 681, ff. 29r-30r (6 juillet 1441).

xxvi « Per queste ragioni, lasciò e donò tutti i suoi libri sia sacri che pagani e sia greci che latini o barbari, che da ogni parte con grande applicazione, attenzione e dedizione sin dalla sua giovinezza, senza risparmiare nessuna fatica, radunò senza lesinare nessuna spesa [segue elenco dei nomi dei beneficiari] ». Archivio di Stato, Protocolli notarili (Angiolo di Pietro), A 673, ff. 147 r-149 r (22 janvier 1437).

xxvii « Il sopracitato Filippo, presa la decisione secondo le modalità e i nomi sopra indicati, alla presenza di detto Cosimo e dei testimoni sopracitati e del mio notaio già citato e indicato, diede e consegnò i libri citati sopra e i volumi di cui sopra è stata fatta menzione al sopracitato Cosimo, qui presente e pronto a riceverli per questa ragione e per le motivazioni delle quali nel sopracitato documento di costituzione è stata fatta menzione ». Archivio di Stato, Protocolli notarili (Angiolo di Pietro), A 681, ff. 28r-29r (6 juillet 1441).

xxviii Laur. SM 370, f. IIV, citato da Berthold ULLMANN and Philip STADTER, The public library of Renaissance Florence, op. cit., p. 24.

xxix « In realtà, la biblioteca è sia marciana, sia fiesolana, che fondò con così tanto studio e così tanta attenzione e dedizione che, richiamati da Roma e dagli Inferi stessi gli autori che erano nascosti ovunque presso tutti i popoli e una volta restituiti alla luce e collocati in questa [biblioteca] i volumi non soltanto di lingua latina e greca ma anche quelli in lingua ebraica, araba, caldaica e indiana : dunque, non dovevano apparire inferiori alle lingue antiche. [...] Lesse, udì e vide ogni cosa ». Cfr. B. SCALA, Praefatio in Collectiones Cosmianae, Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. LIV. 10, f. 3v.

Citer cet article

Référence électronique

Sophie Guiraudet-Salviati, « L’eredità culturale: collezioni private e pubbliche di manoscritti greci », Line@editoriale [En ligne], 5 | 2013, mis en ligne le 13 mars 2023, consulté le 02 mai 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/727

Auteur

Sophie Guiraudet-Salviati

Université Montpellier - Paul Valéry

sonushka.salviati@orange.fr