Rappresentazioni dello spazio sociolinguistico italiano nella letteratura dell’immigrazione : tra antico e neopluringuismo

Résumés

Nel presente contributo si analizzano alcune opere della letteratura italiana dell’immigrazione degli scrittori Mihai Butcovan, Amara Lakaus, Tahar Lamri e Sumaya Abdel Qader. Lo studio è condotto secondo una prospettiva sociolinguistica che assume la letteratura in oggetto come un luogo in cui emergono diverse rappresentazioni del pluralismo linguistico italiano, antico e nuovo, attraverso delle forme di scrittura plurilingui.

In this paper we analyse some works of the Italian literature of migration written by Mihai Butcovan, Amara Lakaus, Tahar Lamri and Sumaya Abdel Qader. Our study is conducted under a sociolinguistic perspective perceiving the literature analysed as a picture that shows different representations of the old and new Italian linguistic pluralism through some forms of plurilingual writing.

Plan

Texte

Scrivere in Italia, paese dove ho scelto di vivere e con-vivere, vivere nella lingua italiana, convivere con essa e farla convivere con le altre mie lingue materne (il dialetto algerino, l’arabo ed in un certo senso il francese) significa forse creare in qualche modo l’illusione di avervi messo radici. Radici di mangrovia, in superficie, sempre sulla linea di confine, che separa l’acqua dolce della memoria, da quella salata del vivere quotidiano1.

Le parole di Tahar Lamri, di origine algerina, descrivono la sua esperienza di scrittore nella lingua del nuovo paese. Per gli scrittori che vivono la migrazione, l’adozione della lingua italiana è una scelta chiaramente complessa, densa di significati e sfumature diverse. Scrivere in italiano per Lamri sembra corrispondere al raggiungimento di una certa stabilità e integrazione, o come lui stesso afferma al « mettere le radici » ; per Gëzim Hajdari, invece, nel percorso di creazione vi sono delle « tensioni linguistiche »2 : « scrivo questi versi in italiano e mi tormento in albanese »3.

Se le traiettorie di scrittura letteraria sono dunque plurime per i vari autori migranti, l’italiano potrebbe apparire come l’elemento principale che li accomuna nella scrittura. Tuttavia anche la scelta del codice linguistico è peculiare e per alcuni di loro non coinvolge solo l’italiano, ma anche il dialetto e l’italiano regionale4. Nelle loro opere entra così in gioco il plurilinguismo italiano tradizionale.

Esempi di meticciato linguistico o di scrittura ibrida si ritrovano infatti in molteplici testi della letteratura della migrazione5. Per alcuni scrittori la commistione di più lingue è un tratto che unisce l’esperienza del nuovo paese e quella vissuta in patria ma che mette in evidenza la difficoltà di riconoscersi in una sola cultura ; questo « nomadismo linguistico »6 appare ad esempio in Andiamo a spasso ? (1990)7 di Maria Abbebù Viarengo, di madre etiope e padre italiano (piemontese), una autrice che ha vissuto proprio tra oromo, italiano e dialetto piemontese. Per altri, il dialetto può essere una delle lingue di contatto linguistico nella società di accoglienza : ne è un caso emblematico la prima redazione di Princesa8 di Fernanda Farias de Albuquerque che ha appreso in carcere la lingua sarda grazie a un pastore del luogo. Se ne è servita per gli appunti che hanno poi dato vita al libro concepito inizialmente « in una lingua ibrida, un misto fra italiano di strada, portoghese e sardo » 9.

Se il plurilinguismo italiano presente in molte opere della letteratura nazionale è stato descritto e analizzato in numerosi studi10 (molti dei quali sugli usi letterari del dialetto11), quello che oggi affiora e occupa uno spazio rilevante nella letteratura dell’immigrazione è, naturalmente, meno esplorato. Le analisi che sembrano dare avvio a questo filone descrittivo, riguardano per ora un numero esiguo di lavori12, interessati all’impiego di forme dialettali o regionali nella narrativa degli autori migranti. Ciò può apparire singolare, se ne stupisce infatti Fulvio Pezzarossa che lamenta la scarsa documentazione del « ruolo fondamentale » del dialettto nelle opere degli scrittori migranti. A suo parere, questi se ne servono come :

[…] risorsa alternativa e destrutturante rispetto alla lingua standardizzata di potere, anziché una vera e propria forma autonoma alternativa, segnando una netta distinzione con le analoghe situazioni europee che mostrano invece le inflessioni dell’inglese parlato e storpiato, del beur dell’esagono francese, ma anche il kanako dei turchi di Germania 13.

Accanto agli usi letterari dell’antico plurilinguismo, ritroviamo spesso anche le lingue madri degli scrittori migranti, un fatto probabilmente nuovo per la nostra letteratura nella quale vediamo comparire lingue altre, diverse da quelle tradizionalmente presenti sul territorio o da quelle più diffuse nelle pratiche linguistiche degli italiani14.

Pratiche linguistiche plurilingui

Alla luce del plurilinguismo che sembra caratterizzare la letteratura dell’immigrazione, appare pertinente condurre qui un’analisi di alcune opere, secondo una prospettiva sociolinguistica che assume la letteratura in oggetto come un luogo in cui emerge il pluralismo linguistico italiano, antico e nuovo, dell’Italia multiculturale.

Tra gli scrittori che hanno sperimentato delle forme di scrittura plurilingui, abbiamo circoscritto la nostra analisi a Mihai Butcovan15, Amara Lakaus 16, Tahar Lamri17 e Sumaya Abdel Qader18 e ad alcuni brani estratti dalle loro opere. I testi di questi autori costituiscono un piccolo corpus che è ‘eterogeneo’ in riferimento alla provenienza geografica e linguistica degli autori stessi (e così organizzato per rispecchiare la pluralità di lingue e paesi dei cittadini stranieri che scelgono l’Italia per il loro progetto migratorio), ed è ‘omogeneo’, invece, per la coesistenza di usi e rappresentazioni di alcuni tratti del plurilinguismo « endogeno » (vale a dire della lingua nazionale, dell’italiano regionale e dei dialetti)19 e del plurilinguismo « esogeno » (ovvero delle lingue dei cittadini immigrati20 presenti stabilmente sul territorio italiano).

L’antico plurilinguismo : Italiano regionale e dialetto

La presenza di forme dialettali e regionali nella letteratura dell’immigrazione può essere interpretata come un elemento che rispecchia abbastanza fedelmente la situazione sociolinguistica italiana, in cui convivono italiano standard, italiano regionale e dialetti in modo più o meno accentuato a seconda della regione considerata. In termini quantitativi se regredisce l’uso esclusivo del dialetto aumenta invece l’uso misto di italiano e dialetto21 come si evince dalle statistiche Istat22. Pertanto parlare in dialetto oggi significa soprattutto passare da un codice all’altro attraverso la commutazione di codice (o code switching), gli enunciati mistilingui (o code mixing) e i prestiti23. I parlanti hanno infatti ritrovato una nuova dialettalità24, non più legata allo svantaggio sociale e alla mancanza di istruzione. Il codice locale perciò fa sempre parte delle risorse comunicative degli italiani (attirando anche i giovani)25 soprattutto in contesti informali e ludici.

È quanto si osserva anche nella letteratura dell’immigrazione, nei passaggi in cui gli autori scelgono di inserire il codice dialetto per mettere in scena l’oralità e caratterizzare regionalmente i personaggi nativi.

Diversi esempi si ritrovano in Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, dove Amara Lakaus, ritrae la vita e i rapporti sociali di un condominio multietnico nel quartiere romano dell’Esquilino. Benedetta Esposito, la portinaia del palazzo in cui si svolge la storia, è napoletana e la sua origine emerge nella commutazione di codice.26 Quest’ultima è scelta dal parlante per passare dall’italiano al dialetto nelle situazioni che richiedono autocitazioni o citazioni delle proprie parole o di quelle del proprio interlocutore.

Nell’estratto seguente possiamo vedere un esempio di autocitazione :

L’ho visto entrare nel portone del palazzo che andava verso l’ascensore, gli ho chiesto : « Guaglio’, addo’ vaje ? »27

Le parole di Benedetta riportate in corsivo riproducono la frase che lei stessa ha detto in dialetto ad uno dei condomini.

Le citazioni invece sono talvolta impiegate dai personaggi per ripetere frasi dialettali proferite da altri. Antonio Marini imita le parole in milanese di suo padre che voleva incitarlo a lasciare Milano per trasferirsi a Roma :

Quella di lasciare Milano e venire a Roma non è stata una decisione saggia. Ho ceduto alle pressioni di mio padre : « antonio, te ghe d’andà a roma, lassa minga scapà l’ucasiun de laurà quand ghè l’ucasiun, fieu ! Laurà l’è pregà ! »28

Un’altra realizzazione del cambio di codice è il prestito di singole parole regionali o dialettali, un espediente molto usato all’interno della narrazione. Osserviamone alcuni :

Stavo per cadere a terra, e lui mi ha guardato seriamente : « Sei la nuova Anna Magnani ! » Questo guaglione biondo è forestiero dalla capa ai piedi perchè è fesso e pazzo. Spesse volte durante l’inverno incontro turisti biondi, maschi e femmine che portano delle magliette a maniche corte, e allora mi fermo perplessa e stupita mi dico : « ma questa gente non tiene paura del raffreddore  ? »29

Guaglione per ragazzo, capa per testa, l’uso dell’ausiliare tenere in luogo di avere e criaturi per bambini ci mostrano una caratterizzazione diatopica del personaggio.

I giardini di Piazza Vittorio sono i luoghi preferiti dei criaturi cinesi per giocare30.

Le stesse dinamiche linguistiche si presentano in Divorzio all’islamica a Viale Marconi. Sono visibili nella lingua del personaggio principale, Issa, un italiano di origine siciliana che parlando perfettamente l’arabo è stato infiltrato con una falsa identità tunisina dai servizi segreti italiani, in una comunità di immigrati per sventare un probabile attentato. L’italiano solitamente privo di inflessioni regionali di Issa, talora svela la sua provenienza come nell’estratto seguente :

Per l’occasione mi tagghiai i capelli quasi a zero, come i marines. Di sicuro risparmierò sullo shampoo e sul gel ! Mi sono messo dei vestiti a buon mercato, un jeans e un maglione made in China, mandando il mio consueto look a farsi benedire. Insomma, irriconoscibile sono.31

Il passato remoto in dialetto mi tagghiai invece di mi tagliai e la forma regionale del verbo in ultima posizione (irriconoscibile sono) ci ricordano che Issa è in realtà italiano e in particolare siciliano. Questo tratto linguistico del personaggio ci sembra una rappresentazione fedele dell’oralità italiana odierna, poiché, come è noto, raramente i parlanti riescono a nascondere la propria provenienza regionale ; in effetti anche esprimendosi in un italiano standard (o neostandard) ad un certo punto l’origine affiora attraverso l’accento o l’uso di regionalismi, dialettalismi etc.

Accanto alla volontà di rappresentare l’oralità, i prestiti linguistici hanno anche una funzione « ironica » associata al personaggio o al passaggio narrato. Nel frammento seguente tratto da Porto il Velo adoro i Queen, la signora che commenta la scelta della protagonista di portare il velo viene chiamata la « sciura Maria ».

La “sciura Maria”, però, non demordeva, anzi ha incalzato : « non sente caldo ? Suo marito la lascia qui sola mentre lui si diverte [...] »32

Alla scelta di un nome italiano tradizionale per questo personaggio si aggiunge il prestito dialettale « sciura » in luogo di signora per aumentare il tratto tipico della signora lombarda.

Un altro elemento da sottolineare nelle funzioni legate al dialetto è quello « politico ». In altre parole, autori come Abdel Qader o Butcovan alludono implicitamente ai valori veicolati mediante il dialetto e la sua strumentalizzazione da parte del partito della Lega Nord. Vediamo in merito l’esempio seguente :

Poco importa se non più di un mese fa ci si trovava a Pont de Legn per sostenere el Senatùr che diseva : « fuori l’Italia dalla Padania e fuori i terùn dalla Padania e fuori i vu cumprà dal... non importa il concetto è questo ! »33

I prestiti quali : Pont de Legn, el senatùr che diseva, i terùn, vu cumprà, fanno riferimento al partito citato, all’antimeridionalismo e allo xenofobismo.

Dei « valori fondatori padani »34 fa parte inoltre il lavoro, un elemento identario comune agli italiani della Brianza secondo Butcovan :

Oggi ho lavorato con ritmi brianzoli. Devo riconoscere che nulla hanno a che vedere con il lavoro « statalizzato » cui ci avevano abituati il partito […]. Solo le ore trascorse nell’orto di mio padre mi hanno concesso l’abitudine allo stile dei ’düü minut, tirem il fiaa e laùraa ! 35

Se il lavoro viene presentato come un valore condiviso dagli italiani del nord è spesso usato invece in opposizione agli italiani del sud. Nell’estratto che segue questa idea è messa in evidenza tramite la citazione in dialetto del capo mastro :

Una comitiva di muratori molto chiassosi entra con fare familiare in un locale dall’insegna gialla : Moon, panini e birra ; non chiedo altro purché sia accessibile per me. Lo è ! Vi entri e nessuno gira la testa per farti la radiografia, si fuma abbastanza, quasi troppo, juke-box a manetta con successi sanremesi e popolo con lo stecchino in vista. Quest’ultimo serve per porre le virgole ai discorsi che il capo mastro ogni tanto proclama per tutti i presenti : « mi laùri e paghi i tass, i terùn ciapan i danèe ! »36

Il legame strumentale tra dialetto e politica, si trova anche in Porto il velo, adoro i Queen come abbiamo accennato in precedenza. La scrittrice, Abdel Qader, nata in Italia, da genitori giordano-palestinesi, si interroga sull’italianità delle seconde generazioni e sulla difficoltà di ottenere la cittadinanza.

La mia Italia sarà capace di ricoscerci facendo meno danni possible ? Di accettare il nostro essere speciali ? [...] Intanto visti i risultati delle ultime elezioni e la mia volontà di regolarizzare la mia posizione mi toccherà umilmente dumandà all’ufisi immigrasiun de Milan (Padania) se füdess pusibil vegh la citadinansa milanesa.

E se non bastasse, come ironizza una scenetta che gira sul web, dovrò anche dichiarare : de vess pentì de vess un terun (Perugia è sotto il Po, la Giordania e la Palestina ancora più giù ! De mangià almen do volt al dì la cassoeula e cutuleta alla milanesa ; dumandà de podè frequentà el curs de Lingua e Cumpurtament Lumbard [...])37

In questo estratto il tema della regolarizzazione è affrontato in maniera ironica mediante la frase in dialetto sulla richiesta della cittadinanza milanese. Implicitamente richiama l’attenzione sull’integrazione già avvenuta delle seconde generazioni capaci anche38 di parlare dialetto e in diritto di rivendicare la nazionalità italiana.

Gli esempi considerati mettono in evidenza anche l’analisi profonda del paese di accoglienza che la letteraura dell’immigrazone offre e, come osserva Comberiati « [il paese] prima odiato, successivamente amato, quindi ancora odiato e sopportato, alla fine viene semplicemente accettato, non senza aver messo in luce le sue contraddizioni 39 » .

La conoscenza della società italiana viene ancora dimostrata al lettore potenziale (probabilmente nativo) tramite proverbi o racconti in dialetto. In Lakaus il ricorso al proverbio siciliano segue questa tendenza. L’autore vorrebbe cedere alla voglia di “esibire”, come lui stesso asserisce, il proprio dialetto in una conversazione con una giovane romana che non nasconde invece la sua provenienza regionale :

E poi mi viene voglia di esibire il mio siciliano. Occhio per occhio ! Ma è meglio rinunciare, la situazione non lo permette. Devo ingoiare il rospo e basta ! Cu’ parra picca campa cent’anni ! 40

Il personaggio decide infine di tacere come il proverbio dialettale indica (« chi parla poco campa cent’anni »).

In Lamri invece diversi passaggi narrativi in I sessanta nomi dell’amore, nella sezione intitolata il « Pellegrinaggio della voce », raccontano delle storie in dialetto romangnolo.

Zontel al riser, esperto conoscitore della risaia e delle acque sposò Guendalina ed ebbero quattordici figli.

Du iè mort ancora putin, tri iè mort in guera e atar iè nega in dal Minciu.

Ch’iatar set iè dventà grand e ià mis su famiglia. Lera : Burla, Orsola, Matilde, Ippolito, Molin, Guerrino e Ulisse cl’era stà in Africa.41

Per lo scrittore il dialetto è una scelta importante che ha un peso nella sua sperimentazione linguistica, afferma infatti di “rapinare a piene mani nei ruvidi dialetti delle pianure”42 .

Tali sperimentazioni si prestano bene anche per la rappresentazione di dialoghi tra nativi e stranieri o monologhi dei nativi. Nell’esempio seguente questa strategia è messa in atto nella conversazione con un personaggio romano, Teresa, e un personaggio straniero :

Teresa alias Vacanza cerca di intimidirmi linguisticamente con il suo romanesco. Il problema è che non ha né il fascino di Anna Magnani né la simpatia di Alberto Sordi. La sua voce è fastidiosa [...].
« ’A bellooo, ché sei egiziano pure tu ? »
« No, sono tunisino »
« Er paese de Afef ! »
« Sì »
« A Tunisia ! Ahò, che bello ! Ce so’ stata quattro vorte, l’anno scorso so’
nnata a Hammamet. Ho approfittato pe’ vvisità a tomba de Craxi ».43

Anche dopo aver appreso dell’origine dell’interlocutore non vediamo un cambiamento di codice o uno sforzo dell’interlocutrice per rendere il suo italiano meno dialettizzante, solitamente, infatti, i nativi cercano di sorvegliare e semplificare il parlato con gli stranieri. Si tratta dunque della rappresentazione di interazioni possibili con gli italiani nelle quali si verificano alcune forme di contatto linguistico con il dialetto o le varietà regionali.

È cosi ad esempio in Allunaggio di un immigrato innamorato, nel quale l’impiego del dialetto talvolta è usato nella descrizione dei dialoghi tra il protagonsita Mihai e il suo datore di lavoro, oppure delle conversazioni al bar. La presenza del dialetto in questi estratti estrapolati da Butcovan marca diatopicamente il contesto della Brianza nel quale la storia si svolge.

Il mio principale, Franchino, si è accorto che c’era qualcosa che non andava

« Oggi te se rimbambii. »

Ti sfido io dopo una notte così.

E quando hai telefonato per ringraziarmi della serata e annunciarmi la partenza per il weekend col tuo fidanzato, il capo mi ha preso da parte per dirmi : ti non te vai più all’università. Non te ciapi più la laurea.44

L’uso della varietà diatopica si potrebbe considerare inoltre come una caratterizzazione generazionale poiché il personaggio che parla in dialetto in questo estratto è il datore di lavoro di Mihai e si tratterebbe dunque di pratiche linguistiche molto vicine alla realtà comunicativa degli italiani.

Per quanto riguarda i monologhi invece diversi esempi in dialetto romagnolo si ritrovano in I sessanta nomi dell’amore :

È stato il caso a farmi incontrare Zanubrio. Lo sorpresi un giorno, appoggiato a un palo della fermata dell’autobus, mentre si confidava rivolgendosi a un filo d’erba, dicendo : « u j é una massa d’zent, in Rumagna, ch’i n’supporta i burdel ch’j la faza negra, o ch’i n’vo’ ciavaré cun j albanis e ch’i dis che i maruchen j è propi di maruchen. Sta zent la diz che i rumagnoli j à da ste in Rumagna, j africhen in Africa e i albanis in albani’, che tota sta zent ch’la ven a que j è bon sol d’puertè dal malati’, e chi è di lèdar, e quand ch’la va ben, j è di sgrazié.

Sta zent la dis ch’a j aven da èsar urgulius d’esar du rumagnul : a j o capi’, mo pu i ciama la su fiola Sue Ellen, i magna int i fast food, d’iste i fa surf, é sabat i bala cun la disco dance, i mastiga é chewing gum, i bev la coca cola, i leéz sol i best seller e, stai guèrd ben, i s’asarmeia ai Tom, ai Bill o ai Jack di cino americhen. A me invezi u m’piès d’pinsé che in rumagna uié dal zite pio antighi d’Roma, caglie stedi os averti ae’ mond luntan, che da no l’è pas i Fenici, j’Etruschi, i Greci, i Rumen, gli arab, i Tedeschi, i Franzis, i Cinis, j’Ebrei epu ‘na massa d’etra zent ».45

In questo estratto l’uso del dialetto è legato ad una funzione ironica, per la rappresentazione talvolta caricaturale degli italiani regionali dei personaggi.

Il neoplurilinguismo46

Anche in questa sezione le parole e/o le frasi lingue straniere presenti nelle opere letterarie degli scrittori migranti saranno studiate in un’ottica sociolinguistica e considerate come lingue potenzialmente udibili o visibili nelle città italiane ormai multiculturali e facenti parte quindi del nuovo spazio sociolinguistico italiano accanto alle lingue tradizionali del repertorio. Sono infatti 4 milioni i parlanti delle 130 lingue immigrate47 presenti stabilmente in Italia.

Tali lingue inserite nelle loro opere dagli scrittori migranti sono spesso una « scelta plurilingue consapevole » come evidenzia Alessandro Panutti citando a titolo d’esempio Younis Tawfik che nei suoi romanzi non traduce volutamente alcune parole in arabo. Il suo obiettivo è provocare la stessa sensazione che si prova ascoltando degli stranieri che parlano tra loro in italiano per strada e inseriscono all’interno della conversazione dei termini delle loro lingue madri48. Christiana De Caldas de Brito invece gioca con le commistioni tra la sua lingua madre e l’italiano, dando luogo a delle creazioni linguistiche ibride tra italiano e portoghese, come nel caso del « portuliano » dei suoi personaggi49.

Se il cambio di codice verso le lingue immigrate assume forme diverse nei vari autori, la forma più comune pare il prestito linguistico di singole parole o brevi frasi. Vediamone alcuni esempi, cominciando con Butcovan che ricorda con piacere i piatti tradizionali rumeni cucinati da sua sorella Felicia :

Vorrei affogare per almeno tre giorni nella cucina di mia sorella Felicia che, ogni volta che torno a casa, si prodiga nella preparazione di tutte le delizie che adoravo da bambino. Quindi sarmalute, pancove cu vin, sunca de porc, spuma de capsuni e tanto altro per mettere in crisi il mio fegato ormai abituato a ritmi anticolesterolo50.

Sarmalute, pancove cu vin, sunca de porc, spuma de capsuni sono i termini rumeni sono introdotti nella narrazione.

Anche per Amara Lakaus in Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio l’introduzione della lingua straniera (il persiano) riguarda i nomi di piatti tipici :

Prima di andare a casa sua passiamo da Iqbal il Bengalese a Piazza Vittorio per comprare il necessario per la festa : riso, pollo, spezie, frutta, birra e vino. [...] ed ecco Amedeo mi apre la porta della cucina : « benvenuto nel tuo regno, Shahrayar, grande sultano della Persia !  » chiude la porta e mi lascia da solo per molte ore. Mi metto subito a preparare i vari piatti iraniani, come il ghormeh sabzi e il kabab kubideh, i kashk badinjan e i kateh. Gli odori che riempiono la cucina mi fanno dimenticare la realtà e mi sembra di essere nella mia cucina a Shiraz51.

I prestiti talvolta sono l’occasione per citare nomi, luoghi o oggetti del paese d’origine. In proposito si osservi l’estratto seguente estrapolato dal romanzo citato qui sopra, in arabo.

È triste fare Ramadan lontano da Bagia ! A cosa serve rinunciare a mangiare e a bere, per poi mangiare solo ? Dov’è la voce del muezzin ? Dove il buraq ? Dove il cuscus che preparava mamma con le sue mani ? Dove il qalb alluz ? Dove la zlabia ? Dove la harira ? Dove il maqrout ? Come faccio a dimenticare le serate di Ramadan nei quartieri popolari, il ritorno a casa la notte tardi ? La voce di mamma piena di tenerezza, l’amore che incantava il mio orecchio : « figliolo, questo è il momento di suhur »52.

Le stesse dinamiche si riscontrano in Abdel Quader lingua madre è legata anche ai ricordi di momenti o luoghi nel paese di orgine.

[…] noi donne ci affrettiamo a comprare la abaya, il lungo abito nero con foulard nero
abbinato, e la niqab, la stoffa che copre il viso53.

L’inserimento di parole straniere nel testo italiano diventa anche un mezzo per introdurre un’altra cultura attraverso termini appartenenti ad ambiti diversi : « a great variety of lexemes deriving from these other languages and referring to cultural specific objects and traditions- such as food, clothes, supernatural powers or references to time- [...] provide a glimpse into the life and the customs of diverse cultural groups and speech communities »54.

La lingua e cultura del paese d’origine degli autori emerge anche attraverso descrizioni dettagliate, come i termini associati all’amore in arabo (alaqua, araq, balabil, bayn, ch’af, chagian, chag’w, chawq, da’a mukhamir, etc. ) 55 in Tahar Lamri o ancora espressioni, modi di dire e proverbi :

[…] lo sai, c’è un’espressione ricorrente nelle poesie arabe – ma anche nella prosa e nel linguaggio comune- « zarani taifuha » ossia « il tuo soffio è venuto a trovarmi » [...]56

Ne troviamo un altro esempi in Lakaus. Uno dei personaggi riferisce un proverbio egiziano :

In egitto si dice : « al maktùb aggabin, lezem tchufo l’ain ! », ciò che è scritto sulla fronte gli occhi lo devono vedere per forza ! Nessuno puo’ sfuggire al maktùb, il destino.57

.È interessante notare che in molti casi, la lingua straniera è introdotta attraverso una forma di « mediazione », tradotti o spiegati i termini e la loro provenienza sono chiariti al lettore potenziale che potrebbe non condividere gli stessi riferimenti linguistici e culturali.

Vi è poi un altro aspetto importante legato all’uso delle lingue immigrate e riguarda la descrizione di momenti di vita nel paese di accoglienza. Si tratta della rappresentazione di conversazioni con i propri compatrioti in luoghi di incontro. Uno di questi è il call center come possiamo vedere in Divorzio all’islamica :

Mi muovo da piazza fermi e percorro via Grimaldi fino a destinazione. Eccomi davanti al call center. Do un’occhiata alla grande scritta dell’entrata : little cairo. Bene, ci siamo ! Faccio un bel respiro ed entro con passo determinato, sparando le prime parole in arabo della giornata.

« Assalamu aleikum ! »

« Aleikum salam ! »58

[...]

Faccio la prima mossa per rompere il ghiaccio. « Non mi dire che è falso ». « No, non mi sembra guardavo l’indirizzo. Abiti a Palermo ?  ». « Ci abitavo, ora non più. Mi sono trasferito a Roma da poco ». « Sei scappato dalla Sicilia per via della mafia, eh ? ». « Hai ragione, sono scappato davvero, ma dalla disoccupazione. Adesso sto cercando un posto letto e un lavoro ».

« Che Dio ti aiuti ».

« Amen ».

« Mi chiamo Akram, sono il titolare del negozio ».

« Piacere, mi chiamo Issa ».

« Ci vediamo presto, insciallah ».

« Insciallah ».59

In entrambi i passaggi ritroviamo due formule in arabo consuete, quali il saluto islamico (Assalamu aleikum ! Aleikum salam ) e un’invocazione (insciallah).

Diversamente nell’esempio seguente il personaggio mette in risalto che il saluto in arabo gli è rivolto da Amedeo (che lui crede un nativo).

Il mio lungo soggiorno a Roma mi permette di distinguere tra l’italiano razzizta e il tollerante : il primo non ti sorrifde e non risponde al tuo saluto se gli dici ciao, buongionrno o buonasera[...] mentre l’italiano tollerante sorride molto e saluta per primo, come il signor Amedeo che mi sorprende sempre con il suo saluto islamico : « Assalam alikum ». Conosce l’Islam molto bene.60

A sorprendere il personaggio è il fatto che un italiano si ricordi il saluto islamico mostrandogli una sorta di empatia attraverso l’uso della sua lingua madre.

Le lingue della letteratura dell’immigrazione : piste di riflessione

L’analisi che abbiamo presentato in queste pagine ci ha portati a ipotizzare una duplice lettura degli usi linguistici dei dialetti italiani e delle lingue straniere nella letteratura dell’immigrazione.

La prima lettura concerne la rappresentazione del contatto con lo spazio sociolinguistico61 italiano ; gli autori infatti ci mostrano quanto accade nelle esperienze linguistiche reali della migrazione in cui si può incontrare non solo la lingua nazionale ma anche alcuni dialetti locali. Questi ultimi hanno diverse funzioni nelle opere considerate. Da un lato, i dialetti diventano un mezzo espressivo molto efficace che permette di discutere con tono ironico su vari aspetti, talvolta difficili, dell’esperienza migratoria in Italia e di mettere in scena l’oralità. Pertanto accanto ad alla padronanza dell’italiano, si vede un uso abile del dialetto che può anche provocare un effetto sorpresa nel lettore. Come osserva Fracassa “lo straniamento risulta amplificato quando ad essere assimilata e metabolizzata, nella produzione narrativa e poetica, non è soltanto la lingua standard ma anche la sua flessione locale”62. Ma un altro elemento che ci sembra emergere attraverso l’appropriazione letteraria del dialetto è la volontà degli autori di mostrare un’integrazione linguistica comprensiva di più codici e una conoscenza culturale profonda del paese. Un’italianità linguistica complessa rappresentata dal connubio tra la lingua nazionale e i dialetti regionali sulla quale gli scrittori stessi non mancano di riflettere, ad esempio in relazione alle seconde generazioni. Abdel Qader afferma in merito : « non credo che noialtri ibridi possiamo pretendere di essere veri italiani (chissà poi cos’è il vero italiano [...]). Insomma, siamo roba nuova. Nuovi italiani che crescono. [...] e ancora : senti come parla il dialetto ombro/lombardo/romano o quel che è ! »63.

La seconda lettura riguarda la visibilità delle lingue immigrate nella narrazione. Esse ci riportano idealmente ad una situazione sempre più comune nelle città italiane, plurilingui, non solo o non più solo per il contatto di lingua nazionale, italiano regionale e dialetto, ma anche grazie alle nuove lingue insediatesi sul territorio, mostrandoci l’apertura e la flessibilità del paesaggio linguistico italiano. In questo senso vorremmo estendere agli usi linguistici delle opere prese in esame, la riflessione di Graziella Parati secondo la quale « literarature becomes the context in which one can examine contemporary Italian multiculturalim and imagine future developments »64 poichè sono proprio questi usi ibridi e misti a dare voce all’evoluzione interculturale della società italiana facendoci intravedere dei cambiamenti linguistici che si innestano sul plurilinguismo preesistente.

Note de fin

1 Sito internet di riferimento: http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/id_1-issue_00_02-section_6-index_pos_3.html

2 Daniele COMBERIATI, Scrivere nella lingua dell’altro, La letteratura degli immigrati in Italia (1989-2007), Bruxelles, Peter Lang, p. 59.

3 Gëzim HAJDARI, Stigmate-Vragë, Nardò, Besa, 2006, p. 91.

4 Questo tema è approfondito in prospettiva sociolinguistica nella tesi di dottorato in Études Italiennes in corso (presso l’Université de Bordeaux III e in cotutela con l’Università di Bologna, SITLEC) sulle dinamiche di integrazione sociale e linguistica dei cittadini immigrati in Italia attraverso la lingua nazionale, l’italiano regionale e i dialetti. Cfr. per alcuni risultati parziali: Valeria VILLA, « La communication interculturelle entre migrants et Italiens : choix linguistiques d’exclusion et d’inclusion » in Mylène LEBON-EYQUEM, Thierry BULOT, Gudrun LEDEGEN (a cura di), Ségrégation, Normes et discrimination(s) (Sociolinguistique urbaine et migrance), Bruxelles, Eme, 2012, p. 139-172; Rosa PUGLIESE, Valeria VILLA, « Aspetti dell’integrazione linguistica degli immigrati nel contesto urbano: la percezione e l’uso dei dialetti italiani », in G. RAIMONDI, Luisa REVELLI, Tullio TELMON (a cura di), Coesistenze Linguistiche nell’Italia Pre- e postunitaria, XLV Congresso Internazionale della Società di Linguistica Italiana, Aosta-Torino, 26-28 sett. 2011, Roma, Bulzoni, 2012, p. 139-160.

5 In questo contributo ci rifeririamo alla « letteratura italiana » di scrittori di origine non italiana con il termine di « letteratura dell’immigrazione ». Come è noto altri appellativi quali « letteratura italiana della migrazione », « letteratura italiana migrante o della migrazione » o ancora « letteratura della diaspora o multiculturale » compaiono in altre sedi come fa notare Lucia QUAQUARELLA, Certi confini. Sulla letteratura italiana dell'immigrazione, Milano, Morellini Editore, 2010, p. 11-12.

6 Cfr. Lidia CURTI, « Women’s Literature of Migration in Italy », in Graziella PARATI, Anthony Julian TAMBURRI, The cultures of Italian Migration, Madison, Fairleigh University Press, 2011, p. 51.

7 Maria ABBEDÙ VIARENGO, « Andiamo a spasso », in Linea d’ombra, 54, 1990, p.74-78.

8 Fernanda FARIAS DE ALBUQUERQUE, Princesa, Roma, Edizioni Sensibili alle Foglie, 1994.

9 Nella versione finale scritta con il giornalista Maurizio Jannelli questa particolarità non è stata mantenuta e il testo ora contempla un’alternanza di italiano e portoghese. Cfr. Daniele COMBERIATI, op. cit., p. 62.

10 Cfr. ad esempio Furio BRUGNOLO, Vincenzo ORIOLES (a cura di), Eteroglossia e plurilinguismo letterario, Roma, Il Calamo, 2002; Cécile BERGER, Antonella CAPRA, Jean NIMIS (a cura di), Les enjeux du plurilinguisme dans la littérature italienne, Toulouse, université Toulouse II-Le Mirail, 2007; Per quanto riguarda la letteratura che tratta la lingua e la cultura delle minoranze linguistiche in Italia si vedano ad esempio gli studi sulla letteratura arbereshe (cfr. alcuni lavori su Carmine Abate: Mauro MINERVINO, Letteratura e cultura arberesche: Carmine Abate, in « L’arberia », 1, 2006 ; Martine BOVO-ROMOEUF, L’Epopea di Hora, La scrittura migrante di Carmine Abate, Firenze, Franco Cesati Editore, 2008).

11 Come è noto, la letteratura sull’argomento è molto vasta. Rimandiamo pertanto per una sintesi a: Ivano PACCAGNELLA, « Uso letterario dei dialetti » in Luca SERIANNI, Pietro TRIFONE (a cura di), Storia della lingua italiana, Le altre lingue, Vol. III, Torino, Einaudi Editore, p. 495-539.

12 Tra le ricerche che si sono interessate all’impiego del dialetto nella letteratura dell’immigrazione segnaliamo: Silvia CONTARINI, Lingue, dialetti, identità. Letteratura dell’immigrazione, Collection Individu et Nation, Vol.4: Particularismes et identités régionales dans la littérature italienne contemporaine, 2011; Christiane KIEMLE, Ways out of Babel: linguistic and cultural diversity in contemporary literature in Italy, Exploring multilingualism in the works of immigrated writers, Wissenschaftlicher Verlag Trier, 2011, pag. 91-94; Ugo FRACASSA, « Strategie di affrancamento: scrivere oltre la migrazione », in Lucia QUAQUARELLA, Certi confini. Sulla letteratura italiana dell'immigrazione, Milano, Morellini Editore, 2010, p.186-187.

13 Cfr. Fulvio PEZZAROSSA, « Una casa tutta per sé. Generazioni migranti e spazi abitativi » in Lucia QUAQUARELLA, Certi confini. Sulla letteratura italiana dell'immigrazione, Milano, Morellini Editore, 2010, p. 94-95.

14 Ci referiamo alle lingue tradizionalmente più diffuse sotto forma di prestiti come l’inglese o il francese etc.

15 Mihai BUTCOVAN, Allunaggio di un immigrato innamorato, Nardò, Besa Editrice, 2007.

16 Amara LAKAUS, Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, Roma, Edizioni e/o, 2006 e Divorzio all’islamica a viale Marconi, Roma, edizioni e/o, 2010.

17 Tahar LAMRI, I Sessanta nomi dell’amore, Rimini, Fara editore, 2006.

18 Sumaya ABDEL QADER, Porto il velo, adoro i Queen, Milano, Sonzogno editore, 2008.

19 Fanno altresì parte del plurilinguismo endogeno le lingue minoritarie di antico insediamento (tutelate dalla legge del 15 dicembre 1999 n. 482 che riconosce la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di coloro che parlano il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo).

20 Cfr. Carla BAGNA, Sabrina MACHETTI, Massimo VEDOVELLI, 2003, « Italiano e lingue immigrate: verso un plurilinguismo consapevole o una varietà di contatto? » in Ada VALENTI et alii (a cura di) Ecologia Linguistica, Roma, Bulzoni, pag. 201-222.

21 Per definire gli usi linguistici di italiano e dialetto per i locutori italiani si preferisce alla nozione di « diglossia » quella di « dilalia ». Quest’ultima designa la condizione del parlante che nei contesti comunicativi formali dispone della lingua italiana mentre nei contesti comunicativi informali può servirsi sia della varietà alta (l’italiano) sia della varietà bassa (il dialetto) in situazioni di commutazione di codice o mistilinguismo, cfr. Gaetano BERRUTO, Fondamenti di sociolinguistica, Bari-Roma, Laterza, 1995, p. 242-243.

22 Cfr. Rapporto ISTAT 2006, « Gli italiani e il tempo libero », in particolare « La lingua italiana, i dialetti e le lingue straniere ».
http://portal-lem.com/images/it/Italie/Lingue_e_dialetti_e_lingue_straniere_in_Italia.pdf

23 Cfr. Gaetano Berruto, Italiano regionale, commutazione di codice e enunciati mistilingui in: ACISLI XVIII, 1990, 105-130; Gaetano BERRUTO, « Sulla vitalità sociolinguistica del dialetto » in La dialectologie aujourd’hui, Atti del convegno internazionale « Dove va la dialettologia », Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2007, p. 133- 148.

24 Sui fenomeni di risorgenza dialettale cf.alcuni studi di Gaetano BERRUTO, « Sulla vitalità sociolinguistica del dialetto » in La dialectologie aujourd’hui, Atti del convegno internazionale Dove va la dialettologia, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2007, p. 133- 148; Pietro TRIFONE, Storia linguistica dell’Italia disunita, Bologna, Il Mulino, 2010; Francesca STOMEO, 2007, « Italiano e dialetto nella pubblicità televisiva », in Gianna MARCATO (a cura di), Dialetto, memoria, fantasia, Padova, Unipress, 2007, p.141-146; Giuliana FIORENTINO, Dialetti in rete, in Rivista italiana di dialettologia, 29, 2005, p. 111-147; Flavia URSINI, « Il dialetto sugli schermi dei telefonini » in Gianna MARCATO, Lingue e dialetti nel Veneto, Questioni linguistiche 3, Padova, Unipress, 2005, p. 95-111.

25 Si vedano in proposito alcune ricerche condotte sul dialetto e i giovani: Alessandra SCHENA, « Espressività e coesione, lingua e dialetto fra i giovani pugliesi » in Gianna MARCATO (a cura di) Dialetto. Usi, funzioni, forma, Padova, Unipress, 2009, p. 283-288; Bianca SISINNI, « Il dialetto in rete via messenger. Comportamenti linguistici di un gruppo di giovani parlanti salentini » in Gianna MARCATO (a cura di), Dialetto, memoria, fantasia, Padova, Unipress, 2007, pag. 357-362; Mirko GRIMALDI, « Parole antiche in suoni moderni: l’uso del dialetto salentino nella musica giovanile hip-hop», in Gianna MARCATO, Giovani, lingue e dialetti, Padova, Unipress, 2006.

26 Per un approfondimento sulle funzioni pragmatiche tipiche della commutazione di codice e sulle funzioni specifiche per il contesto italiano nel passaggio tra italiano e dialetto si veda Alberto SOBRERO, Anna Rita MIGLIETTA, Introduzione alla linguistica italiana, Bari-Roma, Laterza, 2006, p. 168-171.

27 Amara LAKAUS, op. cit., 2006, p. 25.

28 Ibidem, p.104.

29 Ibidem, p. 43-44.

30 Ibidem, p. 52.

31 Amara LAKAUS, op. cit., 2010, p.11.

32 Sumaya ABDEL QADER, op. cit., p. 45.

33 Mihai BUTCOVAN, op. cit., p. 72.

34 Marta MACHIAVELLI, La ligue du Nord et l’invention du « padan », Presses de Sciences-Po, Critique internationale, 10, 2001, p. 129-142.

35 Mihai BUTCOVAN, op.cit., p. 24.

36 Ibidem, p. 22.

37 Sumaya ABDEL QADER, op.cit,. p. 177-178.

38 La conoscenza del dialetto come « valore aggiunto e integrazione » per gli immigrati è un tema ricorrente nella stampa, negli articoli giornalistici che trattano la tematizzazione del binomio dialetto-immigrazione. Su questo argomento si veda Valeria VILLA, « Migrants et dialectes » dans la presse italienne: représentations, enjeux et implications », in Varia, ESSAIS-Revue interdisciplinaire d’Humanités, Université Michel de Montaigne Bordeaux 3, Presses Universitaires de Bordeaux, 2012, p. 29-45.

39 Daniele COMBERIATI, op. cit., p. 66.

40 Amara LAKAUS, op. cit., 2010, p. 46.

41 Tahar LAMRI, op.cit., p. 101.

42 http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/id_1-issue_00_02-section_6-index_pos_3.html.

43 Amara LAKAUS, op. cit., 2010, p. 46.

44 Mihai BUTCOVAN, op.cit., p. 50.

45 Tahar LAMRI, op.cit., p. 105.

46 Per la nozione di neoplurilinguismo, cfr. Massimo VEDOVELLI, « Lingue immigrate del Mediterraneo e nuove modalità di rilevazione sociolinguistica », in Vincenzo ORIOLES, Francesco TOSO (a cura di), Mediterraneo plurilingue, Atti del convegno Plurilinguismo. Contatti di lingue e cultura, Udine, Centro Internazionale sul plurilinguismo, 2007, p.363-383. Gli studi sulle lingue immigrate in Italia hanno iniziato a svilupparsi da una decina di anni; si veda a riguardo: Silvia DAL NEGRO, Piera MOLINELLI (a cura di), Comunicare nella torre di Babele. Repertori plurilingui,in Italia oggi, Roma, Carocci, 2002; Maria Chini, Plurilinguismo e immigrazione in Italia. Un’indagine sociolinguistica a Pavia e Torino, Milano, Franco Angeli, 2004; Carla BAGNA, Monica BARNI, Dai dati statistici ai dati geolinguistici. Per una mappatura del nuovo plurilinguismo, in «SILTA», XXXIV, 2, 2005, p. 329-355; Monica Barni, Carla Bagna, « Immigrant languages in Italy », in Guus EXTRA, Durk GORTER (a cura di), Multilingual Europe: Facts and Policies, Berlin, Mouton de Gruyter, 2008, p. 293-313.

47 Cfr. i lavori sulla « mappatura geolinguistica » delle lingue immigrate in Italia condotti dal gruppo di ricerca di Massimo VEDOVELLI. Cfr. Carla BAGNA, Monica BARNI, 2005, Dai dati statistici ai dati geolinguistici. Per una mappatura del nuovo plurilinguismo in « SILTA », XXXIV, 2: 329-355; Carla BAGNA, Monica BARNI, « A mapping technique and the linguistic landscape », in Elana SHOAMY, Durk GORTER (a cura di) Linguistic landscape, Expanding the scenery, London, Routledge, 2009, p. 126-140.

48 Cf. Alessandro PANUTTI, Cenni sulla letterarietà e su alcune questioni linguistiche relative alla letteratura migrante italiana in «Kuma», n°12, 2006.

49 Si veda in merito a Christiana DE CALDAS DE BRITO, l’interessante analisi sul portuliano e i giochi linguistici di Daniele COMBERIATI, op. cit., p. 85-87.

50 Mihai BUTCOVAN, op. cit., p. 14.

51 Amara LAKAUS, op. cit., 2006, p. 19-20.

52 Ibidem, p. 169.

53 Abdel QADER, op. cit., p. 91-92.

54 Christiane KIEMLE, op. cit., p. 159.

55 Tahar LAMRI, op. cit., p. 186-189.

56 Ibidem, p. 93.

57 Amara LAKAUS, op. cit., 2010, p. 29.

58 Ibidem, p.13.

59 Ibidem, p.15.

60 Amara LAKAUS, op. cit., 2006, p. 62 -63.

61 Per un approfondimento sulla nozione di “spazio linguistico” si veda Tullio DE MAURO, Guida all’uso delle parole, Roma, Editori Riuniti, 1980.

62 Ugo FRACASSA, op.cit.,. p. 186.

63 Cfr. Sumaya ABDEL QADER, op. cit., p. 16.

64 Graziella PARATI, Marie ORTON, Multicultural Literature in Contemporary Italy, Fairleigh Dickinson University Press, 2007.

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Référence électronique

Valeria Villa, « Rappresentazioni dello spazio sociolinguistico italiano nella letteratura dell’immigrazione : tra antico e neopluringuismo », Line@editoriale [En ligne], 4 | 2012, mis en ligne le 02 mars 2017, consulté le 26 avril 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/461

Auteur

Valeria Villa

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